lunedì 10 novembre 2014

Anche se vi credete assolti







Il fatto non sussiste. Capimmo fischio per fiasco e rimanemmo in casa.

Il fatto non sussiste. Capimmo che l’energia sotterranea si stava scaricando con quelle scosse continue!

Il fatto non sussiste. E forse andò proprio così. Non ci fu neanche il terremoto. 

Andammo al letto e l’indomani al lavoro, tranne i ragazzi, perché il Sindaco chiuse le scuole. 

Il fatto non sussiste. Il terremoto arrivò, nel mezzo della mattinata e morirono più di ventimila persone.

Il fatto non sussiste. Vennero ugualmente tutti assolti, perché il terremoto non si può prevedere.

Forse dovevamo morire tutti per far sussistere il fatto.
Ecco: siamo morti, oggi. Perché ad una scossa così, muore la giustizia, muoiono le responsabilità, muore la fiducia, muore persino il dolore.
Potete state tranquilli, non era prevedibile ma è accaduto. 

Se vi siete detti non sta succedendo niente …. provate pure a credevi assolti. Ma noi siamo crepati: sotto le macerie di un paese per pochi. Eravamo di troppo.

sabato 1 novembre 2014

Tutti i morti






Sono stata in centro stasera. A L’Aquila. Erano le diciotto e già era buio. Avvicinandomi ho cominciato a sentire una pressione sul petto ed ho cercato di rigettarla indietro. Ma ogni palazzo puntellato, ogni palazzo ristrutturato e vuoto, ogni vetrina ferma a cinque anni fa, minava la mia apparente freddezza. Mi è cresciuta una rabbia che non ve ne dico niente. Lungo il Corso a destra e sinistra i vicoli sono bui. E gelidi.
In piazza poche persone e volevo far saltare in aria quella instancabile radio del bar. 

Quel pezzo di portici riaperti qualche anno fa dove per la felicità girai questo video, sono occupati da assurdi cartelloni sulla ricostruzione. 


Mentre i negozi che c’erano sono chiusi, bui, impolverati e non ricordo più cosa c’era. Ho dovuto riguardare attentamente il video per rispolverare  il ricordo dell’Aquila e mi sono accorta che quel piccolo pezzo di portici stava molto meglio nel 2011 che ora.

La Fontana Luminosa è transennata e i lavori sono fermi, immagino siano finiti i soldi. Mi è venuto un istinto irrefrenabile di buttare giù quelle transenne di legno e riscoprire la fontana, anche se non mi piace.

Ho odiato tutto, anche chi dice che il centro della mia bellissima città è un cimitero. Perché la verità è che domani, per la ricorrenza dei morti, il cimitero sarà colorato, pieno di lumini accesi e di gente, come ogni anno, anche se persino in quel luogo ci sono ancora macerie.
Nel centro della città non ci saranno fiori, né lumini, né gente, né luci, come sempre, non solo per la ricorrenza dei morti.

Non è un cimitero la mia città, è un luogo dove si prova tristezza ma anche vergogna, dolore ma anche rabbia, non vi trova posto la rassegnazione, ma vi si comincia a trovare il desiderio di fuggire.

mercoledì 3 settembre 2014

Il balcone mancante





Il balcone mancante




Dopo tre mesi, stamane sono tornata a Cese di Preturo, laddove un balcone, improvvisamente, si è staccato da una delle palazzine del famigeratoprogetto C.A.S.E..

Ho incontrato un simpatico giornalista del GR Rai e dopo un breve colloquio ci siamo dati appuntamento sulla piastra dove ho abitato per 5 anni. Ho parcheggiato e, nell’attesa, ho fatto un giretto. Il groppo in gola che già avevo sentito arrivando, si è fatto strada ed arrivato dritto al cervello, dandomi delle fitte di dolore che poi arrivavano dritte al cuore e cercavano di spremere le ghiandole lacrimali, costringendomi a piangere.

Durante questi tre mesi mi sono spesso stupita di non aver mai pensato ai cinque anni appena trascorsi. In realtà non riuscivo neanche a concentrarmi su me stessa dentro quei 50 metri quadrati. Una specie di rimozione involontaria. Stamattina, invece, passeggiando su e giù per la piastra ho rivisto la mia camera incasinata, le foto impolverate che avevo voluto con me, lo stereo mai usato, i libri ammonticchiati. E poi i lunghi inverni, le finestre sul nulla, il wi-fi come unico contatto col mondo. Un silenzio spesso, opprimente, tra le erbacce, gli alberelli e il campo di pallone.

La mia casa è abitata: sul terrazzino ho visto il tavolo su cui abbiamo fatto di tutto: studiato, cucinato, parlato, giocato, dove siamo stati troppo spesso soli ad aspettare una vita sottratta, cercando di riannodarla e non perderla.
Cinque anni pesanti, rimossi e accantonati. Mi sono bastati cinque minuti per inviare all’amico giornalista un SMS: «Devo andare via, mi fa troppo male stare qui».
Mi fa male pensare a quelle vite schiacciate dentro case miracolosamente vuote, dove un balcone staccato improvvisamente porta tanta gente a parlare su una delle prodigiose piastre.

mercoledì 2 luglio 2014

Storie di ordinaria follia






Mi va di raccontarvi una storia oggi, realmente accaduta. Potete starne certi, perché è accaduta a me.

Premessa: per ricostruire le nostre case, a L’Aquila, fino ad una certa data abbiamo usufruito del cosiddetto “contributo agevolato”. In soldoni, una volta approvato il progetto di ricostruzione e il relativo costo, al condominio, alla singola abitazione, a chiunque, venivano versati i soldi su un conto corrente nominativo e infruttifero, su cui pagare tutte le fatture (impresa, progettazione eccetera).  Ben presto i soldi della Cassa depositi e prestiti sono terminati e si è passati al cosiddetto “contributo diretto”. In soldoni (anche questa volta), l’impresa, il progettista eccetera, previa presentazione di vari SAL (stato avanzamento lavori) vengono liquidati direttamente dal Comune, se ha i soldi, ovviamente. Per evitare che i soldi stanziati venissero dispersi (almeno credo) il Comune, anche per i contributi diretti, ha dato la possibilità ai privati di aprire un conto corrente nominativo infruttifero su cui ha versato, appena disponibili, i soldi del contributo diretto. Per pagare le fatture, però, non si può andare direttamente in banca, come per il contributo agevolato, ma si deve far autorizzare ogni fattura dall’ufficio per la ricostruzione e, una volta approvata la spesa, si può andare in banca.

Orbene, per la parte privata del mio appartamento ho ricevuto poco più di 10.000 Euro di contributo diretto (lavori interni al mio appartamento); per i lavori comuni, invece, il condominio ha ricevuto l’agevolato. Sono stata una dei pochi “sfortunati” del mio condominio, ma, ecco, il Comune aveva finito i soldi dell’agevolato.

Pagamento prima fattura del progettista: la fattura viene consegnata assieme a tutta la documentazione all’ufficio ricostruzione dallo studio dell’ingegnere. Mi dicono “Ti telefoneranno quando è pronta”. Dopo un mese, non avendo ricevuto alcuna comunicazione, mi reco all’ufficio, di mercoledì che è l’unico giorno di apertura pomeridiana.
Arrivo 10 minuti prima dell’apertura e fuori c’è il delirio. Quando aprono le porte una massa informe di gente si catapulta a prendere il numero. Resto calma e quando arriva il mio turno mi trovo di fronte a questa macchinetta dove devi prendere il numero giusto. Quale sarà? Liquidazione contributi? Edilizia privata? Nell’incertezza li prendo ambedue e mi accorgo che qualcuno, nell’incertezza, li prende tutti (sono 6, mi sembra).
Attendo fiduciosa, mi chiamano per la “Liquidazione contributi” ed è il posto giusto. La signorina mi spiega che la mia fattura è bloccata perché manca un certo codice. Mi dice di farmi rifare la fattura e riportarla. Piena di buona volontà mi reco presso lo studio dell’ingegnere che prontamente mi stampa la nuova fattura. Il mercoledì dopo vado a consegnarla. Stesse scene deliranti. Stavolta non so se prendere il numero “Liquidazione contributi” o “Protocollo”. Li prendo entrambi. Mi chiamano al protocollo e ricevo una lavata di testa perché devo andare alla “Liquidazione contributi”. Dopo un po’ mi chiamano, spiego velocemente la situazione e la signorina mi protocolla la fattura (ohibò!) e mi dice di ripassare dopo una settimana.
Passate due settimane, mi reco all’ufficio, stavolta di martedì mattina e noto che non c’è il solito delirio. Prendo due numeretti “Liquidazione contributi” e “Traslochi”, giacché devo richiedere il rimborso del trasloco. Mi chiamano ai traslochi e, ahimè, non ho portato la copia del bonifico. Mentre la signorina dei traslochi mi spiega la procedura, mi chiamano a “Liquidazione contributi” e perdo il turno. Riprendo il numeretto e dopo 30 minuti mi chiamano. Spiego la situazione, e dopo un paio di minuti che non volevano finire mai, la signorina mi dice che la fattura è bloccata “E’ sbagliato il CUP”. Provo a dire che allora era sbagliato anche la volta precedente, ma mi viene risposto che, evidentemente, si erano fermati al primo errore.
Esausta mi ri-reco allo studio dell’ingegnere che mi ri-ristampa la fattura col primo codice e il CUP giusto. Nel frattempo stampo la ricevuta del bonifico traslochi ed oggi, mercoledì, ancora all’ufficio ricostruzione, in delirio come sempre. Prendo i miei due numeretti e, ormai esperta, aiuto gli altri a prendere quello giusto. Il trasloco è OK, la “liquidazione contributi” ha di nuovo protocollato la fattura che sarà pronta la prossima settimana.

Se tutto va bene, la porterò in Banca dove giacciono da mesi i famosi 10.000 Euro circa del contributo diretto e questa fattura è di poco meno di 2000 Euro: rabbrividisco a pensare alle altre fatture e ai miei prossimi mercoledì deliranti.

E mi chiedo: perché? Cioè perché devo fare da tramite tra il Comune e la Banca. L’impresa o il progettista potrebbero portare le fatture all’ufficio, che le controlla e le spedisce direttamente in banca.

Ecco io dovrei essere dematerializzata, come le file, i deliri e i mercoledì pomeriggio.
P.S. SOLIDARIETA’ AI TERREMOTATI TUTTI!

mercoledì 4 giugno 2014

Riconsegna C.A.S.A.






Ho trascorso il pomeriggio al Comune, per la precisione all’URP per l’assistenza alla popolazione. Sorvolo sulla coda lunghissima che ho dovuto fare, per giungere immediatamente al clou della situazione. Ero lì per comunicare che lascerò la mia C.A.S.A. da terremotata per tornare nella mia. 
La ragazza dell’ufficio è gentilissima e competente. Mi porge un modulo che stampa davanti a me, fronte-retro.
Sul fronte, il modulo è  la “rinuncia” per sempre alla C.A.S.A. di Cese di Preturo: mi è venuto da sorridere mi sembrava di essere cresimanda e rinunciare per sempre e Satana. Il retro è per la riconsegna dell’alloggio: devo riconsegnarlo provvisto dei seguenti kit (OVE PRESENTI viene specificato):
abat- jour, batteria cucina, set teglie (specifico che una delle teglie è fuori misura rispetto al forno), set posate, set bicchieri (li ho rotti quasi tutti), set piatti, scolapasta, apribottiglie (sì anche l’apribottiglie), apriscatole, grattugia, forbici, set olio e aceto (non so che fine ha fatto), set coltelli, sottopentola (sì anche il sottopentola), tazza da latte, set utensili da cucina (boh!!), macchinetta del caffè (che dopo il servizio della Gabanelli è un’assurdità), set caffè e zuccheriera, set ciotole (boh!!), barattolo (sì anche il barattolo), insalatiera, asse da stiro, ferro da stiro, stendibiancheria, asciugacapelli, set grucce.
Invece posso tenermi: set asciugamani, tappetino doccia, lenzuola, coprimaterassi, copriletto, piumini, coperte, tovaglia e tovaglioli, canovaccio, panno lavapavimenti, confezione pannospugna, confezione spugna per piatti (me le posso tenere! WOW!!), spazzolone, bacinella, secchio, scopa, paletta, set presine e guanto da forno, set lenzuola francesi (boh!).

Mi chiedo se posso portarmi via ciò che ho comprato a mie spese: zanzariere, pompa per termosifoni, cabine doccia, rubinetti vari, guarnizioni per alcune finestre.

E la mia vita.