lunedì 31 marzo 2014

L'Aquila anno V D.T.


L'Adorazione dei Magi, Gentile da Fabriano (1423). Firenze Galleria degli Uffizi





Anche quest’anno per il 6 aprile sentivo il bisogno di scrivere qualcosa. Ma ciò che mi veniva in mente era solo “cinque”, perché sono trascorsi cinque anni. Poi le parole e tutti i pensieri si fermavano e ne soffrivo. Non capivo. Forse le parole sono state scritte tutte. 

Sono stata a Firenze per il fine settimana e mi sono tornate alla mente le parole del mio amico Massimo Giuliani, di circa quattro anni fa, quando il nostro centro storico era tutto transennato e i cittadini tutti lontani: “Firenze devastata da un sisma di 6.3°.  
S. Maria Novella, Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti sventrati e abbandonati da dieci mesi. Il centro storico, distrutto, resterà chiuso sine die. Poco male: sarà sostituito da decine di “new towns” modernissime con le fogne che scaricano nell'Arno. Metà dei cittadini ancora senza casa, negli alberghi dell'Argentario e della Versilia. La TV esalta il miracolo fiorentino”.

Ho visto Santa Maria Novella, Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti in tutto il loro splendore. Ho visto i cittadini popolare tutte le strade ed ho pensato che Firenze sarebbe stata ricostruita, in fretta, dai migliori architetti, con le più innovative tecniche antisismiche. Non ne ho sofferto, ho pensato che è così che dovrebbe essere.

D’improvviso, ripensando “all’iperbole” del mio amico, mi sono ritrovata a visitare la città come se fosse stata appena ricostruita dopo una catastrofe: ho passeggiato a lungo per strade e vicoli senza quel senso di estraneità che, da cinque anni, mi accompagna ovunque vada. 

Mi sono ritrovata su Ponte Vecchio a rimirare le vetrine e la gente, ho scattato foto, tante, inutili, solo per il gusto di averle e continuavo a pensare come fosse stupendo vederlo ancora lì, “ricostruito” quel ponte. In realtà Ponte Vecchio lo vediamo ancora oggi così, perché i tedeschi, nel ’44, lo risparmiarono: abbatterono tutti i ponti sull’Arno, ma quello lo lasciarono intatto. Sembra fosse caro ad Hitler. 

Ponte vecchio e i bombardamenti:


In due giorni e mezzo ho visitato tutto il visitabile, estasiata. Gli Uffizi, Palazzo Pitti, Santa Maria Novella, Santa Croce, la cupola del Vasari, sono persino salita sul campanile di Giotto. La Sinagoga, San Miniato, Santo Spirito, OrsanMichele, San Lorenzo. Il quartiere San Frediano, il borgo di Santa Croce. Musei e botteghe artigiane, Piazzale Michelangelo e non ricordo più cosa.
Molti quadri nella galleria degli Uffizi portavano la scritta “Restaurati da…”, e mi piacevano più del solito: tutto ciò che è restaurato e/o ricostruito mi fa sentire bene. Spicca  “L’adorazione del Magi” di Gentile da Fabriano (prima foto), dove quei tocchi dorati riportati alla luce, riescono a catturare l’anima dei più distratti. Quando vivi in un paese ed in città ricche d’arte, quella ti entra nell’anima, anche se non arrivano turisti.

Nella Piazza di Santa Croce ho visto tantissima gente e mi è sembrato che fossero più felici del solito, come se quello spazio l’avessero appena riconquistato. E ne ho gioito: la piazza mi sembrava un regalo restituito alla umanità intera. In realtà, il 23 marzo 1944 una bomba esplose proprio a fianco della nota Basilica di Santa Croce, portando morte e distruzione. Come in altri pezzi di città: “il 25 settembre 1943 era un sabato, c’era il sole, non suonò l’allarme, ma i fiorentini videro gli aerei avvicinarsi. La lunga via Mannelli e le sue traverse vennero devastate, assieme ai viali e piazza della Libertà. Dall’inizio del 1944 la città fu devastata”.

I bombardamenti a Firenze (Seconda Guerra Mondiale)


Quando a Piazza del Duomo ho visto il Battistero circondato di impalcature, ho sussurrato: «Tranquillo, risorgerai anche tu».

Ho acceso in ogni chiesa una candela, così che anche in questa nuova Firenze “ricostruita” ci sia posto per le vittime del nostro terremoto. Non sono 309 le chiese di Firenze, ma per come sono intrise di bellezza, ne sono anche di più.

Insomma toltami di dosso quella estraneità, mista a invidia , tristezza e senso di inferiorità, mi sono sentita appagata. E mi sono sentita fiera. Di essere italiana.

Ora sono qui, L’Aquila. Nella città in attesa, un attesa lunga che ci sfianca; così tanto, che per sopravvivere dobbiamo volare con la fantasia e fingere. Persino che un’altra città bella come Firenze, possa essere la proiezione di quel che sarà il nostro futuro.

Ho pronto il mio cappotto pesante, quello che da cinque anni mi accompagna nella lunga notte fredda in attesa delle 3.32. Ci incontriamo di nuovo tutti in piazza.

Personalmente con la speranza di tornare ad essere fiera della mia città, a desiderare che lo siano tutti gli italiani. A volere che lo siano le 309 anime che con noi piangeranno quella notte.

martedì 11 marzo 2014

Gli articoli della Costituzione



Articolo 3 della Costituzione: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
 Ecco, non ho mai sentito tante baggianate su questo articolo della Costituzione, come in questi giorni nei quali la parità di genere è stata la vittima sacrificale di ben altri obiettivi. È andata come è andata, non mettiamoci un punto, però, almeno noi donne.
Tornando all’articolo 3 della Costituzione, ho sentito in radio giorni fa (La Zanzara radio24) e anche letto qui, un’interpretazione alquanto surreale dello stesso, surreale e strumentale. I signori in questione, uomini naturalmente, se ne escono con affermazioni del tipo «Se l'idea delle quote rosa è "obbligare ad una quota rappresentativa di una parte enorme della società", perché non rispettare le quote delle minoranze? Vorrei quote gay, quote lesbo, quote trans... certo, sia chiaro, in maniera direttamente proporzionale alla percentuale di popolazione rappresentata».

Ora non so voi, ma a me questa cosa fa una rabbia che non ve ne dico nulla. Perché?
Dunque tutti noi facciamo parte del genere Homo (specie sapiens-senza alcuna sottospecie) che come tutte le forme animali appartenenti alla nostra classe “mammiferi” e non solo, si riproducono in maniera sessuata, attraverso la fusione di due gameti, uno maschile e uno femminile, portati da due individui di sesso diverso. La riproduzione sessuata, pur essendo più complessa rispetto alla riproduzione asessuata, è stata premiata dall'evoluzione, in quanto comporta un elevato grado di variabilità con sempre nuove combinazioni di caratteri ereditari, utili a fronteggiare i mutamenti ambientali e le mutazioni geniche.
Purtroppo la variabilità genetica e l’ambiente non hanno permesso all’Homo sapiens di essere così sapiente da elevare a ricchezza le differenze, a partire da quelle sessuali, che poi se non esistessero neanche l’Homo sapiens esisterebbe più.

Il fatto che i nostri padri costituenti abbiano dovuto precisare che la dignità sociale e la legge devono essere uguali per tutti, senza distinzione, la dice lunga su come l’Homo sapiens si sia poco evoluto nella direzione dell’uguaglianza, e la storia recente è piena, specie nel mondo occidentale, di discriminazioni di ogni sorta. E che in quell’articolo della Costituzione si sia dovuto inserire anche “senza distinzione di sesso” ci mette di fronte alla più grande delle discriminazioni, che non sto neanche a sottolineare.
Quindi quello che vorrei chiedere a chi fa i sopracitati voli pindarici, è di riflettere sul fatto che in un articolo della costituzione si sottolinea che dovremmo essere tutti uguali e dovremmo rimuovere qualsiasi ostacolo che impedisca il pieno sviluppo della persona. Andando a ritroso nella storia anche recente, possiamo ben capire come mai la Costituzione elenchi, tra le altre, le differenze di razza, o di religione o di condizioni sociali eccetera. Ma vogliamo riflettere su “senza distinzioni di sesso”, o no? Intanto è implicito, anche se non si dice, che il sesso discriminato è quello femminile. E non venitemi a raccontare il contrario! Non è che gli uomini hanno quasi completamente abbandonato il “mestiere” di maestro elementare perché sono discriminati, oppure non vengono accettati come assistenti ad anziani, malati o diversamente abili, o ancora come colf, o hanno stipendi più bassi o roba del genere! Per dirla tutta vorrei poter vivere in un mondo nel quale quell’articolo 3 fosse più breve: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”.

Poi, e lo sappiamo tutti, quell’articolo della Costituzione non parla di quote rose per la formazione di liste elettorali, ma di rimozione di ostacoli. E l’ostacolo stavolta, purtroppo, è all’interno della società stessa. Cavalcare tutto ciò,  mettendo in evidenza un’ eventuale contraddizione rispetto ad altre categorie discriminate, sa di vecchio, stantio e maschilista, sì maschilista.
Perché la realtà è che nel grande insieme dell’umanità esistono tante categorie discriminate ed è inutile che chiudiamo gli occhi, ma questo insieme che dovrebbe essere unico, perché comprendente la stessa specie (senza alcuna sottospecie) è  suddiviso, in realtà,  in due sottoinsiemi distinti: “maschi e femmine”.
Quando si tratta di discriminare in base alla razza (che tra l’altro è un termine da cancellare anche dall’articolo della Costituzione), per esempio, non esistono più distinzioni di sesso: se sei nero o giallo non importa più  se sei uomo o donna. Se sei ebreo o musulmano, chissenefrega se sei maschio o femmina. Anche se, e questo deve far riflettere, solo ad esempio, un “maschio bianco” raramente fa di mestiere il “badante”, invece quello “colorato” sì, e va anche bene. Una discriminazione al rovescio, la definirei.

Paradossalmente se si volesse rappresentare l’umanità come un insieme di individui e sottoinsiemi di varie categorie, esattamente le donne non sapremmo dove metterle. Perché in realtà non dovrebbero essere un sottoinsieme, non lo sono, proprio per definizione. Prendendo a caso una persona dalla popolazione italiana, abbiamo la stessa probabilità che ci capiti un uomo o una donna e la stessa probabilità che questa sia laureata o no, capace o no, antipatica o simpatica. Ma non la stessa probabilità che abbia un lavoro né tanto meno che questo abbia una retribuzione equa, nè la stessa probabilità che sia presidente di qualcosa, Rettore, o che occupi un posto apicale.

Ed è per questo che occorre urlare “parità di genere”.
Ed è per questo avrei preferito il grimaldello dell’alternanza di genere sulle liste elettorali. Ma a quanto pare ce lo dobbiamo “meritare”.

I suddetti signori farebbero bene ad ampliare le loro conoscenze leggendo attentamente l’articolo 51 della Costituzione, che metto in grassetto-sottolineato:
Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

lunedì 10 marzo 2014

1800 giorni




Cupola della Chiesa di Sant'Agostino, L'Aquila

(domani 11 marzo 2014)
Ma come, conti ancora i giorni? No, va bene, ve lo dico in settimane, sono 257. O se preferite in mesi, 59. Insomma 5 anni.
Scelgo un argomento a caso per raccontarvi L’Aquila: la questione Porta Barete.

L’Aquila ha una bellissima cinta muraria o meglio l’avrebbe, e su questa si aprono molte porte, o meglio si aprivano. Tra queste Porta Barete, nella parte ovest. Ricoperta e dimenticata, in questi mesi è stata riscoperta e si vuole ripristinarla. Nulla di strano, finora.
Il suo ripristino comporta, oltre ad un gran lavoro, anche un ripensamento della viabilità, l’abbattimento di un ponte stradale e lo spostamento di un condominio. Che sarà mai! Nulla.
Se non fosse che a tutti è parso che una maggiore e tempestiva discussione sulla ricostruzione del centro storico, anche terra terra, del tipo “cosa ci teniamo, di cosa ci disfiamo, come recuperiamo e cosa”, non è stata fatta. Mai. Così, giustamente, i condomini pronti per la ricostruzione della propria abitazione sono leggermente agitati, e in attesa di sapere che fine farà via Roma, - se verrà mantenuta, smezzata, che fine farà il ponte -, per evitare lo smottamento della stessa via Roma, sono in corso lavori di consolidamento.

Preciso che l’idea di riavere quella Porta mi piace assai.

Sarà così anche altrove? Non è dato saperlo. Un giorno ci chiameranno in assemblea plenaria (tutti??) e ci chiederanno se ci va bene questo o quello. Così avremo partecipato alle decisioni, perché anche il concetto di partecipazione è terra-terra, qui a L’Aquila.

Sarebbe stato molto conveniente, per tutti, costruire assieme la città, veder crescere piano piano un progetto condiviso.

Ricordo che quando venne abbattuto un palazzo in centro, rimanemmo tutti estasiati nel vedere la cupola di Sant'Agostino che fino ad allora era stata nascosta! Pensammo a quanto sarebbe stato bello ricostruire diversamente, per lasciare quella vista sulla chiesa. Ma ci venne risposto che l’immobile era di un privato, con progetto di ricostruzione approvato, e quindi non si poteva pensare di fare nulla di diverso.
E come mai su via Roma, invece, al privato viene chiesto o forse imposto di ricostruire diversamente, addirittura in altro luogo?

Ecco, ci sono privati e privati, a L’Aquila e altrove.

P.S.: Per esempio io un bel ponte avveniristico lo avrei costruito al posto delle due rotonde della Reiss-Romoli, ma non sono del mestiere.