giovedì 31 gennaio 2013

Una città del cavolo








Mi piace questo titolo: “Una città del cavolo”. L’ho copiato dalla mia amica Barbara Summa. Ha scritto un libro che devo ancora leggere e si chiama  "La risposta del cavolo" ed è una guida semiseria per genitori disperati alle prese con domande dei figli su sesso e società.  Il suo  blog è davvero interessante, divertente e sagace. 

La mia riflessione non è una guida semiseria per muoversi in una “città del cavolo”, ma proprio una descrizione di quello che succede in questa cavolo di città, L’Aquila.
Basta poco, eh! In fondo serve solo che uno racconti una giornata tipo, o un pomeriggio del cavolo come quello che ho trascorso oggi.

E’ successo che mi sono ricavata un pomeriggio libero da trascorrere nientepopodimeno che “agli uffici comunali della ricostruzione”.  E che cavoli! direte voi. E sinceramente lo dico anche io, però - che vi devo dire- il mio contributo agevolato per la ricostruzione devo trasformarlo in contributo diretto. E questa è proprio una bella motivazione del cavolo, specie per chi, giustamente, non sa quale sia il significato. Che poi non lo sapevo neanche io e così, in soldoni, vi spiego che i soldi per la ristrutturazione del mio appartamento e per altri che dovevano essere erogati dalla Cassa Depositi e Prestiti, sono finiti, quindi si passa ad un altro tipo di contributo e speriamo anche di non dover anticipare le spese. 

Arrivata davanti agli uffici, dal momento che non c’era nessuna automobile parcheggiata, ho subito capito che  qualcosa non andava. E infatti c’era: gli uffici di giovedì sono aperti la mattina.
Così, dopo smadonnamenti vari contro me stessa, riprendo l’automobile e vengo assalita da un vuoto gigantesco: che faccio ora? Non un  “che faccio” riferito alla mia pratica, ma proprio un “che faccio” nel senso “dove vado”/”come impiego il mio tempo”. 

Ero vicina al centro storico ed il primo pensiero è andato lì “vado a farmi una passeggiata”. E mi è venuto il solito groppo del cavolo. “Vado a comprare qualcosa”.  Sì, in attesa di un’idea migliore posso fare la spesa. Nel tragitto mi arriva una fulminazione: “Ecchecavoli, è una bellissima giornata me ne vado alla Crocetta (passeggiata in montagna)”. Immediatamente arriva il secondo groppo del cavolo, perché dovrei andare a casa (15 km) vestirmi in maniera adatta, poi fare altri 10 km … e intanto si fa buio: cavoli, neanche questa! Arrivo al supermercato e mi rendo conto che a casa ho tutto e non posso fare provviste perché non c’è spazio per le provviste in quella C.A.S.A. del cavolo! E allora faccio la spesa per mio figlio che abita solo. Lo chiamo e non risponde. “Cavoli! dove la metto ‘sta spesa adesso?”. Meno male mi richiama, è con amici in un bar. Corro gli lascio la spesa e sono punto e a capo.
Allora mi ricordo che devo comprare la bomboletta di CO2 per fare l’acqua gassata. 
Risalgo in macchina –meno male che è a metano- arrivo al centro commerciale e, per la terza volta, mi dicono che detta bomboletta non è arrivata! Qui vengo presa dal terzo groppo del cavolo, non già per la mancanza di acqua gassata, ma perché non so più che carta giocarmi. Intanto si sono fatte le ore 17.00. 

Potrei rientrare a C.A.S.A. ma già so che non mi va. Rapidamente penso e scarto nell’ordine “parrucchiere”, “acqua e sapone”, “decathlon” e “profumeria”, sto quasi per urlare quando penso: “torno al lavoro”. 

E così sono qui a scrivere questo post del cavolo in una città che non è una città del cavolo, che sarebbe già qualcosa.
E’ che non c’è questa città, cavoli!

P.S.: L'immagine riporta, non a caso, le piante che anni fa un ex-Sindaco dell'Aquila decise di comprare per adornare le aiuole, un disastro! Ecco, allora sì che era una CITTA' DEL CAVOLO!

martedì 29 gennaio 2013

Le "nostre" C.A.S.E.








L’articolo più letto di questo blog è il seguente e risale al 24 ottobre 2010:  La mia C.A.S.A. nel progetto C.A.S.E.
A distanza di qualche mese/anno lo aggiorno.

Sono ancora nello stesso appartamento e vi rimarrò ancora fino a fine anno. La mia casa è in via di ricostruzione, non si trova nel centro storico

Queste C.A.S.E., come potete leggere dal sito della  Protezione Civile,  sono dei complessi antisismici, ecocompatibili, per via del fatto che avrebbero delle precise caratteristiche.
La prima è l’anti-sismicità che, però, a distanza di qualche anno è messa in serio dubbio per via di circa 200 smorzatori “farlocchi” che neanche si sa dove siano, cioè sotto quale/i palazzi (leggete qui per approfondimenti).  E questa è solo la prima notizia. 

La seconda è che sarebbero anche eco-compatibili secondo le seguenti caratteristiche:

  • Prestazioni  energetiche: i consumi energetici sarebbero sensibilmente inferiori ai limiti previsti dalla legge, in media 30% in meno, con punte di oltre il 40% per alcune delle soluzioni progettuali. Queste percentuali corrispondono ad un risparmio di 28.500 KW/anno per singolo edificio. In realtà abbiamo ricevuto le prime bollette del gas e tutto questo risparmio non sembra esserci, ma, siccome il Comune si è sbagliato nei  calcoli, magari vi aggiornerò appena avranno finito di rifare i conti.
  • 35mila mq di pannelli fotovoltaici sono installati  sulle coperture degli edifici e sulle pensiline dei parcheggi in tutte le aree, che dovrebbero produrre, complessivamente,  4.500 KW di potenza istallata, per una produzione di 5.400.000 KWh/anno, con un ritorno in termini economici all’amministrazione pubblica di una somma di circa 200.000 euro l’anno che verrà utilizzata per la manutenzione delle aree residenziali;a parte che sembra che non tutti i pannelli funzionino, anche qui c’è una fregatura: quei 200.000 Euro sono il 9,01% del totale del ritorno economico. Perché in fase di costruzione il governo, tramite la Protezione Civile, ha negoziato l’installazione di detti pannelli con l’affitto dei tetti ai privati, sine die, cioè per 20 anni, insomma fino a quando non si dovrà sostituirli. E con 200.000 Euro l’anno certo non si mantengono 19 aree residenziali ove abitano circa 4000 famiglie. Basti pensare che solo per l’acqua necessaria ad innaffiare le aree verdi in 2 anni si sono spesi 58.000 Euro.
  • Ah, già l’acqua per innaffiare e passiamo al prossimo punto.
  • 5.000 lt.!!!!  la capacità di ogni serbatoio per il recupero dell’acqua piovana installato per ciascun edificio, allo scopo di limitare l’utilizzazione dell' acqua dai pozzi.
          Questi serbatoi risultano NON PERVENUTI

Nel frattempo le C.A.S.E. sono state regalate al Comune, proprio come un “cadeaux per terremotati”! Un vero lusso: infatti sembrava che, ora non so come va a finire, i residenti nel progetto, oltre a pagare le spese dei consumi, dovessero sobbarcarsi anche le spese per il giardinaggio, le luci, l’acqua per innaffiare ecc. Cioè non delle case provvisorie per “poveri terremotati” ma dei veri e propri “residence di lusso”. Di 50 metri quadri per quattro persone come appartamenti dove vivere, ed un’immensità di verde nel quale scorrazzare, vedere amici, “barbecuare”, fare feste, insomma tutto. Forse è per questo che non ci sono negozi, bar, centri di ritrovo a parte i tendoni /chiesa!

Quindi il Comune le ha prese in gestione, ‘ste cavoli di C.A.S.E., tra mille problemi,  però, badate bene, mica può fare quello che vuole! Quindi, nonostante ci siano delle persone ancora ospitate in caserma e degli alloggi nel progetto C.A.S.E. vuoti, non è possibile trasferire dette persone in detti alloggi: le “dette persone” non hanno i requisiti stabiliti da non so quale OPCM (ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri). E allora, al momento, si tratta di riempire questi appartamenti con chi ne ha diritto e, magari, non la voglia, perché la gente si è giustamente sistemata autonomamente da ben 4 anni circa e poi, con tempi burocratici infiniti, forse, liberare le caserme. Dove, solo per i pasti, in un anno si sono spesi circa 664.300 Euro! Per circa 120-130 persone: qualcosa come 5000 Euro l’anno a persona, solo per i pasti. Il contributo di autonoma sistemazione costa meno, ma si potrebbe dire “quelli della caserma prima o poi vanno via”, il contributo di autonoma sistemazione durerà più a lungo! Sì più a lungo, non si sa nemmeno quanto, perché i centri storici sono ancora lontani dalla ricostruzione. 
In conclusione le C.A.S.E. sono del Comune, ma non può esattamente farne ciò che vuole!

Rimangono tutti i nostri dubbi sul progetto C.A.S.E., non solo perché non sarebbe neanche anti-sismico e assolutamente non eco-compatibile, non solo perché ci ha consumato inutilmente territorio, non solo perché, per di più, a distanza di pochi anni ha già un sacco di problemi strutturali e non, non solo perché a gestirlo si dovranno spendere ulteriori soldi, ma anche perché ci ha divisi, dall’inizio, e continua a dividerci.

mercoledì 23 gennaio 2013

Il terremoto stanca




Il terremoto stanca.
Non solo fa male, uccide, scardina, sconvolge, romba, spopola e ferisce. Il terremoto stanca. 

Ti fiacca. Più passa il tempo, più ti leva le forze. Ti stanca di giorno e di notte. Fisicamente.
Più cerchi di cacciarlo via, più torna. E ti sfianca. 

Non esiste un momento della giornata nel quale non c’è: c’è quando sali in automobile per percorrere chilometri e recarti al lavoro, sta sulle locandine dei quotidiani, nelle macerie che costeggiano le strade, nelle tensostrutture, le palafitte , i MAP, i container, le gru, le impalcature. E’ dentro tutte le parole che scambi al bar. Sta nei carrelli dei supermercati mai pienissimi perché “dove la metto tutta ‘sta roba”, nelle e-mail, sui fili del telefono. Si presenta anche a scuola, ancor prima che entri nel MUSP. A tavola, con le suppellettili dei terremotati. In balcone, con tutto quello che devi mettere fuori perché dentro non c’è spazio. C’è anche quando stai male e vai a farti una visita in ospedale:  trovi la scritta “Posto fisso di Polizia” su un container.
Sta dentro le bollette che devi pagare, nel tuo stipendio (se ce l’hai), nei moduli che devi riempire, nelle richieste che vuoi fare, nelle riunioni cui partecipi e anche in quelle dove non vai. Riesce ad entrare nel tuo conto corrente e lo prosciuga. 
L’ho visto anche dentro i cassonetti dell’immondizia.

L’ho letto sulle comunicazioni che arrivano a tanti aquilani: comunicazioni di rinvio a giudizio per aver cercato di manifestare il dissenso. Lì dentro, però, c’è un altro terremoto, non quello che ti stanca, neanche che ti fa soffrire. C’è il terremoto di chi ti vuole intimidire, offendere e fartela pagare.

La sera poi è ovunque, soprattutto nei pensieri. Quando non sai che fare. Sali nuovamente in automobile, decidi di andare in città: la immagini, perché non c’è. Arrivi davanti a tutto quell’abbandono e non vedi l’ora di incontrare qualcuno per farti due chiacchiere “Ciao come va? Da quanto tempo! Ma sei rientrata a casa?”. Eccolo! si piazza anche lì, dove volevi distrarti.

A casa nel dopo cena, ti colleghi sulla rete e c’è solo lui, implacabile.
Che ti stanca, ti schiaffeggia e ti porta al letto stremata.



domenica 13 gennaio 2013

Torre di Babele





C’era una volta L’Aquila. Poi venne in terremoto.
E dopo il terremoto gli aquilani divennero “quelli sulla costa” e “quelli nelle tendopoli”.  Subito dopo qualcuno decise di farcela da solo e così si aggiunsero “quelli in autonoma sistemazione”.
Con la classificazione dei danni degli immobili, tutte le categorie precedenti divennero ulteriormente suddivise in “A, B, C, F, E”, naturalmente in tutto il cratere sismico, diviso tra “L’Aquila-L’Aquila” e L’Aquila-Borghi/Paesi”. 

Quando quelli con casa E, F, o residenti nei centri storici (zone rosse) furono chiamati a censimento, gli stessi si divisero in “progetto C.A.S.E./MAP” , “autonoma sistemazione”, “affitto concordato”, “fondo immobiliare” e in ultimo gli studenti classificati come “alloggi per studenti”.
 Gli “A” rientrarono a settembre, i “B e C” rimasero divisi tra “CAS” (autonoma sistemazione), “quelli sulla costa”, “quelli in albergo della provincia” , “quelli delle caserme”.  Divennero  tutti assieme a fine 2009 “quelli del Boss”, “quelli dell’albero di Natale”, “quelli di Capodanno” , “quelli degli sfondamenti”, “delle chiavi”, “delle carriole”. Poi si divisero in “scarriolanti” e “pro-Bertolaso”, “quelli del tendone” e “quelli di VIA IL TENDONE”.  

Le “B” intanto divennero “B normali” e “super-B” e insieme alle “C”, rientrarono a L’Aquila, con grande fatica. Toccò alle “E”; divise, sin dall’inizio, in “E periferiche” ed “E dei centri storici”, ulteriormente divisi in “E-normali” ed “E di pregio (vincolate)”. Tutte le “E”, comunque rimanevano classificate in “progetto C.A.S.E.”, “MAP”, “CAS”, “affitto concordato” e “fondo immobiliare”.

Tutto questo mentre le “E periferiche” partivano e i centri storici restavano la palo. Intanto l’esasperazione cominciò a serpeggiare e allora si andò tutti contro “quelli del fondo immobiliare” anche se alcuni cominciarono a sussurrare “beati quelli del progetto C.A.S.E.”. Se qualcuno provava a dire che i progetti C.A.S.E. erano dormitori, subito qualcun altro diceva che “ma beati voi che almeno state al sicuro”, anche dopo che si seppe degli “smorzatori farlocchi”.

Intanto il CAS scarseggiava e nessuno della fazione “CAS”, voleva passare alla banda del “progetto C.A.S.E.”.  Divenne ben presto chiarissimo che la più grande divisione era tra  “quelli che hanno il lavoro”, “quelli che l’hanno perso”, “quelli che lo stanno perdendo”.  E se i primi, “quelli che hanno il lavoro” erano contemporaneamente della banda “progetto C.A.S.E.” , vennero invitati a non parlare più.
Nel frattempo le “E del centro storico” trovarono svariate alleanze tra tutti gli altri gruppi, ma si divisero per le elezioni in varie fazioni, tante quante furono le liste. Finite le elezioni sembrava che i litigi tra bande fossero leggermente sopiti, ma arrivarono le bollette del progetto C.A.S.E.. 

E tutto il silenzio divenne una bomba.
Non si capiva più nulla: “chi aveva sempre pagato”, “chi mai”, “chi faceva finta”, “chi se ne fregava”, “chi aveva votato alle primarie”, “quelli del centro storico che si sentivano abbandonati dalle altre bande”, per non parlare del ritorno delle fazioni “A, B e C”. Riapparvero persino le “F”. I MAP fecero banda a sé. Si registrò il clan “di quelli che vogliono andare via”, subito attaccato duramente da “quelli che restano sempre e comunque”; naturalmente non mancarono quelli che” voglio andare via ma non posso”.  

Siccome si era in campagna elettorale sorsero gruppi nuovi: “michiamanotuttistefania”, “dimissionididelcorvo”, “tuttiperzizzetto”, “unitipergiorgio”, “siamotuttiperlitalia”, “votiamolaquila”.
Di contro qualcuno si schierò con il nascente “più gru nei centri storici”: non si sa quanti membri raccolga, ma di certo questi sono già divisi.

Quindi, essendo rimasta  sola,  non posso che avere più di qualche dubbio: a chi giova? Caspita, ho già creato un altro gruppo!

venerdì 4 gennaio 2013

Europeisti?




Si susseguono in questi giorni, da parte di tutti i politici (o quasi), dichiarazioni del tipo “Siamo europeisti”. Temo che queste dichiarazioni che anche i meno “addetti ai lavori” percepiscono come “elettorali”, si riferiscano soprattutto alla sfera finanziaria.
Ma quando si dichiara di essere europeisti bisognerebbe riferirsi a tutto tondo sia ai principi fondanti, sia alle varie risoluzioni del Parlamento europeo durante questi ultimi anni, altrimenti noi cittadini ci sentiamo leggermente presi in giro. Il premier uscente asserisce che i “temi di civiltà” non fanno parte della sua 'Agenda', rivelando di avere un'idea della società limitata ai soli temi economici. Gli fa eco più di qualche esponente del PDL che paventa come alcune “prese di posizione” vadano contro i principi della Chiesa”, manco la stessa facesse parte della UE. Per non parlare di alcuni esponenti del PD, che riguardo i diritti civili farebbero bene a ripassarsi la nostra Costituzione. Altri preferiscono il silenzio su questi temi, li vorrebbero far percepire come squisitamente etici, come se l’etica dovesse non interessare la politica.
Durante questa campagna elettorale dove risuonano parole quali “Fiscal compact” “Spread”, “Pareggio di bilancio” “Eurobond” quasi come una minaccia, risultano assenti altri temi europeisti sui quali, a quanto pare, è meglio glissare. E allora vediamo se qualcuno ne parlerà.
Non so ancora cosa farò il giorno delle elezioni, anche se ho l’impressione che non potrò esprimere un voto se alcuni temi non verranno nemmeno sfiorati.

Primo tra tutti “l’uguaglianza uomo donna”: quanto sono Europeisti i nostri politici?
L'uguaglianza tra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario. Gli obiettivi dell'Unione europea, in materia di uguaglianza tra le donne e gli uomini, hanno lo scopo di assicurare le pari opportunità e l'uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonché di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso. Questo tema è essenziale in termini di lotta contro la povertà, di accesso all'istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all'economia e al processo decisionale, eccetera. L’indipendenza economica, infatti, si può raggiungere lottando contro la discriminazione, gli stereotipi nell'educazione, la segregazione del mercato del lavoro, la precarietà delle condizioni di occupazione, il lavoro part-time involontario e lo squilibrio nella suddivisione dei compiti di assistenza tra donne e uomini. Di contro, nell'Unione europea non esiste ancora una pari retribuzione tra donne e uomini (per lo stesso lavoro o lavoro di pari valore), le donne nei processi decisionali e nelle posizioni di potere continuano ad essere sottorappresentate rispetto agli uomini, sia nel settore pubblico che in quello privato. Per non parlare del rispetto della dignità e dell’integrità delle donne, ma anche la fine della violenza basata sul genere, e in questo caso la Commissione ha adottato una Carta per le donne volta a potenziare la promozione della parità tra donne e uomini, in Europa e nel mondo. Infatti, le disparità legate al genere hanno conseguenze dirette sulla coesione economica e sociale, sulla crescita sostenibile e la competitività, nonché sulle sfide demografiche.

 Ed arriviamo ai diritti civili: quanto sono Europeisti i nostri politici?
 Il Parlamento europeo chiede agli Stati membri di favorire l'accesso per le coppie gay ''a istituti giuridici quali coabitazione, unione registrata o matrimonio''. Sollecita poi la Commissione Ue ed i Governi a ''garantire'' l'attuazione ''senza discriminazioni basate sull'orientamento sessuale'' della direttiva Ue sulla libera circolazione, ''proponendo misure per riconoscere reciprocamente gli effetti dei documenti di stato civile''. Un invito quindi ad accettare unioni e matrimoni sancite in altri Stati UE. Il Parlamento europeo, approvando a maggio 2012, una risoluzione comune sulla 'Lotta contro l'omofobia in Europa', ''condanna con forza tutte le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere'' e ''deplora vivamente che tuttora, all'interno dell'Ue, i diritti fondamentali delle persone 'Lgbt' (lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ndr) non siano sempre rispettati appieno''. L'Europa condanna inoltre le ''violenze'' a cui sono sottoposti i collettivi Lgbt e chiede agli ''Stati membri'' di ''dare l'esempio'' sul terreno della lotta alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale. Un invito all'eguaglianza che si spinge oltre le frontiere della Ue.

Arriviamo ai diritti dei detenuti: quanto sono Europeisti i nostri politici?
La risoluzione del Parlamento UE sui diritti dei detenuti, dicembre 2011 Il Parlamento Europeo ha sollecitato gli Stati membri ad adottare urgenti misure per garantire che siano rispettati e tutelati i diritti fondamentali dei detenuti. In particolare, il Parlamento UE ritiene che dovrebbero essere applicati, in tutti gli Stati membri, standard minimi comuni di detenzione e sottolinea l'importanza di concedere protezione specifica alle detenute madri e ai loro figli, anche attraverso l'uso di misure alternative alla detenzione nel migliore interesse del bambino. Tra le priorità indicate:
  • garantire che siano rispettati i diritti fondamentali, in particolare il diritto alla difesa e all'accesso a un legale, e che siano garantiti i diritti degli indagati o degli imputati, compreso il diritto a non subire trattamenti inumani o degradanti; stanziare risorse per la ristrutturazione e l'ammodernamento delle carceri; 
  • tutelare i diritti dei detenuti; 
  • riabilitare e preparare con successo i detenuti per il rilascio e l'integrazione sociale; 
  • promuovere il miglioramento delle strutture carcerarie negli Stati membri, al fine di dotarle di idonee attrezzature tecniche, ampliare lo spazio disponibile e renderle funzionalmente in grado di migliorare le condizioni di vita dei detenuti, garantendo comunque un elevato livello di sicurezza; 
  • invita gli Stati membri a garantire che la detenzione preventiva rimanga una misura eccezionale da utilizzare nel rispetto di rigorose condizioni di necessità e proporzionalità e per un limitato periodo di tempo, in ossequio al principio fondamentale della presunzione di innocenza e del diritto di non essere privati della libertà; 
  • lottare contro il suicidio nelle carceri e a svolgere sistematicamente inchieste imparziali allorché un detenuto muore in carcere; lottare contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. 

E poi si arriva al tema dei migranti: quanto sono europeisti i nostri politici?
La migrazione internazionale può contribuire alla crescita economica dell'Unione europea (UE) nel suo complesso, oltre a fornire le risorse per i migranti e i loro paesi d'origine e contribuire così al loro sviluppo. Può essere un'opportunità, in quanto fattore di scambio umano ed economico che permette alle persone di raggiungere le loro aspirazioni. Tuttavia, vi è la necessità di gestire la migrazione in maniera tale da tenere conto delle capacità d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali, proteggendo i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali. E in termini un po’ più pratici: cosa intendiamo fare riguardo la cittadinanza ai figli dei migranti residenti?

Potrei continuare a lungo e chiedere se i nostri politici intendano almeno leggere la Carta sulla gioventù, o magari interessarsi di ambiente (dicendoci chiaramente cosa pensano di fare con i nostri rifiuti o con le bonifiche dei siti contaminati), o, ancora più “terra terra”, come intendano mettere in sicurezza il nostro territorio e se nella loro Agenda ci siano parole come “L’Aquila”, “Emilia”, “Liguria” eccetera.
Mi interessa inoltre l’idea che avrebbero i nostri politici sulla formazione, cioè della scuola e delle Università; se intendano, cioè, usare ancora test e prendersela poi con la “scuola” se i risultati non risultassero comparabili con quelli di altri paesi europei o se, al contrario, intendano intervenire sulla scuola pubblica finanziandola adeguatamente. E ancora se intendano, per esempio, valutare gli effetti della riforma Universitaria e rivalutare il ruolo della formazione pubblica o se, semplicemente, lasceranno scorrere tutto così come va, non intervenendo sul finanziamento del Diritto allo Studio e sui progetti di scambio Internazionale (sono solo esempi). Se ritengono, inoltre, che sia corretto demandare la ricerca a raccolte di denaro tra i cittadini e non, invece, aumentando la quota di finanziamento a ricerca e innovazione.

Mi fermo qui: io sono europeista e per questo voterò solo chi si occuperà di questi temi.