lunedì 2 giugno 2014

Back home






Sono tornata a casa: stanotte sarà la quarta nella quale dormirò nel mio letto. Dopo 1880 giorni di altra vita altrove.

Quando è arrivato uno dei furgoni che riportava da Antrodoco le mie cose e, nell’aprire il portellone, ho intravisto una piantana ed una sedia sgangherata, sono scoppiata a piangere.  Ho chiesto scusa, mi sono fatta forza ed ho cercato di dirigere il trasloco. Ma ogni battente che arrivava al quinto piano, ogni ripiano, ogni mensola, cuscino, scatolone, mi faceva sentire confusa. Mi ci sono volute quattro ore per tornare in me e riporre nel giusto ordine la mia casa. 

Montati i mobili è iniziato il turno degli scatoloni. Ogni libro, album di fotografie, lenzuolo, bicchiere, tovaglia, elettrodomestico, quadro, DVD, vocabolario, CD, lampada, scatola, raccolta, mi ha aiutato a ricostruirmi. Piano piano. 
Dapprima stupita nel vedere tutta quella vita ritornata, in un secondo momento mi ci sono immersa. Come un puzzle, pian piano ha ripreso forma la persona che sono sempre stata, attraverso l’affetto di quarant’anni trascorsi all’Aquila profondamente immersi nella mia adolescenza avezzanese. 

Non ascoltavo così tanta musica da cinque anni, non mi era sembrato che mi mancasse così tanto. Fino a cinque anni fa ballavo riordinando la casa ed oggi l’ho fatto di nuovo.

Ho lavato e stirato tutta la biancheria, ingiallita da più di 62 mesi di attesa;  il ferro da stiro scivolava su tutti i ricordi di corredi, acquisti, nascite e separazioni.
Ho riposto tutti i nostri libri conservati con cura: dal vocabolario di greco alla Divina Commedia a fumetti.
Ho accarezzato i letti dei miei figli: una delle camere sarà uno studio tra un po’, perché in cinque anni capita che i figli crescono e vanno via.
Ho un mare di pentole e piatti, neanche tanto belli, ma ancora con il profumo delle cene che preparavo per amici o delle pappe dei figli.

Mentre ascoltavo la musica del Boss mi è sembrato che questo periodo potesse riassumersi con “All or nothing at all”.  Non tanto per il significato delle parole del brano, ma per quello che mi sento di dire ora: «Ho tutto, prima non avevo niente.»

Si riassume così la vita di una famiglia terremotata, catapultata in men che non si dica in una vita virtuale incastonata in case tutte uguali, fornite di tutto il necessario per sopravvivere. Una vita alla quale non puoi ribellarti, perché sembri ingrata. Ma quei cinque anni trascorsi a 15 chilometri da qui, hanno lasciato un segno indelebile: non sono le rughe, il dolore, l’incredulità, ma la fatica di non spersonalizzarsi, di non dimenticarsi, anche se tutto spinge in quella direzione.
Sono al quarto giorno “after” e tutto il resto è lontano. Ci vorrà ancora tempo per elaborare tutto questo vissuto. Nel frattempo occorre ancora combattere per riavere una città, per ridarla a chi ancora aspetta di riannodare la propria vita.
Back home: sono felice. 

Inizia la mia quinta vita: la prima l'ho vissuta ad Avezzano, fino all'età di 18 anni. La seconda a L'Aquila, fino al 6 aprile 2009 alle ore 3,32, quando la terra ha tremato. La terza è cominciata il 6 aprile 2009 ed è durata fino al 13 febbraio 2010. La quarta è iniziata il 14 febbraio 2010 quando ho violato la zona rossa. La quinta è iniziata 3 giorni fa. Resto a combattere per vivere al sesta: con L'Aquila ricostruita.

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