venerdì 30 dicembre 2011

Mille giorni di me e di te






L’Aquila, 1 gennaio 2012: MILLE GIORNI (DI ME E DI TE).

10 parole al giorno risparmiate, quelle delle polemiche, dei battibecchi, quelle inutili, false, boriose e offensive, fanno 10.000 parole in mille giorni. Che si potevano regalare agli aquilani per dialogare, informare, essere trasparenti e favorire la partecipazione. Dieci fogli A4 per ciascun amministratore, da dedicare alla città, a tutto il cratere, per una visione partecipata dell’accaduto, del presente, del futuro. Ma non c’è stato:  ben più di 10.000 parole ciascuno sprecate, e la città e i paesi marciscono.
10 autocarri da 30 tonnellate al giorno, con soli tre viaggi in siti appositi, in mille giorni trasportano quasi un milione di tonnellate di macerie che, opportunamente selezionate, producono materiali riciclabili e/o riutilizzabili. Una ricchezza per tutto il territorio, per il pubblico e il privato. Le nostre macerie, invece, giacciono ancora nei paesi, nelle case e di siti di stoccaggio, operativi, ne abbiamo ancora solo uno.
0,1 Euro al giorno (in media) per ciascuno dei 25 milioni di famiglie italiane fruttano, in 1000 giorni, 2 miliardi e mezzo: fondi sicuri,  procurati attraverso un’apposita tassa di scopo. Soldi veri, un flusso di denaro costante, per la ricostruzione. Ma non c’è, non c’è.
Una norma assieme ad un decreto attuativo, discussa ogni giorno, avrebbe significato, in meno di mille giorni, una legge sul terremoto che, invece, non vede la luce, nonostante i cittadini l’abbiano scritta e sottoscritta; in poco più di 60 giorni, con quasi 50.000 firme raccolte in 6 mesi.
In mille giorni una decina di specialisti, avrebbe potuto elaborare assieme ai cittadini le azioni più urgenti da intraprendere: piani di ricostruzione, masterplan, ripresa economica, coesione sociale. Ma di questi esperti abbiamo visto solo un rapido passaggio, di altri neanche sapevamo l’esistenza. E senza un’idea condivisa di città e territorio, ci si smarrisce e si fanno errori.
Se si fossero dedicati 100 giorni a ciascuna delle tanto discusse rotatorie stradali che ci ha regalato il terremoto, oggi avremmo 10 rotatorie invidiabili, almeno quelle! Invece ci rimangono erbacce e budelli di strade.
10 metri al giorno di sotto-servizi,  o meglio di “cunicoli intelligenti”,  fanno 10 chilometri in 1000 giorni. Ma quanto ancora c’è da attendere per vedere qualcosa di almeno simile?
In mille giorni almeno un piano di emergenza, con aree attrezzate e, magari, qualche esercitazione o minimo-minimo informazioni, hai voglia se si poteva fare!
E ancora: quanti progetti, quante ristrutturazioni, quanti censimenti di immobili avrebbero potuto vedere la luce? Quanti studenti universitari avrebbero potuto risiedere in città? Quante attività riaprire e quante altre ancora avviare?

Ci rimangono 1000 giorni di me (ciascuno di noi) e di te (Il terremoto). Mille giorni nei quali siamo riusciti ad esistere e, spesso, a resistere. Chi con più facilità, chi in mezzo alle lacrime, chi cercando di non andar via, chi rimanendo, chi urlando, chi facendo più del possibile.

Mille giorni di me e di te. Mille giorni senza casa, senza città, senza gli antichi borghi. Mille giorni di chilometri percorsi, mille giorni di racconti, di condivisione. Mille giorni nei quali siamo stati dimenticati, se non fosse per colui che rideva quella notte lì e atterra con un elicottero su una spiaggia.

1000 giorni di me e di te: quanta rabbia! L’ignoranza di chi amministra,  l’autoreferenzialità di chi doveva indicare, almeno, una strada, il clientelismo, l’opacità. Per nulla, per non vedere nulla:  1000 giorni sprecati a giocare a nascondino con la loro inadeguatezza.

Eccoci, a mille giorni: NOI, il miracolo. Perché dopo questi mille giorni, siamo certi: il futuro del terremoto del 6 aprile 2009, siamo NOI.

Con i migliori auguri per i secondi mille giorni più positivi della nostra vita: buon 2012!

martedì 27 dicembre 2011

Rotatorie




Premessa: a me le rotatorie stradali non piacciono.

In tutta Europa ci hanno ricoperto di rotatorie. Dove è andata bene, queste adempiono alle funzioni per le quali sono state costruite, dove è andata benissimo, sono anche molto belle. Io le considero altamente impattanti quindi, se non sono funzionali e addirittura bruttissime, sono una vera e propria iattura.
Ho visto rotatorie enormi che poi finiscono in strade che sono budelli, poi ne ho viste di piccolissime, quasi accennate, ne ho viste tante in successione e sempre file di automobili: o dentro o fuori queste rotatorie. Che poi sono brutte, incolte, mucchi di erbacce, qualcuna con manufatti “artistici” variamente illuminate, cresciute così, quasi senza senso, e costate chissà quanto. A L’Aquila.
Ora si annunciano tre nuove rotatorie, e neanche fuori città, ma posizionate tra Viale Corrado IV e Santanza: ci sono già i soldi. Tremilioniottecentomila Euro pronti in cassa! E come sempre uno si chiede: ma esiste qualcuno da qualche parte che abbia una vaga idea di cosa sia un piano di mobilità accurato per una città ormai trasformata e quanto mai difficile? Esiste? Io non lo so, ma dato che vedo interventi di tipo “micro” che sembrano non corrispondere ad alcuna visione d’insieme, mi sento lievemente preoccupata.
1.       Queste ulteriori tre rotatorie “altamente impattanti” servono a risolvere quali e quanti problemi di viabilità?
2.       E’ stato previsto, eventualmente, un progetto architettonico che possa definirsi tale?
3.       Da ciò che ho capito una di queste rotatorie passerà, come già altre, proprio sopra le rotaie della famosissima metro di superficie: che si fa? La si continua a ricoprire così la dimentichiamo una volta per tutte? E le multe che dovevamo pagare? E tutto quel ferro sotterrato? E i pali e le panchine?

Con questi interrogativi ora vado a farmi un giro per Granada (Spagna) dove le rotatorie sorgono su viali a doppia corsia, assolutamente nessuna nella vecchia città, e poi sono tutte bellissime! Una con la lavanda, una con gli ulivi, una con installazioni artistiche, altre veri e propri giardini!

A presto L’Aquila!

martedì 20 dicembre 2011

IL POS (point of sale)




 
Oggi sono andata in banca a ritirare un po’ di liquidi che mi occorrono in vista delle feste. Fino a mille Euro nessun problema, per prelievi maggiori il dipendente è OBBLIGATO  a domandarti cosa vuoi farne. Così se per caso dici “Devo pagare il dentista”, lo stesso dipendente DEVE ricordarti che non puoi, che devi rendere tracciabili i tuoi pagamenti. Se rispondi, invece “ Li regalo ai figli per Natale” è tutto a posto. Se prelevi mille Euro al giorno e fai il furbo, qualcuno se ne accorge e, come recidivo, potresti ricevere la vista di qualcuno (chi?).
Stupita, chiedo come mai, allora, il prelievo Bancomat senza commissioni, può essere di soli 500 Euro giornalieri, invece che mille, e chiedo anche se sia possibile prelevare 500 Euro al giorno senza avere problemi. La dipendente,  mi esplicita “Il nostro sciopero era proprio contro queste nuove norme del decreto Monti, con il quale noi saremmo anche dei ‘controllori’ e, sinceramente io mi sono sempre fatta i fatti miei e poi, la banca, non avrebbe affatto questa funzione” e poi mi suggerisce di usare per ogni acquisto il Bancomat e di limitare i prelievi che da gennaio, se effettuati in altre banche, avranno commissioni un po’ più care; in questo modo sarei a posto, senza rischio controlli.
Dunque la moneta corrente non esisterebbe più, al suo posto carte di credito e Bancomat che spediscono i nostri dati ad un cervellone in grado di scovare i furbi. 

E pensare che a me danno fastidio persino le carte magnetiche dei supermercati! Quelle che, in fondo,  dicono a ‘qualcuno’ quali sono le mie preferenze, i miei consumi eccetera. Così se per caso hai fornito a questo ‘qualcuno’ il tuo indirizzo e-mail o, peggio, il numero di cellulare, ti vedi arrivare messaggi del tipo “Da oggi e per una settimana al supermercato ‘tal dei tali’ un’offerta che non puoi mancare: il tuo shampoo a soli 2 Euro”. Quale shampoo?

Ma in fondo non sono scocciata per questo o, perlomeno, non solo per questo! Mi chiedo, ovviamente, quanto tutto ciò sia utile, anzi, guardate, voglio sperare sia utile.

Però non può sfuggirmi una piccola, piccolissima cattiveria. Una delle mie.
Forse non tutti sanno che, ogni volta che, in qualsiasi negozio o per qualsiasi altra ragione, ‘strisciamo’ il Bancomat o la Carta di credito sul famoso POS (Point Of Sale), noi non paghiamo nessuna commissione alla Banca, ma l’esercente sì, eccome. Ho fatto una piccola indagine sul web per cercare le tariffe. Sono molto variabili e penso anche che il commerciante (o chi per lui) possa  contrattare con la Banca alla quale si appoggia. Nel peggiore dei casi, comunque, soprattutto quando si richiede per la prima volta un POS, si paga l’installazione e anche un affitto mensile. Ho poi trovato questa  notizia con la quale si mettono in guardia i commercianti  riguardo della bolletta telefonica da pagare. E sì, perché ogni strisciata è una chiamata e spesso può essere ad un numero speciale (tipo 899…).
Ma non è tutto. La Banca richiede all’esercente anche una percentuale sull’incasso di ciascuna strisciata. Penso ci possano anche essere accordi di altro tipo ma, tutti i commercianti cui ho chiesto lumi, mi hanno parlato di percentuale. Addirittura un negoziante romano, con un negozio di scarpe in centro, mi ha detto “E’ come se pagassimo il ‘pizzo’ tutti i mesi”. E sì, perché un negozio in centro a Roma ha un grande volume di affari e su quello la banca guadagna davvero tanto, la banca!
Riguardo le percentuali sull’incasso queste sono variabili, ho trovato 2,20%, 1,5% ecc. , percentuali che per le carte di credito salgono anche fino a 4%.
Vogliamo fare un conto? Se in una giornata quel negozio di Roma incassa 100.000 Euro tramite POS, la banca trattiene circa 1500-2200 Euro, al giorno. Gli esercenti mi hanno anche detto che devono controllare attentamente l’estratto conto a fine giornata, confrontandolo con le ricevute che rimangono a loro per ogni ‘strisciata’; a volte, infatti, si sono accorti che alcune transazioni non risultavano e, quando hanno potuto ricontattare il cliente, questo assicurava, anche tramite suo estratto conto, che l’uscita di denaro risultava ma questo, poi, era svanito nell’etere.

Dunque, parliamoci chiaro, all’aumentare della tracciabilità dei pagamenti,  le banche si sono stropicciate le mani, i polsi, le braccia, tutto!
E’ pur vero che di finanza non capisco un bel niente, ma non pare un po’ strano che neanche si è parlato di diminuzione delle commissioni alle banche?  Perché poi, scusate, ma io preferirei che questi soldi fossero tasse che incassa il pubblico, mica il privato! Inoltre, come è ovvio, gli esercenti, possono scaricarsi questi costi dalla dichiarazione dei redditi, quindi chi ci guadagna?

Magari non ci ho capito nulla neanche questa volta, però lo dovevo scrivere da qualche parte, anche per essere smentita (magari!).

E non parliamo delle assicurazioni, mi farei il sangue amarissimo.
Quindi chiudo con una legge di Murphy “Le assicurazioni coprono tutto, tranne quello che ti succede”.

domenica 18 dicembre 2011

While My Guitar Gently Weeps




Mentre la mia città si ricopre di neve, sperando che parte della  scandalosa immobilità che la avvolge venga, almeno per Natale, nascosta e ricoperta da una sottile e gentile coltre, io ho preparato qualche CD per il mio viaggio di Natale, come facevo una volta,  fino a 32 mesi fa, tanto tempo fa.
Ho scelto vecchie canzoni: i Beatles.
Poi ho provato il CD sull’automobile, mentre mi recavo a rendere omaggio alle spoglie dell’Aquila.
Nel tragitto, ho ascoltato a tutto volume While My Guitar Gently Weeps,  una ballata scritta da George Harrison (White Album, 1968). 

E sono tornata indietro nel tempo, alle scuole elementari: c’era un mio compagnetto che già tifava per i Beatles,  invece che per i Rolling Stones !! Ho rivisto la mia scuola, persino la mia aula ed anche il cortile.
Mi sono guardata intorno, ero su via XX settembre: una strada buia, costeggiata di palazzi fantasma, di transenne. Ho scacciato via quella sensazione di impaccio e turbamento e quella musica mi ha riportato ancora indietro, a circa 36 mesi fa: quando, come al solito, all’ultimo momento, correvo per il centro dell’Aquila in cerca di regali; quando, come al solito, cominciavo a preparami per il cenone, prenotando pesce, comprando le migliori prelibatezze; e ancora l’acquisto della tovaglia, dei segnaposti, di qualche novità, per la mia casa. 

E poi ho cercato di andare ancora più indietro, all’estate del 2008, ma ho trovato il vuoto. Ho cambiato musica, ma non c’è stato nulla da fare.
E così, tornata a casa, mi sono messa a recuperare il  passato recente, pre-terremoto. Ho trovato questa foto: si tratta del traghetto che nel 2008 mi portò in Croazia. Piano piano ho ricostruito tutto. Partii per le vacanze con una costola incrinata: ero caduta scendendo dal Corno Grande che, come al solito, in luglio avevo scalato. 



Ci vorrà del tempo, ma durante le feste di Natale, voglio recuperare ciò che sembra io abbia perduto. 

Ciò che ero. 

Still My Guitar Gently Weeps

giovedì 15 dicembre 2011

Di terremoto in terremoto

Il titolo del post non c’entra nulla con quello che voglio scrivere, serviva solo a farvelo leggere!

La mia casa


Perché io, invece (invece rispetto a tanti miei amici), a Natale parto, vado via. E non crediate sia semplice, andarsene, intendo. Perché ci sono alcune tradizioni/abitudini  cui si è legati, magari ipocritamente, ma pur sempre appiccicate con una colla a rapida presa. Così mentre pensi “Caspita c’ho quasi 55 anni, posso permettermi per la prima volta in vita mia di scappare dal Natale!”  subito capisci che non sarà gratis.

Anni fa, ero sposata, tentai di scappare dal Natale, fu impossibile. Le rispettive famiglie eressero in pochi minuti muri invalicabili e resistentissimi: roba da poter loro affidare la ricostruzione dell’intero cratere sismico!

Quando nel 2009 decisi di rompere leggermente le regole, imponendo la cena del 24 dicembre nella mia C.A.S.A., si produsse una spaccatura quasi insanabile. Vero! Andò proprio così.

Quindi quest’anno, con largo anticipo ho comunicato la mia intenzione di partire: sono volate, velatamente, delle proteste, in qualche caso silenzi. Non mi aspettavo, comunque, di ricevere sottili frasi colpevolizzanti del tipo: “I veri aquilani restano”, “Non esiste che a Natale uno se ne va da una città distrutta”. Queste pesano più di altro.
E allora penso: se parto il 26 dicembre, o il 7 gennaio, o quandocavoloditevoi, va bene? 

Ma come mai solo in questo periodo ci si chiede l’un l’altro “Che fai a Natale? E a Santo Stefano? E a Capodanno?” e nessuno che chieda “Che fai stasera? Domani? Sabato?” o in qualsiasi giorno?
Perché a L’Aquila, dove non esiste la città, è problematico persino passare le serate, i pomeriggi, le giornate, durante tutto l’anno. Perché non ci sono punti di incontro, come in qualsiasi altra città: siano essi  strade,  cinema, teatri, caffè, insomma quelle cose normali che se non ce l’hai, dopo per 32 mesi consecutivi, ti senti di impazzire. Ti senti diverso, ti arrabatti, spesso ti chiudi in casa e speri che nessuno ti chieda “Che hai fatto ieri sera?”.

E allora parto, sì, parto. E ringrazio di avere affetti lontani da andare a trovare. Di avere un posto dove c’è un albero di Natale, ché qui a C.A.S.A. non c’è posto.
Neanche il prossimo Natale sarò nella mia casa vera, men che meno nella mia città. La mia casa ora sta così come vedete nella foto, i lavori vanno avanti, ma il progetto non è stato ancora approvato. Alla mia domanda “Come vanno i lavori?” rivolta all’ingegnere responsabile del cantiere, la risposta è stata “Bene, stiamo sfasciando tutto. Per il prosieguo aspettiamo l’approvazione del progetto”.

Buon Natale

lunedì 5 dicembre 2011

Quella notte







Ho passato un brutto periodo, sì, il tipico brutto periodo. Quello dove sembra che “tutti ce l’hanno con te”, che vorresti scappare e non sai dove, che pensi che vorresti goderti la vita, ma non sai come. Insomma nulla di speciale. Un normale periodo di merda

.
Che questo poi coincida con la manovra del Governo, che ti fa preoccupare di più per i tuoi figli, al punto che pensi: “Che arrivino pure tutte le iniquità del mondo, purché” … purché cosa?  è solo la ciliegina sulla torta.


Qui a L’Aquila stanotte è la trentaduesima notte da quella notte. 
Ed ogni pensiero è spazzato via. 
Stasera vengono alla mente solo alcune immagini, alcuni visi. 
Quelli che conoscevi e non ci sono più. 
E che indipendentemente dalle responsabilità, quella notte, quella terribile notte … non riesco ad andare avanti….

sabato 26 novembre 2011

Vedrai che cambierà


Sembra che per forza bisogna scrivere qualcosa sull’Aquila. Forse perché si avvicina Natale o forse perché è cambiato il governo. E magari si spera in un regalo da Babbo Natale o da Monti, chissà. Potrei riempire questo post di foto e filmati, per far capire l’immobilismo, la tristezza il silenzio,  ma purtroppo non sembra che questo serva a noi, quelli che abitano una non-città.
Non penso che si possa capire se non si vive, questa situazione.
 Immagino che qualcosa di simile l’abbiano vissuta altre popolazioni.
Ma a me continua a sembrare unica.
Forse è una malattia, non so, quella che mi prende alla sera quando penso “è tutto momentaneo, vedrai che cambierà”. E mi fa sentire stupida questa sensazione. Perché una catastrofe avviene in pochi secondi, ma poi le conseguenze non sono momentanee. E allora ripensare alle vetrine di Natale a L’Aquila  mi rende nostalgica quando sto bene, ma, se minimamente la giornata non è stata propriamente delle migliori, sento rabbia, tanta rabbia. Non contro la natura, o contro questo o quello, ma perché non ho un orizzonte, né stretto né largo.
Ci sono mille modi per sopravvivere, persino  non pensare. Ma se ci penso, anche pochi microsecondi al giorno, non posso non pensare che se la città non si esprime con fermezza riguardo a quello che vuole essere, saremo sempre così: abitanti di un nulla che si fa da sé, nonostante tutto.
Ho fatto un giro in automobile oggi e mi sono estraniata per qualche minuto. Ho osservato quello che mi si parava davanti: case semi-crollate quel famoso sei aprile, immobili; casette variamente colorate sparse ovunque, alcune proprio belline con scritte varie di attività; rotonde ovunque, incolte, secche, orribili; strade in costruzione con viadotti che sfiorano nuovi quartieri uguali, con balconi pieni di ogni cosa, e i piloni in cemento armato che passano sopra paesi diroccati dimenticati; traffico impazzito; strade e vicoli pieni di ferraglie varie; finestre con gli stessi pantaloni appesi ad asciugare oramai da secoli; fontane chiuse. 

E mi ha dato l’idea che non si trattasse di un territorio italiano, quasi un paese sconosciuto, chessò Messico, forse perché non lo conosco, ma simbolicamente rappresenta il disordine, l’assenza di programmazione, la povertà contro la ricchezza sfrenata. 

Ecco potremmo dichiararci Stato indipendente, una specie di Principato a sé stante, dove regna l’improvvisazione, l’unica che riesce a superare l’immobilismo. Magari potrebbe portarci turisti incuriositi e noi cittadini aquilani divenire una specie protetta in un territorio unico.
Forse.

Vedrai che cambierà, forse non sarà domani, ma un bel giorno cambierà

lunedì 21 novembre 2011

Regolamenti di condominio


Sembra una barzelletta, ma non lo è: il Consiglio Comunale a L’Aquila sta discutendo (con tanto di litigi) il regolamento di condominio da applicare a noi “abitanti” del progetto C.A.S.E.: alloggi provvisori/definitivi costruiti dal governo, alla modica cifra di 2700 Euro a metroquadrato, a L’Aquila, per far fronte all’emergenza terremoto. Di questi regolamenti io sento il bisogno, soprattutto perché non desidero che spese a mio carico (pulizia, acqua eccetera) gravino sul budget per la ricostruzione vera della mia città.
Ma c’è qualcosa che non mi quadra, l’ho fatto presente più volte e non sono stata la  sola
Dovreste leggere qui , nell’ultima pagina, ma se non ne avete voglia vi allego una figura:



Scoprirete che la Protezione Civile appaltò i “lavori” di redazione dei regolamenti, attraverso un accordo con l’ANACI, e che questi sono costati in totale la bellezza di 360.706 Euro (trecentosessantamila-settecentosei  Euro), insomma 698 milioni e rotti di vecchie lire. Questi carissimi regolamenti sono stati redatti e consegnati il 4 febbraio del 2010 e comprendevano, ovviamente, un regolamento tipo di utilizzo delle strutture, le tabelle millesimali per la proprietà generale, scala, ascensore (sulla base delle piante dei 185 immobili forniti dalla Protezione civile), la gestione dei rapporti con gli assegnatari per  la ripartizione delle spese relative agli spazi comuni, la riscossione delle quote e il loro versamento entro il 5 di ciascun mese con la trasmissione di un elenco riepilogativo delle somme dovute, riscosse e rimaste insolute.
Di questo non abbiamo visto nulla: sinceramente non trovo il bandolo della matassa. Ma qualcuno dovrà pur spiegare a noi e a tutti i cittadini italiani (ed europei), dove stanno questi regolamenti di condominio. Perché, a fronte di una spesa così ingente, ancora non vengono attuati e cosa c’è da discutere ancora, nel Consiglio Comunale che, mi permetto di dire, avrebbe ben altre gatte da pelare.

In attesa, come sempre, vado ad accendere la stufetta elettrica, perché in queste magnifiche C.A.S.E. il riscaldamento fa cilecca, un giorno sì e l’altro pure.