mercoledì 31 marzo 2010

Le assemblee


Mi trovo bene nelle assemblee di Piazza Duomo, anche se sono caotiche, dispersive e, per ovvie ragioni di tempo, non danno voce a tutti.
Però mi piacciono. Mi sento parte di una comunità. Della comunità cittadina, per la prima volta nella mia vita.
I problemi ci sono. Alcuni dicono che non siamo rappresentativi, eppure la discussione faccia a faccia, la preferisco. Perché le parole scritte, come queste che sto digitando, hanno un effetto sulle persone che non vedo. E se vengono mal interpretate, ribattere poi è difficile.
Inoltre ho l’impressione che la partecipazione debba passare attraverso una presa di coscienza di tutti e che, per la nostra città, dobbiamo usare il nostro tempo, ricavandocelo in qualche modo.

Oggi la partecipazione c’è stata ed è stata migliore di altre volte, le accuse di egemonia, sono scemate.
Così le posizioni sembrano convergere, a volte esasperate dai più passionali e limate dai più moderati.

A L’Aquila sta succedendo qualcosa di unico. La cittadinanza si confronta, fa proposte, stabilisce gli obiettivi.

Alcune parole pesano e non sono le nostre: minoranza, rappresentatività, oscuri giochi dietro di noi.
Cito le parole, quelle che sono pietre:
«Questa è la prepotenza delle minoranze: denunceremo tutti» [Il Prefetto]

«Sembra che ci sia qualcuno molto interessato alle ‘carriolate’ perché vuole creare dal punto di vista politico un gruppo che abbia autorità nella ricostruzione della città. » [Monsignor Molinari]


Un’unica risposta a tutti. Certe volte mi ritrovo a pensare a fatti estranei al mio lavoro usando come parametro proprio il mio mondo lavorativo. Credo di farlo per semplificare. Poi rido di me: non tutto il mondo è un Ateneo, per fortuna.
Per questo, a tutti quelli che ci stanno giudicando, secondo parametri del loro mondo, voglio dire: non tutto il mondo è fatto con i parametri dei politici, cioè non è che bisogna per forza contare i numeri come se si fosse ad un’elezione, occorre analizzare i contenuti e, forse, sono quelli che spaventano e si cerca di annientare. Anche i giochi poi, sappiate che noi non ne facciamo, in “gioco” è la nostra città, non un appalto.

Comunque anche noi sappiamo girare i dati. Quindi se una sconfitta può essere vista come una vittoria paragonandola al passato, noi stiamo vincendo alla grande: mai a L’Aquila la cittadinanza si è fatta sentire così forte.

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