domenica 24 marzo 2013

La Domenica delle Palme






Oggi, come allora, è la domenica delle Palme. Tornavo da Roma, 4 anni fa, come oggi. Era il 5 aprile: la cronaca di quella serata è arcinota. Io tornai a casa alle 19.00 e misi in una bottiglia di vetro sulla mia libreria, il ramo d’ulivo, accanto a due spighe di grano che mi regalarono quando nacque mio figlio.
Più tardi quella bottiglia si sbriciolò a terra, assieme alla città, le nostre vite, le speranze e quello che eravamo prima.
Da allora la Domenica delle Palme ha un sapore acre che neanche l’ulivo lenisce. 

Stasera come allora, ero in automobile, tornavo a casa ed avevo i pensieri tipici di una domenica sera. Pensavo che arrivata avrei disfatto i bagagli, messo in ordine la casa e ascoltato un po’ di musica. Invece mi misi a scrivere, esattamente come stasera. 

In autostrada, stasera, per cacciare via i pensieri ho acceso la radio: la stazione scelta non era disponibile e l’apparecchio si è messo alla ricerca di un altro canale. Intanto mi perdevo nei pensieri, dimenticando la radio che, improvvisamente, si sintonizza e mi spara questo pezzo: 



No, non era lo stesso di quella sera, ma ho pianto: “On Silvertown Way, the cranes stand high, quiet and gray against the still of the sky”




giovedì 21 marzo 2013

Carriole di certezze




Non pensavo di dover scrivere, dopo tutto questo tempo,  delle carriole aquilane. In realtà tra di noi non ne parliamo mai, anche se sono vive nei nostri ricordi.
A L’Aquila le cose non vanno bene e non stiamo sempre a piangerci addosso o a ricordare i bei tempi.

Certo è che quel periodo del 2010 lo ricorderemo per sempre e, per fugare ogni dubbio o interpretazione malevola, sarà nei nostri cuori perché in quel momento L’Aquila, gli aquilani, hanno da soli trovato un  modo per aggregarsi, per incontrarsi, per rendersi partecipi del disastro e della ricostruzione.
Stride che a parlarne, invece,  siano non aquilani, e sempre in modo denigratorio. Bertolaso per primo, poi fu la volta di Berlusconi ed oggi anche Letta.  A L’Aquila, ha detto, deve tornare la fiducia, perché di sfiducia ce n’è stata tanta, “carriole di sfiducia”. Il tutto in un contesto tutt’altro che tranquillizzante per noi: doveva essere l’inizio della ricostruzione, ma non vediamo segnali concreti in questo senso.

E dunque, per l’ennesima volta, sono qui a chiedere, per favore, di non parlare più di noi. Né bene, né male. Né delle carriole, né delle C.A.S.E., né di miracoli e neanche di progetti mirabolanti.

A noi servono soldi certi, autonomia, trasparenza e partecipazione. Il resto è fuffa.
Vogliamo la nostra città. Bella, sicura, sostenibile.

mercoledì 20 marzo 2013

Il moto perpetuo (Equitalia)




Premessa: sono aquilana, abito in uno dei progetti C.A.S.E. costruiti dal governo per accogliere gli sfollati, abito con i miei figli e Matteo, uno studente “aggregato” al mio nucleo famigliare.

Ricevo, giorni fa la bellezza di tre cartelle di Equitalia. Mi vengono recapitate a C.A.S.A. e la ricevuta viene firmata da Matteo.

Apro subito una parentesi per dirvi che delle tre cartelle, una si riferisce al pagamento della TARSU proprio della C.A.S.A.. A tempo debito feci un’auto-dichiarazione, citando i metri-quadrati dell’appartamento. Purtroppo sulla piantina che ci hanno lasciato al momento dell’assegnazione, non c’è traccia di metri-quadrati totali. Quindi (che ve lo dico a fa’!) li ho misurati da sola. E risultavano 50. Poi mi sono detta «Magari intendono il lordo!» e quindi “a buon peso”, ne ho aggiunti 5 ed ho spedito la mia autodichiarazione: 55 metri- quadrati. Ecco, in realtà sono 61!!! E così devo pagare la differenza. La C.A.S.A. è, pressappoco, come vedete in figura: due camere, due bagni (uno cieco), un “disimpegno” (si dice così?-quello in bianco), e la cucina. 



Avrete sicuramente notato quegli strani rettangoli neri! Quelli sono “niente”, ossia io neanche li vedo. Semplicemente le pareti tra i bagni e la cucina non si toccano, ma c’è questo “spazio vuoto”. Dicono che ci siano gli impianti. In realtà mi hanno detto che i bagni erano prefabbricati e sono stati calati nelle varie strutture: se poi erano più piccoli, bè, chissenefrega. Fatto sta che quei metri quadri proprio non li avevo considerati. Chiusa parentesi.

Torniamo alla ricezione delle cartelle di Equitalia.
Giorni fa ricevo un’altra raccomandata, che questa volta viene recapitata a mio figlio, che firma la ricevuta. Tutto OK. Apro la lettera, sempre di Equitalia. Si tratta di una notifica che mi informa che una delle tre cartelle ricevute in precedenza era stata recapitata a Matteo, dichiaratosi convivente. Giorni dopo trovo un avviso di giacenza di due raccomandate. Vado a ritirarle ed è ancora Equitalia: mi informa che le altre due cartelle sono state recapitate a Matteo, dichiaratosi convivente. Tutto OK.
Ora, secondo logica, dovrei ricevere un’altra raccomandata che mi notifichi che la prima notifiva è stata recapitata a mio figlio. Se in casa trovano qualcuno di diverso da me, saranno costretti a notificare di nuovo che la notifica è stata recapitata ad un altro. E così via.
Forse hanno inventato il moto perpetuo!

P.S. In tutto questo via vai di raccomandate io ho già pagato tutto in unica soluzione. Che ve lo dico a fa’!

mercoledì 6 marzo 2013

Il glucosio è molto importante


Glucosio




Immagino che sappiate che sono un’insegnante. Insegno materie di un’area scientifica molto vasta: la biochimica. Ed ho visto così tanti ragazzi affrontare questa materia e, più in generale, gli studi universitari che, ad esserne competente, avrei potuto portare avanti sicuramente uno studio antropologico di generazioni. Perché io invecchio, ma i miei studenti hanno sempre, più o meno, in media, 21-24 anni. Sono passata quindi attraverso le abitudini, i modi di parlare e di studiare di un sacco di ventenni, comprese le “k” e le “x” di “perché”: xkè. E per me che sono biochimica capire che “trp” sta per “troppo”,  è stato un bel salto, perché, sarò pedante, ma per me significa “triptofano”.
Della sessione d’esame appena conclusa ricorderò per sempre una frase, l’incipit di qualsiasi risposta a qualsiasi domanda. Se la domanda è «Cos’è il glucosio?», la risposta è, sempre, «Il glucosio è molto importante»; ma lo sono, importanti intendo, anche l’emoglobina, l’AMPciclico, la β-cheratina, gli acidi grassi, la catena di trasporto degli elettroni e persino il legame peptidico.
Confesso che il suddetto incipit mi fa tenerezza: perché qualsiasi studente, che sia preparato o meno, all’esame arriva teso, tesissimo, con salivazione azzerata e, quindi, quella prima frase «I fosfolipidi sono molto importanti» rompe il ghiaccio.  Certo, alcune volte, segue il silenzio e allora chiedo «Perché il glucosio è importante?». Seguono fantasie di qualsiasi genere, ma non è quello di cui voglio parlare.
Trovo comunque interessante questo modo di approcciare un argomento, un argomento interessante, importante, insomma. Voglio dire che dietro questa apparente banalità, qualcuno più bravo di me potrebbe trovare “un non so che” di significativo riguardo il modo di esprimersi, in generale, delle nuove generazioni e, quindi,  provare a comprendere meglio quello che vogliono dire.

Soprattutto coloro, tra i giovani, che in questa ultima tornata elettorale si trovano a sedere in parlamento. Al di là dei pregiudizi.

Molti dei neo-eletti hanno l’età dei miei studenti e scommetto che se domandassi loro «Cosa significa, per te, essere entrato in Parlamento?», una buona percentuale mi risponderebbe «Essere entrato il Parlamento per me è molto importante.»
«E perché?», chiederei io. Se mi rispondessero «Per aprire tutto come una scatola di tonno», sinceramente, rimarrei molto delusa; sono sicura che, in buona percentuale, mi risponderebbero «Per provare a cambiare le cose». Perché in fondo è così.

 Per cambiarle occorre mettersi in gioco e il gioco è iniziato; non si può interrompere la partita, perché il campo di gioco è praticabile. Non capisco cosa significhi non sentire le loro voci, se non in assurde interviste nelle quali sembrano complottisti. Sono sicura che sentono il peso della responsabilità e per questo, forse, non se la sentono di provare a dire la loro, magari affidandosi a chi li ha portati fin qui. Da fuori si protesta, da dentro si lavora.
Non accetto che non si sappia cosa significhi essere parlamentare e gli articoli della costituzione che garantiscono la libertà di coscienza.

Non vi ho votato e non vi voterei, perché, come dite voi, sono vecchia, morta, ma al di là dello scontro generazionale, voglio dirvi una sola cosa, con il vostro linguaggio «Essere arrivati in parlamento è molto importante».

E’ importante che, ad esempio, per la mia città distrutta ci sia un governo che si occupi della sua ricostruzione. E’ importante che il complesso mondo della vostra formazione abbia, continuativamente, un ministero che funzioni, che si occupi di voi e della ricerca. E’ importante che ci si occupi della messa in sicurezza del territorio, con risorse ad hoc ed una legge “per le catastrofi naturali” che, pensate, noi aquilani abbiamo scritto e sottoscritto. E’ importante che, subito, si cambi la legge elettorale, non con lo scopo di rivotare subito e vincere, ma per ridare dignità ad ogni elettore. E’ importante che i politici non siano più una casta di privilegiati, ma è altrettanto importante che noi cittadini esistiamo liberamente in questo importante paese, pure se siamo vecchi, morti. E’ importante che ci sia trasparenza, in tutto, anche per quel che vi riguarda. E’ importante che si accetti la sfida di rappresentare in Parlamento tutti gli Italiani e non una scatoletta di tonno.

Insomma ci sono tante cose importanti, oltre il glucosio.

A proposito, il tonno non contiene l’importante glucosio.

sabato 2 marzo 2013

L'Aquila in miniatura


L'Italia in miniatura



A leggere sempre dell’Aquila, potrebbe venire persino l’orticaria, vero?

Ma oggi vi parlo di una piccola L’Aquila. Un’idea che mi è venuta all’improvviso, mentre passeggiavo intorno al nostro Forte Spagnolo, poche ore fa. Sarà forse anche da ridere, ma perché non doveri dirla? Non c’è niente di male.
Perché L’Aquila l’abbiamo ricostruita in mille modi: con le parole, i sogni, le foto di come era e persino in 3D. Ma non la vediamo.
E, bene che va, la rivedremo tra così tanto tempo che in molti ne avranno perso la memoria. Anche ora alcuni vicoli non so più come si chiamano, né ricordo cosa c’era. Lo so è pazzesco, ma è così.

Così, camminando nel Parco del Castello (a proposito quando inizieranno i lavori di ricostruzione? Il finanziamento c’è? Chi ce lo aveva promesso?), pensavo alle gite con i miei figli, alcune “strane” e indimenticabili, altre classiche. Per esempio ‘L’Italia in miniatura’. Certo non sono una fan dei parchi di divertimento, ma subito ho pensato «Perché no?». Insomma una L’Aquila in miniatura, non già a scopo turistico, ma un’ installazione per non dimenticare. Naturalmente non riesco ad immaginare la superficie, ma qualche ingegnere-architetto può farlo in un batter d’occhio!
Recintata e immersa nel verde. E anche con un biglietto d’ingresso, magari per coprire in pochi anni il costo della realizzazione. Penso che ciascun aquilano andrebbe a vederla,  anche ad arricchirla, con storie, insegne .. insomma un’opera collettiva. Progettata dai nostri universitari del campo e realizzata da volontari.
Che ne so, a me è sembrata una buona idea. Ce la facciamo piccola sperando nella grande.
 E poi sarà bello confrontare le due versioni.
E magnifico lasciare ai posteri ciò che eravamo.

Non datemi addosso, ora.  Forse è solo un sogno che ho fatto stanotte.