lunedì 7 marzo 2016

I FIGLI DEGLI ALTRI







E poi ci sono i figli degli altri. Quelli che fanno cose “che i tuoi mai”. 

Ai miei tempi le figlie degli altri rimanevano incinte prima del matrimonio. Tutto d’un tratto i genitori divenivano “poveri cristi”: costretti loro malgrado a portarsi sulle spalle il peso della vergogna. E sì perché al contempo la ragazza diveniva una “poco di buono” e del padre di quel bambino non si diceva nulla. 
Per pagare l’onta di quell’affronto, una mia amica dei tempi del liceo dovette ricorrere al matrimonio riparatore ed i genitori le vietarono persino di dormire con il ragazzo-marito fino al conseguimento della maturità classica. Così trascorse in casa i mesi della gravidanza, sola. Dopo la maturità e la nascita della bambina continuò a vivere con i genitori ed il marito. Scappò di casa dopo un po’ di anni dopo e venne da me a L’Aquila, destando ancora scandalo. 

C’erano anche i figli degli altri che andavano male a scuola, la marinavano e spesso venivano bocciati. Anche questa era un’onta pesante per le famiglie perbene. I loro figli erano sempre perfetti, bravi: “tutti otto e nove” , così li presentavano.

I figli degli altri erano spesso maleducati, vestivano male, partecipavano a manifestazioni politiche.
I figli degli altri sarebbero quelli che rovinano i bravi ragazzi, distogliendoli dalla “favolosa realtà” che i genitori impongono, mentre invece è solo dalla contaminazione, dalla conoscenza che nascono nuovi mondi, possibili.

I figli degli altri, oggi, esistono ancora. A volte sono omosessuali. E allora i genitori dei bravi ragazzi possono persino dire che quei figli degli altri “sono fragili, fisicamente e psicologicamente, cedono ad ogni pulsione erotica e da loro c’è da aspettarsi che possano esercitare su povere creature indifese (i bambini n.d.r.) violenze inaudite e mostruose”. Queste parole sono come pietre e vengono scagliate così come sui figli degli altri anche sui propri “bravi ragazzi”. Perché esistono ancora i ragazzi e le ragazze che di nascosto fanno come i figli degli altri. E si aprono ad altre possibilità.
Ragazzi che vivono doppie vite, costretti a nascondere le amicizie, i pensieri, le idee, la libertà. Giovani uomini e donne invischiati in contesti perbene che vivono la loro gioventù di nascosto, con i figli degli altri. Con quei ragazzi e ragazze che li arricchiscono, li fanno riflettere, li accompagnano verso la tolleranza, che non discriminano, che accolgono, che integrano e che, infine, migliorano chi sta attorno a loro, compresi i genitori. 

Anch’io nel mio piccolo non sono stata una figlia perfetta ma so che le mie imperfezioni sono state una ricchezza per la famiglia, per mamma e papà, anche quando “soffrivano per me”.
Come madre imperfetta sono cresciuta con i miei figli imperfetti, fieramente accogliente, ma anche critica e aperta alle forti discussioni. Impaurita  a volte, timorosa spesso. 

Un genitore, insomma. Che cerca di fare del suo meglio indipendentemente dal suo orientamento sessuale, da quello dei figli e dei figli degli altri

domenica 6 marzo 2016

I genitori degli altri



Ultimamente ho rivisto svariati film che casualmente, o forse no, avevano come tema il razzismo. E più di altre volte mi hanno sconvolto: le parole, l’ipocrisia, il perbenismo presunto. 
Troppe di quelle parole, di quegli atteggiamenti, di quei pregiudizi, mi hanno ricordato quello che negli ultimi tempi ho letto, sentito e percepito in occasione del riconoscimento dei diritti agli omosessuali. 

Quando ero piccola,  adolescente, degli omosessuali neanche si parlava. Semplicemente non esistevano: relegati, evidentemente, in qualche angolo nascosto delle famiglie e della società. Nessuno della moltitudine di amici che avevo era omosessuale o si “sospettava” che lo fosse.  Saperli ora felicemente in coppia o tristemente soli, mi ha fatto capire come fossi, allora, chiusa nel mio mondo fatto di una normalità creata da una presunta vergogna che dovevano provare tutti coloro che  non fossero allineati col “sentire comune”.
Che non andassero a messa, che fossero un po’ troppo di sinistra, ragazze madri, separati, abbandonati dalle proprie donne, adottati, neri, gialli, non erano solo una minoranza, ma non erano affatto graditi.  

Il termine omosessuale non ricorreva, si diceva “FROCI” e significava reietti. Il termine “LESBICA”  l’ho imparato con Saffo, ma le donne brutte o belle e non accoppiate, si riteneva che, semplicemente, non avessero mai incontrato un uomo vero. 

Quando ero incinta per la prima volta, veniva spesso a trovarmi il figlio adolescente di una mia amica. Mi portava dei fiori e sperava che mio figlio fosse femmina. Mi parlava delle sue passioni. L’arte, la musica. Era fantastico, si sentiva il fratello maggiore di mio figlio. Era un ragazzo molto sensibile, delicato. Non so niente di lui, ora, se non che è andato via dall’Italia. Come tanti altri, alcuni miei conoscenti. Che per non mettere in imbarazzo la famiglia, per non essere emarginati,  per cercare di essere se stessi, hanno scelto di farlo altrove: lontano da occhi indiscreti. 

Di giovani continuo a vederne tanti e non mi interessa cosa siano, piuttosto quel che diverranno. Mi chiedo spesso cosa sia la “pari opportunità” anche se dentro di me so che, nonostante tutto,  dipende da dove nasci, come nasci, da chi nasci. E se nasci omosessuale, in Italia, da una famiglia bigotta, hai bisogno delle famiglie degli altri, delle mamme degli altri, degli amici degli altri.
Ecco, io sono gli altri, non per scelta ma per natura. 

Sebbene sia in conflitto per la storia dell’utero in affitto e pensi in continuazione dove ci porterà la fecondazione eterologa, perché siamo essere viventi fallaci, continuo a chiedermi perché questa crisi di coscienza ci investa solo ora che sono in ballo i diritti sacrosanti di persone omosessuali.

E mi rispondo che tutti noi dovremmo sforzarci di essere i genitori degli altri.