martedì 30 ottobre 2012

Scienza, coscienza e pseudo-scienza



All'inizio ci dissero che eravamo ingrati, quando non riuscimmo a credere nel miracolo aquilano. In seguito ci dissero che ci lamentavamo troppo e ci picchiarono, persino. Non bastò, ci chiamarono comunisti e ci denunciarono sequestrandoci pale e carriole. Divenimmo in seguito i peggiori terremotati d'Italia, forse del mondo. Ma non bastò.
Ci attaccarono, allora, colpendoci ad uno dei nostri punti caratterizzanti, insomma il nostro "fiore all'occhiello": la ricerca. Perché "credevamo" alla prevedibilità di chi continua a definirsi "l'uomo che sussurrava ai terremoti", e inutili furono le prese di posizione dei tanti scienziati, inutili e scientemente nascoste. Ma neanche questo bastò . Ci volle il colpo finale. L'inquisizione.

Scriverò delle ultime due “bastardate” sperando di essere esaustiva, anche perché qui si corre il rischio che gli aquilani vengano considerati non solo come gli “inquisitori” nei riguardi della scienza ufficiale, ma anche sostenitori di chi si prende gioco della scienza, denigrandola appena gli si presenta l’occasione . E cominciamo con la prevedibilità dei terremoti, con un anticipo di 6-24 ore, come più volte sottolineato da Giuliani, nelle zone nella quali siano piazzati i suoi rivelatori. Premetto che, quindi, mi appare alquanto peculiare che lo stesso abbia potuto dichiarare  “"La Calabria rischia un terremoto di grande entità" nel maggio scorso, perché avrei potuto dirlo anche io, senza strumentazioni.

 Ma andiamo per gradi.
Essendo una scienziata, nel campo della Biologia, posso non capire nulla di geologia e sismologia, ma so cosa dico quando si parla di metodologia e rigore scientifico. Comunque, non  conoscendo un granché dei precursori sismici, mi sono documentata, insomma ho studiato, perché la gran parte del mio lavoro consiste proprio nel leggere e studiare i dati e i risultati degli altri ricercatori. Il tutto  per essere aggiornati, per poter valutare le proprie sperimentazioni sulla base delle conoscenze di altri che, giorno per giorno, aumentano e vengono rese disponibili sulle riviste specializzate in ogni campo della ricerca.
Sulla banca dati WEB OF SCIENCE vengono riportati tutti gli articoli scientifici, di qualsiasi argomento, apparsi su riviste provviste del cosiddetto peer review, ossia revisione tra pari: una sorta di “trafila” che segue chiunque voglia pubblicare un dato scientifico su una rivista di valore. Il lavoro viene valutato da un’equipe di esperti anonimi che possono accettarlo tout court, chiedere integrazioni o rigettarlo, con le dovute motivazioni. Dunque, sul Web of Science ho cercato lavori su radon e terremoti. La banca dati mi restituisce 479 articoli. Quindi ho aggiunto il nome di un autore: “Giuliani”. Mi appare la seguente scritta “Your search (shown below) found no records”. Ho provato con altre combinazioni, ma Giuliani Giampaolo non risulta presente. Scopro che un certa Giuliani Roberta (Protezione Civile) ha effettuato studi sul terremoto dell’Aquila e poi  un certo Giuliani A.  sulla misurazione del Radon e si tratta di una comunicazione ad un congresso, ma nulla hanno a  che vedere con il Giuliani aquilano.
Scopro, comunque, che il Radon è molto studiato come precursore sismico, che alcuni risultati sembrano molto promettenti, così come esistono altri precursori sismici ampiamente studiati, assieme a modelli matematici, e chi più ne ha più ne metta. Inoltre verifico che le misurazioni di questo elemento radioattivo sono molto accurate e vengono effettuate da diversi misuratori di particelle alfa, beta o gamma a seconda dell’isotopo che si va a valutare. Non entro nello specifico perché sarebbe inutile, ma ho letto  che il misuratore  di Giuliani  è unico, quando, sia pure con notizie rubate qua e là, mi sembra non così originale come si vuol far credere, ma son disposta ad accertarmi di ciò, sempre che da qualche parte si possa leggere qualcosa di più approfondito.

Tenendo conto che in questa  intervista , il Giuliani aquilano si sente un perseguitato e non essendo personalmente  una “forcaiola”, decido di andare a cercare comunicazioni scientifiche a lui attribuibili in banche dati più soft: Google Scholar. Qui è più difficile, perché evidentemente c’è un problema di omonimia. Non mi dò per vinta; trovo solo il suo libro: "L'Aquila 2009: la mia verità sul terremoto: la storia mai raccontata di un disastro annunciato, dell'uomo che avrebbe potuto salvare 330 vite umane e ...".
Quindi, dati questi risultati, dovrei credere che chi boicotta Giampaolo Giuliani lo fa soprattutto al livello di pubblicazione dei risultati e questo, naturalmente, influisce sulla possibilità di ottenere finanziamenti pubblici e/o privati per la sua ricerca. Perchè mai da 12 anni a questa parte, la scienza boicotta tutti i lavori di Giuliani? Faccio presente che quando una rivista mi invia un lavoro da "referare", cioè quando vengo chiamata a fare da "peer reviewer", io non conosco assolutamente i nominativi degli autori del contributo scientifico che devo "giudicare"! Quindi non vedo come sia possibile, nell'eventualità che Giuliani abbia cercato di pubblicare i propri dati, che questi siano stati rigettati senza che nessuno li valutasse. La pubblicazione dei risultati scientifici è, a parte il risvolto personale sul curriculum di ogni ricercatore, l’unico modo di far circolare la conoscenza, rendendola fruibile per tutti coloro che, sperimentando ogni giorno, possono verificare, ampliare lo studio, discutere assieme i risultati e, infine, andare avanti nell’affascinante campo della ricerca. Preciso anche che si sta diffondendo il libero accesso (Open access) alla conoscenza e che molti scienziati e Università vi aderiscono.

Senza una solida storia scientifica certificata da pubblicazioni, collaborazioni, insomma discussioni, non si può accedere a  finanziamenti pubblici. Chiunque riceva finanziamenti per la ricerca, lo fa presentando un progetto, corredato di dati certificati attraverso comunicazioni a congresso (che valgono meno delle pubblicazioni), pubblicazioni su riviste internazionali, collaborazioni con altri gruppi di ricerca o anche aziende che fanno ricerca e sviluppo.
Quindi, quando qualcuno dice che la sua ricerca è autofinanziata, non è assolutamente garanzia di rigore scientifico, specie se la suddetta ricerca dura da 12 anni senza che mai si sia pubblicato nulla e men che meno ottenuto finanziamenti appositi.
Così io, scienziata, dovrei credere a Giuliani sulla parola, su quello che comunica, senza avere nessun accesso ai dati, alla metodologia usata e così via o, peggio, fidarmi ciecamente dei dati non verificati da altri (peer review) che ogni tanto vengono diramati in rete.
Mi chiedo, inoltre, come mai il radon, pur essendo studiato da tanti altri gruppi di ricerca, non sia considerato attendibile nel prevedere terremoti e mi  rispondo che, evidentemente, servono altre misurazioni, altre elaborazioni di dati, altri modelli matematici, analisi statistiche e così via. Cosa dovrei credere, che Giuliani misura altro? Che è in grado di vedere qualche precursore del precursore? Perché è tutto avvolto nel mistero? Come mai, leggo anche che la sua richiesta di brevetto è stata bocciata? Oppure è il brevetto, il problema o, per così dire il desiderio di Giuliani?

Ma torniamo al suo intervento che ho linkato anche prima: Giuliani da Santoro “Lo sfogo contro i sismologi” 

Ho preso qualche appunto ri-ascoltandolo.

  • Alla domanda “ma lei cos’ha Giuliani ché gli scienziati non la ascoltano, la risposta è “La rogna”e nonostante si sentano risate del pubblico, trovo questa risposta molto poco adatta ad una discussione sulla scienza. Evidentemente, però, molto efficace per portare il pubblico dalla sua parte. Insomma una persona semplice e simpatica che alcuni “cattivoni” schivano.
  • Dichiara che da 12 anni fa delle ricerche per salvare vite umane. Mi chiedo: Perché non le condivide? Risponderebbe “Perché mi boicottano”. Ma come mai tutti, tutti lo dovrebbero boicottare?Continua a dire che vuole salvare le vite e per questo ha sacrificato tutta la famiglia; addirittura i figli andavano a lavorare e davano i soldi per la sua ricerca. Ed io continuo a pensare che, per quanto apprezzabile, questo non ha nulla a che vedere con la validità della ricerca, ma forse voleva solo evocare esempi di altri tempi e convincere persone che non possono sapere cosa sia il rigore scientifico e quindi l’attendibilità dei dati. 
  • “Tutti i terremotati hanno una ferita quindi non capisco perché non posso continuare”.La risposta è che può continuare, ma fino a quando non si può accedere ai suoi dati e alle sue elaborazioni, nessuno scienziato può dargli credito. E non posso non sottolineare il suo continuo riferimento improprio ai dolori degli aquilani, il suo continuo evitare di parlare di dati scientificamente comprovati.
  • “Noi abbiamo 4 gioielli e sono gli unici che permettono di vedere il terremoto da 6 a 24ore nel raggio d’azione.” Qualcuno gli domanda: “Radon?” e lui risponde “ Sì sì”. Allora in cosa sono unici questi strumenti visto che il Radon è misurato da tanti altri studiosi, anche qui a L’Aquila?
  • “Sono stanco di fare polemica con gli scienziati che non capiscono la ricerca”. Come posso capire una ricerca quando non ne so nulla? Inoltre accenna a scienziati bravi ma non famosi. Questo mi fa venire un grande dubbio: siccome moltissimi ricercatori bravissimi non sono affatto famosi, forse Giuliani è solo in cerca di fama?
  • Fa una dichiarazione davvero sconvolgente ossia dice che un qualcuno di importante (anonimo ovviamente) gli avrebbe detto “Giuliani lei fa danni con la sua ricerca, non ha idea di che PIL muove una catastrofe!! (e qui Travaglio  gli fa un assist –non so quanto voluto- accennando a quelli che quella notte ridevano) in fondo cosa costano 4 funerali?” Questa dichiarazione è propria di un mitomane e sinceramente se qualcuno poi parla della poca attenzione degli aquilani alla Scienza è bene che faccia nomi e cognomi, perché non possiamo, sinceramente, né noi scienziati né altri,  riconoscerci in tale delirio. A tal proposito sia D’Averio che Stella, interpellati, si smarcano da questa dichiarazione ma, insomma, diffidano degli scienziati. Stella infatti dice che : “Il ponte Rialto a Venezia  è stato fatto da un capomastro dopo che si scartarono progetti di famosi architetti, quindi può capitare che un non scienziato faccia scoperte , ma ho dubbi sulla storia del PIL”. Certo che se a controbattere Giuliani ci fossi stata io, anche se non sono sismologa o geologa, gli avrei almeno chiesto “Che cosa ha di innovativo il suo metodo rispetto agli altri pubblicati? E dove sono le elaborazioni di 12 anni di osservazioni? E chi ha validato o controllato quei dati?”
  • Giuliani infine dichiara di non aver esportato la sua ricerca perché voleva rimanesse italiana. Purtroppo non sa che senza collaborazioni oggi non si va da nessuna parte e che i ricercatori non sono ladri, specie se i dati non sono pubblici e, magari, nascosti appositamente con il deposito di un brevetto: questo a proposito di salvare vite! 
Concludo, anche perché sono andata molto lunga, ribadendo che nessuno qui a L’Aquila ha inteso mettere al bando la scienza attraverso il processo alla Commissione Grandi Rischi, né, a maggior ragione e contemporaneamente, voluto spazzare via anni di ricerche accurate e pubbliche nel campo della geologia e sismologia, per seguire chi degli scienziati parla come fossero personaggi infami d’altri tempi.

Certo è successo qualcosa di molto grave a L’Aquila, perché alcuni scienziati, riunitisi frettolosamente forse proprio per smentire Giuliani, non hanno usato la scienza contro la pseudo-scienza o fanta-scienza:  se non si possono prevedere i terremoti è altrettanto vero che non si possono prevedere i non terremoti.

E non sono solo dispiaciuta, ma anche molto arrabbiata.



venerdì 26 ottobre 2012

Quella notte



La sede dell'Ateneo in centro storico a L'Aquila.


Scrivevo questo il 24 maggio 2009. Lo ripropongo qui. Per la mia città universitaria. Per gli studenti. Per chi L'Aquila se la godrà.

Eravamo tutti in casa quella notte. Professori, personale amministrativo, studenti. Tutti. Molti universitari hanno avuto lutti gravissimi, altri sono rimasti feriti, altri ancora, ore interminabili sotto le macerie. Ma gli studenti hanno pagato con la vita la loro permanenza in città. E per ognuno di loro sto scrivendo. Vorrei avere le parole giuste, di tutti vorrei sapere di più. I nostri migliori studenti se ne sono andati via per sempre: quelli che anche la domenica prima di Pasqua erano in città per non perdere quella lezione lì, sì proprio quella, forse anche la mia.
Eravamo tutti in casa quella notte lì. Io su Facebook scherzavo con i miei studenti. E quella notte lì alcune case ci hanno salvato. Quelle case ove ora possiamo entrare solo accompagnati dal dolore assurdo che ci ricorda che i nostri ragazzi non hanno più una scala da risalire.
Per loro, solo per loro desidero scrivere. Desidero denunciare, desidero combattere.
Oggi sono a Roma a farmi una doccia come si deve. E non mi stacco dal computer per poter leggere qui e là i ricordi dei miei ragazzi. Qui a Roma sono nel quartiere San Lorenzo e dal caldo stanotte ho “dormito” con le finestre aperte, allietata fino a tardi dal vociare degli studenti che sono qui. Vedo ora i loro appartamenti: appartamenti di fortuna e so quanto pagano e chi di loro non ha un vero e proprio contratto. Stanno in case caldissime in 6 o 7, con un paio di camere da letto. I loro vestiti sono in armadi di fortuna su balconate semi-pericolanti. Poi ripenso alle case di Perugia, in centro, tutte abitate da studenti quelle del centro storico. Ripenso alla casa di Martina a Bologna, una topaia. Questo è quello che una nazione che fa parte del G8 fa per i suoi giovani. Apre loro le porte della formazione, così essenziale in un paese civile volto all’innovazione, li fa studiare a loro spese in Università pubbliche che nulla hanno da invidiare riguardo ricerca e didattica a nessuna delle Università più famose europee e d’oltre oceano e la differenza risiede nel fatto che negli paesi si investe sui giovani, si investe sulla loro formazione. I ragazzi si formano sui banchi dell’Università, ma anche e soprattutto nelle città nelle quali vivono. E devono viverci da cittadini, non da ospiti, spesso indesiderati. Devono avere abitazioni speciali i nostri giovani. Veri e propri “residence” che non siano dormitori ma studi, soprattutto studi: luminosi, arieggiati e belli, non topaie nelle quali per avere un po’ di privacy e concentrazione bisogna attendere il sabato e la domenica che gli altri coinquilini partano. I nostri giovani cittadini nelle città che devono ancora diventare universitarie, devono poter praticare le attività sportive in modo gratuito o a prezzi agevolati, la città deve investire su di loro! In Francia, a Marsiglia, gli studenti Universitari compresi i dottorandi, durante il fine settimana possono persino praticare la vela e lo sci nautico! Durante l’internato per la tesi sperimentale, sempre a Marsiglia, gli studenti vengono retribuiti, sì retribuiti. Segno evidente che la nazione sta investendo non solo sui giovani, ma anche sulla ricerca.
Una città Universitaria non è tale se ha solo l’Università. Lo diviene quando la nazione comprende che una città piena di giovani è la fucina del futuro della nazione. I giovani si forgiano nella città. E ne nascono i nuovi professionisti, ma non solo, nella città nascono nuove attività che i giovani portano avanti. A quella bellissima età i ragazzi scoprono loro stessi, le loro attitudini, le loro peculiarità e lo fanno sperimentandosi, ogni giorno nella loro città. Ove frequentano le aule della formazione, incontrano studenti di ogni provenienza, discutono tra loro e con i professori e poi tornano nelle loro catapecchie a bere birra e fare baldoria.
Ma vogliamo questo noi adulti? Non vogliamo forse che i nostri figli sui quali stiamo investendo i nostri soldi, si formino davvero sui quei risparmi? Non vogliamo forse che vivano a pieno lo spirito formativo fatto sì di sacrifici, ma anche di luoghi adatti alla loro formazione? In Danimarca le Università sono gratuite (eccetto i libri) per tutti gli studenti danesi e le città che li accolgono hanno strutture apposite dove alloggiarli. Che significa questo? Che la nazione investe sui propri giovani e, per di più, dato il buon nome di queste Università, le stesse attraggono nelle piccole cittadine danesi giovani da ogni dove. Che vanno lì a studiare, portano le loro esperienze e fanno respirare a quella piccola nazione un’aria internazionale che non ha eguali in termini di sviluppo in questa era di migrazione.
Noi qui, nazione che ospiterà il G8, stentiamo ad avere Università pubbliche che abbiano i fondi necessari a sviluppare una ricerca innovativa e, nonostante ciò, le Università italiane in generale e quella aquilana in particolare, hanno punti di eccellenza nella ricerca che le pongono ai vertici mondiali. I nostri laureati vengono accolti all’estero e fanno carriere entusiasmanti. E qui, ancora qui nell’Italia e nella L’Aquila del G8, lasciamo che tutto scorra come sempre. Non ribellandoci, non portando alla luce il vero problema della Nazione: i giovani e la loro formazione.
Se quei giovani morti potessero parlare vi direbbero di come erano appassionati dello studio e di come si trovavano bene a L’Aquila. Nonostante tutto. Non li abbiamo educati a pretendere di più, quasi che il prezzo da pagare per una casa anche non proprio decente, sia naturale. Quasi che abitare in 5 in un appartamento da 2 sia normale, quasi che le borse di studio siano considerate una manna, quasi che sia normale sacrificare la giornata per comprarsi un computer, quasi che sia normale lavorare da cameriere alla sera pur studiando informatica per poter racimolare qualche soldino, quasi che sia normale che con tutta la cultura che si respira in città e tutti i saperi dei nostri studenti nessuno investa sulle loro conoscenze facendoli lavorare per la città secondo le proprie peculiarità, quasi che.. quasi che.
Quasi che sia l’Università ad essere assassina e non assassinata. Ogni giorno e non dal terremoto. Il dito puntato, per scrollarsi di dosso la più grande delle responsabilità: il futuro della nostra nazione.

martedì 23 ottobre 2012

IL PROCESSO





Pensavo che mi sarei sentita meglio dopo la sentenza del processo alla Commissione Grandi Rischi. O al limite indifferente. Invece sto peggio. Come se il senso di quel lutto si fosse solidificato, cristallizzato, in più di qualche punto preciso di varie aree cerebrali: dolore, sgomento, presa di coscienza, senso di colpa … senno di poi.
Quel senso che avevo provato la mattina del 6 aprile, quando con mio figlio mi scaraventai in centro, come altri: “Ci incontriamo in centro, assenti, come a non voler credere, come zombie; sguardi in alto, in basso, per terra e in cielo. Riconoscenti e colpevoli di essere ancora lì.”

Per quante parole io possa ora usare per dire che questo processo non è alla scienza, ma ad una Commissione, composta anche di scienziati, che riunitasi per valutare la situazione di emergenza dopo tanti mesi di scosse sismiche, sentenziò, più o meno, che il pericolo non c’era, non riuscirò a smentire le testate di quasi tutti i giornali mondiali. Che poi si sa, gli aquilani non hanno saputo reagire: la classifica stilata dall’attuale Capo della Protezione Civile ci è giunta, non a caso, a pochi giorni dalla sentenza. Non sappiamo reagire e diamo anche colpe alla scienza invece che ad altri.

Ho letto infatti, tra le altre, le parole di Sergio Rizzo che denuncia responsabilità (diffuse in tutta Italia) e scrive “Sanzioni (condanna della Commissione Grandi Rischi n.d.r.) che invece non hanno mai neppure sfiorato i veri responsabili dei disastri”, riferendosi, per lo più a “certi amministratori che non si sono accorti di palazzine spuntate come funghi nei letti dei fiumi. Per esempio, i politici nazionali che pensando soltanto al consenso hanno approvato tre condoni edilizi, e quelli locali che ne hanno promessi decine, alimentando così la piaga dell'abusivismo: ben sapendo come in un Paese fragilissimo si sarebbero condonate milioni di costruzioni prive di qualunque precauzione asismica.
E come dargli torto? Ma Rizzo confonde i piani di discussione: qui a L’Aquila sono ovviamente in atto processi anche sulle responsabilità di costruttori (sono arrivate le prime condanne) e soggetti che, a vari livelli, hanno sottovalutato la fragilità di alcune costruzioni. Ha ragione se dice che gli amministratori non verranno giammai sanzionati, così come nessuno si è minimamente preoccupato di applicare in Abruzzo la legge regionale sulla Protezione Civile, sarebbe bastato quello. Ma proprio considerando che in Italia, dopo anni di speculazioni varie, non esiste un territorio che può dirsi “a posto” e, considerato pure che della Commissione Grandi Rischi faceva parte Barberi, quello del  rapporto Barberi sulla vulnerabilità degli edifici, bè allora la “tranquillizzazione” della popolazione aquilana diviene addirittura scabrosa, amara, come quel famoso bicchiere di vino che bevemmo quella sera e poi ancora la notte, e poi ancora nei giorni seguenti, per non pensare. Ma i morti di un terremoto si hanno per varie concause, non ultima quella che, fidandomi della mia "invulnerabilità", rimasi a casa quella notte, con i miei figli: una invulnerabilità che oggi è senso di colpa.
All'Aquila la gente è morta per la combinazione di tre concause :



  • perché un terremoto di magnitudo momento 6.3 ha colpito la città con precisione chirurgica (con l’epicentro sulla città e l’ipocentro a soli 8 km di profondità), sottoponendola a uno scuotimento molto violento;
  • perché alcune case non erano sufficientemente resistenti per reggere alle sollecitazioni ricevute;
  • perché molte persone hanno creduto alle infondate rassicurazioni date dalla Commissione Grandi Rischi sulla presunta natura innocua della sequenza sismica in atto in quei giorni; rassicurazioni che hanno diminuito la percezione del rischio incrementando così la vulnerabilità del luogo.

E’ per questo che vorrei vivere in un mondo dove si leggono informazioni corrette sulla mia città (e non solo): la magnitudo del terremoto, l’accelerazione locale dell’onda sismica, il non rispetto delle regole di costruzione, la classificazione del territorio aquilano come “zona sismica 1” e relative conseguenze, il rapporto Barberi, le infondate rassicurazioni, il “non miracolo”, il “rattoppo” delle case danneggiate. 

Cosa penso della sentenza di ieri? Penso che  un giudice ha applicato in nome dello Stato Italiano una Legge. E la sentenza di condanna riguarda l'irresponsabilità, solo di alcuni. Non di chi, ad esempio, ha inviato quelle persone a L'Aquila, perché sentiva un fastidio salire, non nella propria coscienza, ma nella sua megalomania. E chi spregiudicatamente, pur avendo la delega alla protezione civile regionale, ci disse “ma vi pare che non vi direi se c’è pericolo?”. Dormono sonni tranquilli. I condannati, invece, comunque andrà a finire, vivranno col dubbio; perché hanno sentito le parole di chi quella notte, non seguendo un istinto “primordiale”,  è rimasto a casa, una casa che neanche sapeva fosse sicura, in una città nella quale ancora oggi la sicurezza sismica è un miraggio, perché i soldi non ci sono e allora basta che si arrivi ad un 60% di sicurezza, ad un 60% di probabilità che ce la farai, tra 300 anni, forse.

A tutti i giornalisti chiedo un solo favore: leggetevi, anche distrattamente, gli atti del processo e la sentenza di condanna e poi dite, con onestà, se quello che si è tenuto a L’Aquila è un processo contro la scienza o verso la verità di quei giorni orribili del 2009. 

Ricordo che intorno alla metà del 2010, a L’Aquila, si tenne un convegno cui parteciparono molti importanti giornalisti, quelli che, dopo la protesta degli aquilani, cominciarono a scrivere la verità sul cosiddetto miracolo aquilano. Ci chiesero scusa quel giorno, lo ricordo bene, per non aver raccontato prima la realtà.
Non desidero le scuse per l’interpretazione superficiale del processo alla Commissione Grandi Rischi, ma attendo che, invece di spegnere le telecamere e le prime pagine dei giornali sull’Aquila, si possa avviare un dibattito costruttivo e reale su chi quelle rassicurazioni le ha vissute sulla propria pelle e che, come me, ha messo al letto i figli con tranquillità, poi si è addormentata vestita e non sa perché, forse per istinto “primordiale”. Non era la nostra ora, direbbe qualcuno, e quindi siamo qui, a L’Aquila, per raccontare l’accaduto, sempre che a qualcuno interessi.
Nessuno invoca l'evacuazione in una situazione di probabile rischio, ma almeno un innalzamento del livello di allarme, un  invito alla prudenza, una serie di consigli pratici , una segnalazione degli edifici a rischio da parte di funzionari dello Stato, questo doveva essere detto e fatto. 

In ultimo, da scienziata, mi spiace molto dover constatare che il potere politico sia riuscito a piegare il rigore scientifico o, se volete, che la scienza si sia piegata ad ordini superiori.

Amen.



mercoledì 17 ottobre 2012

Te la do io l'America



Ricevo e pubblico, con nomi di fantasia:
Cara Giusi,
ho un collega americano, Paul, che è una persona veramente in gamba.
E' un americano un po' atipico. Conosce relativamente bene sia Asia che Europa ed è sempre abbastanza sarcastico sugli Stati Uniti per la loro cultura e per il loro “sempliciottismo”.
Sono all’estero con lui, molto lontano dagli States dove abitamo entrambi, nell’Oregon.
Paul ha 67 anni ed a Dicembre va in pensione...sta ancora lavorando perché' gli piace e non perché' ne abbia bisogno.

A Natale, per festeggiare il suo pensionamento sta organizzando un viaggio in Africa insieme a sua moglie

Sua moglie, anni 65, è sempre stata appassionata di musica e brava pianista. Alcuni anni fa ha iniziato a dare lezioni di piano...e pian piano si è trasformata in una professione. Ha una ventina di studenti.

Sono due persone veramente per bene!
Vivono nello stesso paese dove viviamo noi, che da parecchi anni è stabilmente classificato tra le cento città più vivibili d'America.

Prima del viaggio in Africa, da buoni americani, si informano su tutti i vaccini che devono fare e, due giorni fa, la moglie va a farsi tutti i vaccini richiesti. In aggiunta, sia Paul che la moglie soffrono di insonnia, e, preoccupata dal cambio di fuso orario, la moglie vuole anche prendere dei sonniferi

Il medico le fa i vaccini e le prescrive un sonnifero, chiedendole di provarlo una sera per vedere se è efficace e se le prova effetti secondari indesiderati

La moglie di Paul prende il sonnifero e praticamente va in uno stato di semi coma (sai che gli americani con i medicinali usano sempre dosi da elefanti).

La mattina dopo (stamattina ora americana) si sveglia in ritardo probabilmente in quanto totalmente rincoglionita dal sonnifero ed è in ritardo per la sua lezione di piano; esce di corsa di casa e provoca un leggero tamponamento in macchina.

Si ferma, ammette la sua responsabilità, e, da brava americana, chiama la polizia per essere sicura che abbia fatto tutto per bene e secondo le procedure.

Secondo le procedure americane, quando si provoca un incidente, bisogna verificare che non si sia sotto DUI (Driving Under Influence). Le fanno la prova del palloncino, negativa, e le analisi del sangue: POSITIVE!!! Probabilmente, o meglio sicuramente, dovute al sonnifero preso la sera precedente.

Come da procedura americana viene AMMANETTATA!!! caricata nella vettura della polizia e messa in GALERA!!!
In galera, come da film americani, ha diritto ad una telefonata, che fa al marito, che è all’estero, per descrivere tutta la situazione.
Morale della favola, può uscire subito di galera, ma deve pagare una cauzione e deve farsi venire a prendere da un familiare. Oppure può aspettare di essere giudicata da un giudice, ma non si sa se questo avverrà in poche ore o in alcuni giorni, o, ancora, può pagare una cauzione ed aspettare in galera fino a che gli effetti delle droghe non siano terminati.
La moglie spiega in lacrime a Paul che non vuole essere vista dai figli in manette (sì perché' è ancora in manette!!!) lei che non aveva mai preso neanche una multa per divieto di sosta, ed allora? pagherà la cauzione ma aspetterà dodici ore finché l'effetto delle droghe sia passato.
Questa è l'ultima comunicazione che Paul ha con la moglie perché dopo le è vietato contattare il mondo esterno.

Le ulteriori informazioni vengono fornite a Paul dalla polizia: passate le dodici ore la polizia chiede alla moglie di effettuare ancora il test del palloncino e del sangue per verificare che le droghe abbiano terminato l'effetto. Secondo le fonti della polizia, la moglie di Paul si rifiuta di effettuare la prova del palloncino in quanto già risultata precedentemente negativa. Ma come effetto del rifiuto la prova viene considerata POSITIVA!!! e la moglie deve passare altre dodici ore in galera (che vuol dire tutta la notte) e dovrà ripetere gli esami ancora domani mattina. E' ancora ammanettata.

Nel frattempo la moglie di Paul ha pagato la cauzione e, siccome in America col denaro si compra praticamente tutto, ha pagato la cauzione più alta in modo tale che questo arresto non rimanga nei suoi files ufficiali, praticamente tutto ciò sarà come se  non fosse mai accaduto.

Come da procedura americana, quando una persona paga questo tipo di cauzione (che cancella l'episodio dalla fedina penale) bisogna chiamare l'FBI per verificare che la persona in oggetto non abbia trascorsi pericolosi!

Paul nel frattempo ha avvisato la figlia che sta tornando di corsa in America.

E così, una tranquilla signora 65enne si è ritrovata ammanettata per 24 ore, senza possibilità di comunicare con l'esterno dopo una sola telefonata, indagata dall'FBI per un sonnifero prescrittole da un medico autorizzato

 America is NOT the fucking greatest nation in the world