domenica 26 giugno 2011

Gente di montagna



Siamo gente di montagna. Cosa vuol dire esattamente non lo so, ma non saprei vivere senza le cime che mi circondano. Da piccola, ad Avezzano, mi faceva compagnia il Velino, lo vedevo dalla finestra della mia camera. Andavo in montagna col mio papà dapprima su percorsi brevi, ma ben presto sulle cime più alte. Da 36 anni mi tiene compagnia il Gran Sasso che mi piace scalare ogni anno, assieme a tutte le sue cime e al Sirente, il Velino e i Monti della Laga con le loro cascate. Non è solo una questione che riguarda la vista però: in montagna senti degli odori, odi dei rumori, senti sulla pelle quella bellissima aria che altrove non c’è. E persino il gusto è diverso. Non mi dite che pane e frittata ha lo stesso sapore al mare!!!
Così finalmente anche quest’anno sono tornata sulle cime: le gambe reggono, il fiato anche. Arrivata a Campo Imperatore avevo voglia di salire ovunque: Monte Prena, Camicia, Brancastello, Corno Grande. Ho scelto Pizzo Cefalone. Peccato che una persistente nuvola mi ha tolto il gusto del panorama. Ma la salita è stata bellissima. Da lì  si vede tutto. L’Altopiano delle Rocche sembra un terrazzo verde!
Gente di montagna: scendendo già pensavo alla settimana dopo. Magari in bicicletta: «Potrei salire con la funivia, farmi tutta la piana e poi riscendere, ma sì, non l'ho mai fatto» pensavo. La funivia però è ferma, non so perché e fino a quando. In più a Campo Imperatore sono chiusi sia l’albergo che l’ostello. Non c’è un bar e neanche una toilette. Perché? Mi hanno detto che lo storico albergo  sarà oggetto di una importante ristrutturazione che inizierà  nei primi mesi del prossimo anno, con l´obiettivo di riportare nei circuiti nazionali ed internazionali l´hotel "Campo Imperatore" come struttura turistica ad almeno quattro stelle.  Quindi? Per quest’estate e anche l’inizio dell’inverno non ci sarà nulla a Campo Imperatore? Come si può fare questo ad una montagna? Non capisco, forse non ho le giuste notizie. Ma ho un senso di nausea pazzesco. Continuerò ad andare a Campo Imperatore, senza quel buon caffè del bar e senza quella sensazionale toilette con vista Corno Grande.
Mi chiedo se non sia possibile attrezzare una struttura provvisoria e cominciare a puntare davvero sul turismo di montagna! Un luogo meraviglioso dove con un’attenta informazione sui percorsi, la natura, la storia, la geologia, la flora, potrebbe portare i turisti ad amare quella montagna come la amiamo noi.
Rifugi aperti e attrezzati. Un posto magico dove  se è sereno vedi il mare e sembra che ti ci puoi tuffare. 

Chiudo con questa tristissima foto dell’Hotel Campo Imperatore: quest’anno per vedere l’alba dal Corno Grande non potrò dormire lì  e mi dispiace davvero.

Hotel Campo Imperatore: 25 giugno 2011

lunedì 20 giugno 2011

Avanti!





Di nuovo in centro oggi, al calar del sole. Siamo al solstizio e la luce lungo via Garibaldi era accecante. Solita gente al Boss: sorrisi e saluti. Parlavo con persone aquilane e non, per un servizio sull’Aquila da inserire in un racconto sui luoghi abbandonati in Italia. Mi è presa una tristezza, un misto di disperazione e rabbia, di solitudine, persino di noia. In Piazza Santa Maria Paganica pensavo di svenire. Guardavo la chiesa, palazzo Ardinghelli, la piazza e  e tentavo di fermare i ricordi, ma quelli correvano via e mi lasciavano sempre più sola. Il rumore dell’acqua della fontana era assordante e avevo voglia di giocare a pallone con quel bambino. Così ho pensato di andare via e pensando alla strada per arrivare qui a Cese ho avuto paura: quant’è lunga questa strada! Così ho fermato l’automobile a San Francesco.  Son volata al quinto piano: casa mia. Ho aperto la finestra della camera di Davide, quella esposta a sud, vista città. E l’ho vista da lì.
Ho capito che non è più il tempo delle lacrime e delle macerie, di far capire agli altri, di sentirsi impotenti. Basta! E’ il tempo di costruire, cominciando a darsi una ripulita. Dall’immagine che hanno di noi, dall’immagine che abbiamo di noi stessi. Siamo aquilani, cittadini, con diritti e doveri: il diritto di partecipare, conoscere, essere informati, il dovere di guardare avanti.
Coraggio!!

mercoledì 15 giugno 2011

Ordinanze e ritorsioni






Non è finita, le ordinanze continuano a schiacciarci. Leggo l’ultima del 13 giugno 2011 (la numero 3945) ed in particolare l’articolo 3. Nel comma 1 si precisa che i lavori sulle parti comuni degli edifici classificati “E” (gravi danni da terremoto) e degli aggregati strutturali, devono iniziare entro venti giorni dalla concessione del contributo e terminare nei tempi indicati nel preventivo di spesa allegato alla domanda di contributo. Il comma 3 sancisce la stessa regola per le singole unità immobiliari con esito “E”: il comune dispone il termine di inizio e fine lavori tenendo conto  dei tempi indicati nel preventivo di spesa e anche dei lavori sulle parti comuni.
Fin qui ci siamo.
Cosa succede decorsi i termini stabiliti? I nuclei familiari interessati (fatte salve situazioni di particolare complessità) perdono il diritto alla utilizzazione di un alloggio C.A.S.E. e dei MAP o del Fondo immobiliare o altre forme di assistenza alloggiativa alternativa, mantenendo il diritto al contributo per l’autonoma sistemazione solo per un ulteriore periodo massimo di 4 mesi.
Provo a tradurre: il mio appartamento dovrà essere ricostruito nei termini stabiliti, per esempio aprile 2013 (magari!!!!!!!!!!!!!). Per motivi dipendenti dall’impresa (che badate bene dovrà pagare una mora salatissima se non rispetta i tempi- questo è specificato nella gara che si è appena conclusa-), la stessa ci dice che consegnerà gli appartamenti con due mesi di ritardo. A parte la notevole arrabbiatura , avrei anche l’ulteriore disagio di dover abbandonare l’alloggio del progetto C.A.S.E.  e trovarne uno di fortuna per due mesi?  Mi piacerebbe sapere se la stessa ritorsione la avrei nel caso l’impresa iniziasse più tardi i lavori e se cioè, stabilito l’inizio a ottobre 2011 (magari!!!!!!!!!!!!!!) , la ditta per motivi suoi decidesse di iniziare a gennaio 2012 (magari!!!!!!!!!!!!!!!!!). Devo lasciare il progetto C.A.S.E. e cercarmi una casa?
Nel caso questa ritorsione fosse valida solo per ritardi di fine lavori e non di inizio, qualcuno mi spiega che fretta ci sarebbe tra due anni (magari!!!!!!!!!!!!!!!) a liberare un appartamento del progetto C.A.S.E. o un MAP? Avremo ancora sfollati? Oppure la misura ritorsiva è pro-studenti fuori sede (magari!!!!!!!!!!!)? 

Oppure è punire te perché non si può punire l’altro?

Io rientrerò a casa mia non appena verrà ripristinato l’impianto idrico ed elettrico, anche se saranno ancora in corso lavori, non vedo l’ora!

Macerie d’ordinanza




Ordinanza  della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3945 del 13 giugno 2011: spacciata per l’ordinanza delle macerie.
Accade che l’articolo 9 di questa ordinanza sostituisce una parola di un comma di un articolo di quella precedente (n. 3923, febbraio 2001) che ora suona così: « Il commissario delegato, ai sensi dell’articolo [……..] PUO’ OPERARE (invece che opera) in via sostitutiva in materia delle attività di gestione dei rifiuti di cui alla presente ordinanza [….]».
Inoltre si elemina una frase dello stesso articolo che, quindi, suona così: « A tal fine il Commissario delegato, per tramite del soggetto attuatore, predispone il piano di gestione delle macerie». La frase eliminata sanciva che il Commissario dovesse sentire il comitato di indirizzo e pianificazione di cui al comma 2. Ricordo che Il sudetto comitato di indirzzo, presieduto dal Sindaco dell’Aquila e costituito dal Commissario stesso, è composto dai Sindaci e dai Presidenti delle Province dei comuni interessati dal sisma, nonché da rappresentanti del Ministero dell’Ambiente, della Protezione Civile, del Ministero dei beni culturali, dei Vigili del Fuoco, del Provveditorato alle Opere Pubbliche, del Corpo forestale dello Stato, di ISPRA e ISS.
In realtà, poi, il Piano Gestione macerie viene predisposto nell’ambito di un comitato un po’ più ristretto (comma 2 dell’articolo 9 della nuova ordinanza) e che comprende il Sindaco dell’Aquila, in qualità di Presidente e altri sindaci rappresentanti di aree omogenee.
Nel successivo articolo 10 vengono cancellate intere frasi dell’ordinanza precedente che risulta così modificata: « Nelle more dell'avvio delle operazioni di trasporto delle macerie derivanti dai crolli, [….] le imprese incaricate[….] possono effettuare il trasporto dei rifiuti provenienti dalle demolizioni stesse di cui all'articolo 1, commi 1 e 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3923 del 18 febbraio 2011, sino ai siti di stoccaggio… ».  Faccio notare che dopo l’ultima parola “stoccaggio” viene eliminato l’aggettivo “provvisorio” e la sua definizione (con tanto di risorse) che viene sostituita dall’aggettivo autorizzati. Naturalmente viene in concomitanza abrogata l’ordinanza 3940 di circa un mese fa.
Quindi in soldoni che succede? Per il trasporto delle macerie tornano in gioco anche i privati autorizzati e non solo la filiera pubblica; anche i privati possono portare le macerie fino ai siti di stoccaggio autorizzati. Viene spontanea una domanda, anzi due: quali sono questi siti di stoccaggio (ancora solo uno?)? Dopo che le macerie arrivano ai siti di stoccaggio che succede?

E parliamoci chiaro, oltre a queste norme e regole, esiste un progetto vero e proprio per il riciclo delle macerie? Esiste un piano finanziario con costi e ricavi? Esiste un cronoprogramma che ci dica, per esempio, quanto tempo occorrerà per liberare dalle macerie la nostra città e i nostri paesi? Queste macerie porteranno lavoro? Insomma le macerie di chi sono?

martedì 14 giugno 2011

Giorgio Clelio Stracquadanio (2)




Onorevole Giorgio Clelio Stracquadanio,
non è la prima volta che le scrivo, ma sa, mi hanno segnalato una delle sue esternazioni che non riesco a definire meglio di  volgare. La sua esternazione: «Perché noi su internet non riusciamo a vincere? Ma scusate hanno un esercito che alle due di pomeriggio va casa e non fa un cazzo…..», precisando poi che questo esercito di 4 milioni di persone, magari nemmeno in ufficio lavora ….
Mi pregio di informarla che l’uso del computer non è a tempo e spesso, mentre lei si riposa dalle sue fatiche tipo “votare in commissione, scrivere qualche articolo magari un po’ ragionato”, per il suo ben noto vizio di avvalorare le sue tesi con dei fatti, c’è gente che, non trovando interessante l’informazione delle reti pubbliche (da voi gestite), si diletta a cercare di essere attivo socialmente e, magari, ha il suo stesso vizio: farsi delle opinioni sui fatti, quelli veri. Su internet!!
Mi pregio ancora di informarla che dalle ore 14.00 alle ore 22.00, in genere, gli statali hanno un sacco di cose da fare (naturalmente per i giorni nei quali non sia previsto il rientro sul posto di lavoro): primo tra tutti, vivere, poi cercare di arrabattarsi per arrivare a fine mese. A maggior ragione se sei statale e anche donna e c’hai pure la sfiga di aver sposato un altro statale e c’hai figli. Magari smanetti su internet perché in rete ci lavori, per arrotondare le entrate mensili e pagare un muto, o i libri per i figli, o forse una piccola vacanza. E navighi con una connessione a singhiozzo che rubi al tuo vicino perché neanche ti puoi permettere di pagare l’ADSL, se per caso ti raggiunge.
Sempre per sua informazione le rivelo che la maggior parte del popolo di internet è giovane e troppo spesso sono disoccupati, precari, che, se sono fortunati,  si alienano per 6 ore in un call center e poi si creano un bel blog che, se è minimamente seguito, rende loro anche qualche Euro, di pubblicità.
Poi c’è gente come me e  milioni di altri, che su internet ci lavora, crea connessioni, si scambia informazioni lavorative,  fa video-conferenze, persino l’e-learning, rendicontazioni di progetti europei, dirette streaming di eventi, creazioni artistiche … insomma fa rete.
Per vincere su internet (e non solo) non bisogna saperlo semplicemente usare o avere la possibilità di connettersi, bisogna avere idee.
Il futuro non è degli smanettatori, ma di chi ha un progetto reale per il futuro e lo porta avanti.
Alla prossima
Giusi Pitari


lunedì 13 giugno 2011

Poi ... si vedrà.



Una gran bella giornata oggi 13 giugno 2011, storica direi. Per i cittadini italiani tutti, quelli che senza alcun appoggio, se non quello della propria convinzione, si sono presi la libertà di scegliersi un pezzo di futuro. Cittadini che hanno portato avanti una lunga battaglia,  che hanno sentito forte di non volersi solo indignare ma di dare un senso alla propria dignità, quelli che si sono improvvisati “attivisti”, che hanno esposto bandiere e ci hanno messo la faccia.
E stasera mentre sento assurde valutazione politiche , tra cui che i cittadini non avrebbero attentamente valutato l’impatto economico dei sì, mi sono fermata a godermi questo vento fresco che mi sembra porti, di nuovo, i profumi di un’estate alle porte.
Questa vittoria, desiderata, inseguita, agognata è più di un risultato. Non è nemmeno un traguardo. E’ una presa di coscienza: ci siamo svegliati e siamo andati a votare. Punto. E ci piacerebbe continuare ad assaporare questa libertà senza che la politica la inquini, ancora una volta.
Sono aquilana e a questo sogno realizzato, subito se ne sussegue un altro. Se fossimo chiamati a rispondere ad un referendum del tipo: «Desiderate ricostruire la vostra città e tutto il territorio terremotato all’insegna della sicurezza, prima di tutto strutturale, ma anche lavorativa ed economica, volete un territorio che risorga in tutta la sua bellezza coniugata all’innovazione, che sia eco-sostenibile, che punti all’efficienza energetica ma non solo, anche amministrativa realizzando  trasparenza nelle scelte  e promuovendo la partecipazione dei cittadini?» il quorum sarebbe uno scherzo e i sì sarebbero il 100%.
Ecco, facciamo conto di aver fatto questo referendum e rimbocchiamoci le maniche. Partecipiamo al difficile processo che ci vedrà protagonisti: attraverso idee, dibattiti e soprattutto proposte. Un programma, pieno di concretezza e progetti. Che poi potrebbe significare scegliere, attraverso consultazioni trasparenti, chi potrà realizzarlo con efficacia attraverso il nostro sostegno, non solo di voto, ma soprattutto di lavoro e professionalità.
Con arguzia e lungimiranza, degne della peggior politica legata ai partiti, la città dell’Aquila, assieme ai suoi borghi, è stata divisa più volte durante gli ultimi due anni. E la rabbia che sento ora in questo giorno così bello per la mia nazione, mi fa capire che non dobbiamo più essere soli, non dobbiamo assecondare l’ingordigia di chi desidera perpetrare ancora logiche affaristiche, escludendo, chi spera di poter avere uno straccio di vita in questo territorio, da scelte importanti. I cittadini aquilani si trovano da soli con problemi che a raccontarli ci si sente persino ridicoli: soli ed esclusi. Costretti a leggere sui giornali i balletti di tutti, con scambi di accuse e responsabilità, mentre da lontano continuo a non vedere neanche una gru in città. Dove non riesco a capire chi decide cosa, dove sono i soldi, quando rivedrò casa, come sarà la mia città, se verranno ricostruiti i centri storici, se ci sarà lavoro, se dovrò restituire le tasse a novembre, se … se … se.
Facciamo conto di aver fatto quel referendum e creiamo assieme un’alternativa credibile, in termini concreti. Poi si vedrà!

venerdì 10 giugno 2011

Verso una città





La pianta dell'Aquila


Non sono poche le persone che mi chiedono “Ma perché a L’Aquila la ricostruzione è ferma?” ed io in due parole non so spiegarlo. Se dico che non ci sono i soldi, qualcuno obietta che il commissario dice che ci sono e il discorso si fa difficile.
Dopo l’ultima assemblea cittadina incentrata sulla ricostruzione dei centri storici, ho cercato di mettere un po’ di ordine all’interno della mia confusione e, sinceramente, non ci sono riuscita del tutto. All’inizio, sentendo le ragioni del nostro assessore Di Stefano, ho capito che c’è un gran ritardo dovuto alla fumosità di alcune ordinanze del Commissario che poi, sollecitato dagli ordini professionali, ha emanato delle correzioni. Ecco, la prima cosa da dire è che per ricostruire noi non abbiamo una legge, ma si susseguono ordinanze e linee guida che il Commissario emana aiutato da un’apposita Struttura Tecnica di Missione, presieduta dall’architetto Fontana. Né il Commissario né tanto meno l’architetto Fontana hanno accettato di confrontarsi con la popolazione che, quindi, non ha modo di capire fino in fondo ciò che succede. Ascoltando gli ordini professionali (ingegneri e architetti) è chiaro che la ricostruzione del centro storico non è assolutamente incentrata sulla sicurezza: sembra quasi che, stando così le cose, noi ricostruiremo un centro storico che crollerà di nuovo, prima o poi. Insomma le norme, le linee guida, gli editti dei vari decisori, sono vaghi, ambigui, pieni di crepe, come L’Aquila.
Appare chiaro che esiste un problema di “governance” per la ricostruzione e non poteva essere altrimenti visto che, per esempio, il commissario, nonché Presidente della Regione, nonché commissario alla sanità, nonché non so quante altre cose (tra cui non è aquilano) ha poco tempo da perdere con noi ingrati! E la struttura tecnica di missione capeggiata da Fontana, non sappiamo neanche dov’è e cosa fa. Però, però, però ….. a sentire tutti sembra chiaro che, se le norme fossero scritte perbene, se ci fossero soldi certi, tutto partirebbe. Ed io mi chiedo: con quale destinazione?
Per dirla tutta non sono affatto sicura che la questione ricostruzione si esaurisca dipanando la matassa delle regole. Io non ho visto alcun progetto, alcuna pallida idea di cosa sarà la città, di come restituiremo al futuro i nostri centri storici. Stiamo andando verso il “com’era, dov’era”, oppure no (spero di no)? Abbiamo un’idea generale della città che dia una direzione ai progetti degli aggregati? Chessò, cosa costruiremo laddove gli immobili dovranno essere abbattuti? Abbiamo previsto, per esempio, che tipo di innesti vogliamo in una città antica che parli di noi e di sicurezza? Sappiamo cosa vogliamo assolutamente conservare e in che modo?
Un progetto, quello ci manca per essere credibili! Un progetto per la città, ma anche per le periferie che, difatti, ricrescono disordinate e variamente colorate, senza senso. Come era prima. Manca un progetto per il recupero delle macerie (anche quelle normate male), ma mentre si chiede di riscrivere le regole, chiediamo di munirci di tecnologie adatte, presentiamo preventivi, progetti e a gran voce, tutti, insistiamo per l’attuazione.
Le critiche alle ordinanze lasciamole fare ai tecnici, che i politici si occupino di portare avanti le  istanze, ma che elaborino, assieme alla cittadinanza, l’unica carta vincente: un progetto partecipato.
Immaginavo, infatti, che il dopo terremoto sarebbe stato caratterizzato da un continuo scambio tra professionisti, anche non locali, perché è necessario cogliere questa opportunità: rifare la città del futuro assieme.
E poi che soddisfazione! Andare a schiena dritta presso commissari, sottosegretari e dire “Ecco la città, come la vogliamo noi” il tutto corredato di progetto, valutazione finanziaria e cronoprogramma.
Stupisce, infatti, che solo ora ci si avvii a determinare la valutazione del danno, perché poi sorge spontanea una domanda: quanti soldi ci sono, quanti ne verranno erogati e come?
 Quando il rappresentante dell’ordine degli ingegneri ha detto, in assemblea: “Ma se qui vengono approvati un certo numero di progetti e i soldi per tutti non ci sono, che si fa?” In soldoni, se tutti gli aggregati (circa 2000) presentano i progetti di ricostruzione e questi vengono approvati tutti, come si fa a partire? Mi ero posta questa domanda un sacco di volte e pensavo che fosse troppo ingenua ! E invece questo problema esiste, perché non c’è un progetto, una visione di insieme! Se questa ci fosse, invece che menar il can per l’aia, al sottosegretario Letta si potrebbe dire: “ Orbene, ci  occorrono  12 miliardi di Euro (conto fatto a spanne da me) per gli aggregati dei centri storici, i progetti sono pronti, poi ci occorrono altri “X” miliardi per il progetto di città che abbiamo elaborato, dunque che facciamo? “ E invece non ci è dato di sapere cosa si discute con Letta: di regole e regolette, di come fare per far in fretta? Cosa? Mi chiedo cosa, dove stiamo andando?