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venerdì 10 giugno 2011

Verso una città





La pianta dell'Aquila


Non sono poche le persone che mi chiedono “Ma perché a L’Aquila la ricostruzione è ferma?” ed io in due parole non so spiegarlo. Se dico che non ci sono i soldi, qualcuno obietta che il commissario dice che ci sono e il discorso si fa difficile.
Dopo l’ultima assemblea cittadina incentrata sulla ricostruzione dei centri storici, ho cercato di mettere un po’ di ordine all’interno della mia confusione e, sinceramente, non ci sono riuscita del tutto. All’inizio, sentendo le ragioni del nostro assessore Di Stefano, ho capito che c’è un gran ritardo dovuto alla fumosità di alcune ordinanze del Commissario che poi, sollecitato dagli ordini professionali, ha emanato delle correzioni. Ecco, la prima cosa da dire è che per ricostruire noi non abbiamo una legge, ma si susseguono ordinanze e linee guida che il Commissario emana aiutato da un’apposita Struttura Tecnica di Missione, presieduta dall’architetto Fontana. Né il Commissario né tanto meno l’architetto Fontana hanno accettato di confrontarsi con la popolazione che, quindi, non ha modo di capire fino in fondo ciò che succede. Ascoltando gli ordini professionali (ingegneri e architetti) è chiaro che la ricostruzione del centro storico non è assolutamente incentrata sulla sicurezza: sembra quasi che, stando così le cose, noi ricostruiremo un centro storico che crollerà di nuovo, prima o poi. Insomma le norme, le linee guida, gli editti dei vari decisori, sono vaghi, ambigui, pieni di crepe, come L’Aquila.
Appare chiaro che esiste un problema di “governance” per la ricostruzione e non poteva essere altrimenti visto che, per esempio, il commissario, nonché Presidente della Regione, nonché commissario alla sanità, nonché non so quante altre cose (tra cui non è aquilano) ha poco tempo da perdere con noi ingrati! E la struttura tecnica di missione capeggiata da Fontana, non sappiamo neanche dov’è e cosa fa. Però, però, però ….. a sentire tutti sembra chiaro che, se le norme fossero scritte perbene, se ci fossero soldi certi, tutto partirebbe. Ed io mi chiedo: con quale destinazione?
Per dirla tutta non sono affatto sicura che la questione ricostruzione si esaurisca dipanando la matassa delle regole. Io non ho visto alcun progetto, alcuna pallida idea di cosa sarà la città, di come restituiremo al futuro i nostri centri storici. Stiamo andando verso il “com’era, dov’era”, oppure no (spero di no)? Abbiamo un’idea generale della città che dia una direzione ai progetti degli aggregati? Chessò, cosa costruiremo laddove gli immobili dovranno essere abbattuti? Abbiamo previsto, per esempio, che tipo di innesti vogliamo in una città antica che parli di noi e di sicurezza? Sappiamo cosa vogliamo assolutamente conservare e in che modo?
Un progetto, quello ci manca per essere credibili! Un progetto per la città, ma anche per le periferie che, difatti, ricrescono disordinate e variamente colorate, senza senso. Come era prima. Manca un progetto per il recupero delle macerie (anche quelle normate male), ma mentre si chiede di riscrivere le regole, chiediamo di munirci di tecnologie adatte, presentiamo preventivi, progetti e a gran voce, tutti, insistiamo per l’attuazione.
Le critiche alle ordinanze lasciamole fare ai tecnici, che i politici si occupino di portare avanti le  istanze, ma che elaborino, assieme alla cittadinanza, l’unica carta vincente: un progetto partecipato.
Immaginavo, infatti, che il dopo terremoto sarebbe stato caratterizzato da un continuo scambio tra professionisti, anche non locali, perché è necessario cogliere questa opportunità: rifare la città del futuro assieme.
E poi che soddisfazione! Andare a schiena dritta presso commissari, sottosegretari e dire “Ecco la città, come la vogliamo noi” il tutto corredato di progetto, valutazione finanziaria e cronoprogramma.
Stupisce, infatti, che solo ora ci si avvii a determinare la valutazione del danno, perché poi sorge spontanea una domanda: quanti soldi ci sono, quanti ne verranno erogati e come?
 Quando il rappresentante dell’ordine degli ingegneri ha detto, in assemblea: “Ma se qui vengono approvati un certo numero di progetti e i soldi per tutti non ci sono, che si fa?” In soldoni, se tutti gli aggregati (circa 2000) presentano i progetti di ricostruzione e questi vengono approvati tutti, come si fa a partire? Mi ero posta questa domanda un sacco di volte e pensavo che fosse troppo ingenua ! E invece questo problema esiste, perché non c’è un progetto, una visione di insieme! Se questa ci fosse, invece che menar il can per l’aia, al sottosegretario Letta si potrebbe dire: “ Orbene, ci  occorrono  12 miliardi di Euro (conto fatto a spanne da me) per gli aggregati dei centri storici, i progetti sono pronti, poi ci occorrono altri “X” miliardi per il progetto di città che abbiamo elaborato, dunque che facciamo? “ E invece non ci è dato di sapere cosa si discute con Letta: di regole e regolette, di come fare per far in fretta? Cosa? Mi chiedo cosa, dove stiamo andando?






































domenica 27 febbraio 2011

CAMPO-SANTO



Il cimitero di Avezzano è un luogo freddissimo. Quando c’andavo con mia madre, ricordo che ero sempre triste, anche perché, nella brutta stagione, le piante, i fiori, tutto, era cotto dal gelo! Col tempo ho imparato a passeggiare nel camposanto, ricordando chi non c’è più; cercando di intercettare quel soffio che mi dice che per i miei cari è una gioia vedermi.
Il camposanto, un luogo spirituale, dove il gelo fa impressione e costringe a scaldarti dei ricordi.
Stamane ho avuto il coraggio di scendere i gradini del piccolo parco sovrastante Piazzale Paoli, le case della Villa. Mentre passeggiavo ho avuto la netta sensazione di trovarmi in un Campo-Santo e immagino che per molti via Campo di Fossa e dintorni sia proprio quello: un luogo Santo, puramente spirituale, nel quale è assurdo fare fotografie, parlare o immaginare. Si viene avvolti dal silenzio e dentro quello arriva un soffio, morbido, carezzevole, una specie di gratitudine, perché sei lì e ricordi.
Non ho fotografato nulla tranne una casa tra le grate di un giardino: è avvolta da un glicine, forse secco, gelato, immobile, aggrappato ancora ai muri di una casa vuota, buia .. assente.
Ho deciso che ripulirò quel piccolo parco di Piazzale Paoli, perché la città lo deve a quei soffi di vento che ti avvolgono quando sei lì. E’ un dovere per tutti noi immaginare che quel luogo diventi un vero Campo-Santo. Un luogo spirituale nel quale l’unica vita possibile è quella degli alberi e dei giardini. Perché il resto sa di ignoranza,  di speculazione, di disattenzione, di apparenza. Quella zona non è stata attraversata da una guerra, ma dall’oblio. Quello che ha permesso di edificare case su un terreno di riporto, su caverne e cunicoli antichi, che è crollata dietro responsabilità che si perdono nel tempo, lasciando lì solo soffi di giovani, adulti, bambini che hanno bisogno di vederci passeggiare tra loro in silenzio, per sentirli.

Per questo, anche per questo ci vuole un Masterplan e un piano di ricostruzione che assicuri a chi abitava lì e ce l’ha fatta, una casa sicura e bella, come erano quelle.

giovedì 12 agosto 2010

Omertà


Sono in vacanza da 2 settimane. In vacanza, sì, ma non so da cosa.
Neanche le vacanze sono più le stesse per un aquilano.
Ora sono a Siracusa e non posso non chiedermi perché ad un Siracusano dovrebbe fregargliene qualcosa dell’Aquila, o perché dovrebbe sapere come stanno le cose. Un documentario su Rai3 a mezzanotte: scommetto che eravamo solo noi aquilani sparsi per la penisola a guardarlo.

Però un po’ ti distacchi e allora di incazzi pure di più.

Ad agosto figuriamoci se succede qualcosa di decisivo per la città! Eppure “et voilà” viene fuori un bando …. i bandi di agosto: sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 95 del 18 agosto il bando per la realizzazione di una piazza all’interno di Piazza d’Armi. Lo ha reso noto l’assessore alla Ricostruzione, Piero Di Stefano, ricordando che tale progetto, redatto dall’architetto Mario Cucinella, prevede l’allestimento di tale spazio a beneficio del mercato storico di piazza Duomo e per le varie funzioni di aggregazione sociale.
Mario Cucinella, 48 anni, nato a Palermo, cresciuto a Genova dove ha fatto parte del team di Renzo Piano, passato per Parigi e adesso di base a Bologna, ha realizzato un masterplan per Piazza D’Armi: lo ha integrato anche all’interno della città? E quale città? La vecchia o la nuova? Chi ha pagato? Quanto?
Ricordo bene che il Sindaco Cialente ci aveva detto che tale progetto era antecedente al terremoto, quasi a giustificare di averlo fatto realizzare da un noto architetto, non aquilano, naturalmente! Ed alcuni miei amici, molto informati, erano a Bologna, qualche mese fa, quando qualcuno illustrò il progetto. Rimasero di stucco! Non ne sapevano nulla.
Ecco cosa accade a L’Aquila: che uno va a Bologna e un celebre architetto illustra un progetto per la città. E i cittadini nulla ne sanno.
Io sono stanca, davvero stanca.
Voglio sapere, perché è un mio diritto come cittadina, cosa si ha in mente per la mia città, per ogni suo angolo, strada, vicolo, piazza.
Voglio sapere chi sta ridisegnando la mia città, chi sono i “decisori” come dice il mio amico Antonello.

Poi se a Siracusa o a Milano hanno un concetto distorto della mia città, comincio a considerarlo un effetto collaterale.
Di una informazione insufficiente. Di omertà.


venerdì 16 luglio 2010

Le Leggi di Murphy


Le Leggi di Murphy sono un insieme di detti popolari a carattere ironico. Il principio fondatore è: «Se qualcosa può andar male lo farà».
Ho ripreso una di queste “leggi”, quella di Marte: «Un esperto è uno di fuori.» E a L’Aquila questo è vero più che altrove.
Così succede, ad esempio, che  nel cosiddetto “più grande cantiere d’Europa” il settore edilizio locale stenta, addirittura durante la costruzione del progetto C.A.S.E. i lavoratori aquilani sono stati esclusi. In radio, qualche mese fa, ho sentito il titolare di una di queste imprese, del Nord, che asseriva: «Si è fatto un gran lavoro, le imprese locali non sarebbero state capaci».
Andando avanti con gli esempi troviamo la Struttura Tecnica di Missione istituita dal Commissario per la ricostruzione Chiodi, per supportarlo tecnicamente e amministrativamente nella sua carica. Il coordinatore è l’architetto Fontana, rigorosamente non aquilano e a suo supporto dovevano esserci non più di 30 persone di cui almeno 15 da assumere per concorso, gli altri nominati dallo stesso direttamente, comandando dipendenti statali con determinate funzioni. Di questi ultimi non sappiano nulla (certamente non sono aquilani) per gli altri è stato appena bandito un concorso per nove posti (tra contabili, tecnici, amministrativi e informatici): non sono di certo riservati agli aquilani.
Arriviamo ieri alla conferenza stampa del Commissario dove si parla di ricostruzione. Alla domanda «Esiste un masterplan per la città dell’Aquila?» durante la trasmissione Porta a Porta del 6 aprile u.s.,,Chiodi si era esibito con la storica risposta «Mi permetta il dovuto riserbo», nei confronti della quale tutti rimanemmo di stucco. Ieri durante la conferenza stampa, appunto, ci aspettavamo che fosse tolto quel dovuto riserbo.
E invece dal cilindro vengono tirati fuori nomi altisonanti, di esperti che dovranno cominciare a disegnare la città, insomma un laboratorio di idee, non il Masterplan. Dopo 15 mesi idee, ancora idee. E gli aquilani non sono buoni neanche per le idee perché naturalmente questi esperti vengono da fuori, sennò che esperti sono?
Per carità persone degne di ogni rispetto: fra gli altri il premio nobel per l'architettura Alvaro Siza, Vittorio Magnano Lampugnani, urbanista che ha partecipato al processo di ricostruzione di Berlino, Cesare Trevisani e Paolo Leon, esperti di infrastrutture e economia e il sociologo Aldo Bonomi.
«Un modo insomma per uscire dall'autoreferenzialità del provincialismo», asserisce Chiodi.
Ma dove?
Alcuni architetti aquilani hanno lavorato molto ad un’idea di città (Colettivo99), magari nella conferenza con questi nomi altisonanti si potevano anche invitare per presentarla! Oppure altri architetti, sempre rigorosamente aquilani, che circa un anno fa si confrontavano con nomi molto importanti, e, chessò, i nostri storici, i nostri sociologi, quelli che hanno il polso, almeno invitarli!

All’Aquila c’è un sacco di gente che le idee ce le ha, ha i progetti, ha lavorato … purtroppo, credo, a vuoto!
Ma sì, basta con questa autoreferenzialità. Se sei aquilano, non sei esperto, sei autoreferenziale e, soprattutto, hai bisogno di aiuto.

Io non voglio essere aiutata, desidero solo i mezzi per ripartire.