mercoledì 30 giugno 2010

DELENDA CARTHAGO


Catone, convinto che non fosse conveniente per i Romani venire a patti con il nemico, terminava ogni suo sermone, con questa esortazione: Ceterum censeo Carthaginem esse delendam.
Questa frase viene spesso citata per significare una profonda convinzione strategica o meglio un fine che sta dietro a una serie di azioni tattiche, atte allo scopo.
Per terre ignote vanno le nostre legioni a fondare colonie a immagine di Roma , canta Battiato (Delenda Carthago 1993) e mai come ora queste parole, assieme al motto, mi risuonano nella testa.

Fondare una colonia: e sì, sono venuti qui in una città distrutta e a immagine non già di Roma, bensì del Cavaliere e dei suoi profitti, si è deciso, allontanando le persone, di ricostruire (sì stavolta uso la parola RI-costruire) una nuova L’Aquila, una L’Aquila 2, dapprima raggruppata in un unico luogo, poi atomizzata in 19 atolli. Una colonizzazione, ossia l’esportazione del modello “berlusconiano” di città, in un territorio che non conoscevano prima ed ora pensano di averlo fatto proprio, visti i consensi.

Delenda L’Aquila: quella storica appoggiata sulle montagne assieme a tutti i suoi borghi. Quella che racchiudeva tradizione intorno a mura antiche, quella nella quale era stipati tesori, vicoli e giardini. Le pietre rosse e bianche delle facciate delle chiese, le 99 piazze, ognuna diversa e l’eco delle voci aquilane nei piccoli borghi intorno, profumati di vecchi sapori.

Non contenti e assolutamente sicuri di aver rifatto una L’Aquila migliore, sbandierano l’inefficienza dell’amministrazione locale per nascondere il fatto che 30000 persone sono ancora senza casa. Imbrigliate in norme scritte da loro e senza soldi, quelli veri.

Delenda L’Aquila: quella fatta di persone orgogliose e un po’ spigolose, colte. Quelle che amano la musica, vanno al teatro, organizzano manifestazioni culturali di altissimo livello.

Pensavo di essere esagerata a pensarla così, quando arriva ancora un colpo. Le macerie dei centri storici sono ancora dove il 6 aprile le ha sistemate. A queste se ne aggiungono altre, quelle del tempo. E il paese di Onna scrive su un cartello: «Pensate: se questa è Onna, dove c’era un occhio di riguardo, figuriamoci gli altri paesi».

Delenda L’Aquila: la città universitaria, senza i suoi studenti, costretti a viaggi interminabili per poter raggiungere la possibilità di formarsi un futuro migliore. La città piena di piccoli commercianti e artigiani per i quali nulla è stato fatto di concreto.

Colpi su colpi. Sospensione dell’esenzione dei tributi e restituzione di quelli dati. Nessun sostegno all’economia. Migliaia di disoccupati.

Delenda L’Aquila: è in atto uno spopolamento di grandissime dimensioni. Pieni di gente solo i 19 atolli. Gente con occhi diversi, quelli dell’incredulità: non già per la furia della natura, ma per la sottile strategia in atto, quella del profitto.

In ultimo, il moderno Catone, per non essere da meno rispetto all’antenato ( secondo secolo a.C.), diviene il censore. Censura ogni dissenso della città colonizzata, della sua nuova città.

Il moderno Censore, tuttavia, non avendo conosciuto prima la nostra città, non ha tenuto conto di una caratteristica fondamentale della popolazione aquilana che si protrae da secoli e che Benedetto Croce ha scritto con parole esemplari: “Quando c'è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma e di persistenza e di resistenza, io mi sono detto a voce alta: tu sei abruzzese!"


E gli abruzzesi di montagna sono ancora più persistenti e resistenti

Mercoledì 7 luglio a Roma. Tutti. L’Aquila è L’Aquila!

L'UNIVERSITA', 15 MESI DOPO

L’Università degli Studi dell’Aquila comprende 9 Facoltà.
Il 6 aprile le sedi di alcune di queste hanno subito danni ingenti: la Facoltà di Lettere e Filosofia e quella di Scienze della Formazione assieme alla “governance” di Ateneo, si trovavano nel centro storico. La Facoltà di Ingegneria, posta nel polo Roio (una collina a ridosso della città) è stata resa inagibile dal sisma. Le altre Facoltà se la sono cavata con danni meno ingenti.
Dopo 7 mesi esatti dal sisma, l’attività didattica è ripartita, per tutte e nove le Facoltà, in città. Naturalmente in sedi nuove.
La “governance” si trova in una struttura all’entrata ovest della città che ospitava una scuola superiore di telecomunicazioni detta “Reiss-Romoli”. Non distante da questa, la Facoltà di Ingegneria, assieme a Scienze Motorie, ha occupato uno stabile completamente ristrutturato a tempo record, dove la didattica si svolge regolarmente per tutti i corsi di Laurea.
La Facoltà di Lettere e Filosofia si è trasferita all’interno del Polo Industriale di Bazzano, una sede disagiata che però nel 2011 verrà sostituita con strutture più idonee all’interno dell’Ospedale San Salvatore. In questa stessa area gravitano, nelle sedi ristrutturate, le Facoltà di Medicina e Chirurgia, Biotecnologie, Scienze mm.ff.nn., Psicologia, mentre Scienze della Formazione svolge la sua attività didattica, assieme ad una parte dei corsi di Psicologia, nel cosiddetto Polo Di Vincenzo, non molto distante dall’Ospedale San Salvatore.
Insomma l’Università c’è. Ci sono i suoi dipendenti (circa 1200) ci sono i suoi studenti: inaspettatamente 23.000 iscritti ad oggi.
Cosa c’è quindi che non va? Tutto il resto.
Gli studenti hanno pagato e pagano un prezzo davvero altissimo. Non tanto in termini economici, quanto riguardo i normali diritti che dovrebbero per loro essere rispettati.
Primo tra tutti: l’alloggio. Per gli studenti (i fuori sede sono più di 10000) non è stata prevista nessuna soluzione emergenziale, a parte il trasporto gratuito da alcuni comuni e altre province.
Per questo motivo gli studenti universitari dell’Aquila sono stati e sono pendolari. Il danno arrecato a loro è enorme. Specialmente se si pensa che molti di loro hanno viaggiato giornalmente anche per 4 ore, con pesanti ripercussioni sull’organizzazione dello studio e, quindi, sul successo negli esami.
Lo stato delle residenze pubbliche è il seguente:
300 posti circa nella sede “Reiss Romoli” che l’Università ha messo a disposizione dell’azienda regionale per il diritto allo studio
120 posti messi a disposizione dalla nuova residenza San Carlo Borromeo, costruita con fondi pubblici (Regione Lombardia) e gestita dalla Curia. Nessun alloggio ricostruito dalla regione Abruzzo.
Di promesse molte. A cominciare da 400 posti in una caserma, ristrutturata dalla Protezione Civile e che dovevano arrivare a febbraio, ma dato l’enorme numero di sfollati, non è ancora totalmente disponibile.
Poi ci sono i servizi, per esempio le mense: attualmente i nostri studenti mangiano in strutture provvisorie, tendoni per intenderci, freddissimi d’inverno e caldissimi d’estate. I pasti vengono forniti con servizio di catering. Una delle mense che si trova nell’area di Coppito (Ospedale San Salvatore) e di proprietà dell’Azienda per il Diritto allo Studio, pur se relativamente nuova, ha subito danni ingenti, ma non si hanno notizie di progetti di ricostruzione né di altre soluzioni. Nell’area che ospita le Facoltà di Ingegneria e Scienze Motorie non si riesce a trovare una soluzione alternativa al tendone.
Le sale studio non esistono, neanche quelle ricreative; anche queste sarebbero a carico della Regione attraverso l’Azienda per il diritto allo studio. Capita spesso di vedere studenti pranzare con un panino all’interno delle aule didattiche.
Sappiamo che alcuni studenti hanno trovato alloggio a L’Aquila e nei paesi limitrofi, ma non sempre i servizi di trasporto sono efficienti né tanto meno il prezzo richiesto per l’affitto, consono.

Sono eroi questi nostri studenti. Molti non potendo risiedere in città hanno usufruito di un servizio foresteria fornito dai volontari della Protezione Civile dell’Università ed hanno dormito in tenda fino a Febbraio per alcune notti la settimana ed ora nei container.

La città deve molto a questi studenti per questo chiedo a tutti di sostenerli in ogni modo e di fare proprie le loro legittime richieste.

Chiedo a Regione, Comune di prodigarsi per tamponare anche con strutture provvisorie tale emergenza.
Ai proprietari di alloggi si chiede di affittare a prezzi equi, di non approfittare di questa situazione disastrosa:

UNITI, per la città.

P.S.: Preciso che la questione alloggi pubblici non è competenza dell'Ateneo (che comunque ha reso disponibili i posti letto della struttura Reiss-Romoli affittata dopo il sisma), così come le mense e le sale studio. Queste strutture sono di competenza Regionale attraverso l'azienda regionale per il diritto allo studio (ADSU).

martedì 29 giugno 2010

BOLLETTE

Ho ricevuto due letterine dall’ENEL. La prima indirizzata a me residente nella casa inagibile, la seconda sempre a me, domiciliata nel progetto C.A.S.E.
Nella prima lettera c’era un foglio da compilare nel quale ho dovuto dichiarare che l’utenza è di una casa inagibile, indicando anche la data nella quale è stata pubblicata l’inagibilità, e che sono assegnataria di un modulo abitativo di emergenza, per il quale prendo atto che mi è stata riconosciuta l’agevolazione tariffaria.
Poi ho dovuto barrare la casella per il mantenimento della vecchia utenza “consapevole del fatto che il mantenimento dell’utenza relativa all’immobile non agibile comporta per la stessa il pagamento dei corrispettivi in misura agevolata come citata ….” .
Per carità, nulla da eccepire. Ma l’alternativa sarebbe stata fare una cessione della vecchia utenza.
Vado spesso a casa, sempre di giorno. In più utilizzo gli armadi per il cambio di stagione, perché qui, in questa C.A.S.A. proprio non c’entro!
Salgo spesso le scale fino al quinto piano per raggiungere casa mia, lì c’è tutto di me. Mi piace tornarci e non vedo l’ora che l’amministratore decida di riattivare l’acqua per poterla pulire. E’ anche capitato che la ditta da noi individuata per fare i rilievi dei danni provocati dal sisma, sia dovuta entrare in casa per effettuare i carotaggi delle travi e l’energia elettrica è servita.
Forse mi servirà anche per avviare ogni tanto lavatrice e lavastoviglie, prima che siano da buttare ( e non è che potrò chiedere all’ENEL di ricomprarmele). Per questo mantengo il contratto. Mi pare esagerato che io debba pagare per questo, ma se cessassi l’utenza, quanto tempo occorrerebbe per riattivarla e, in più, dovrò pagare? Bah, tanti dubbi e una sola certezza: in una casa inagibile se mantieni l’utenza paghi il canone. Scusate non riesco a capire, ma accetto.

Per la nuova utenza mi sono trovata a dover barrare la casella relativa alla mia qualifica: 1=proprietario, 2=usufruttuario, 3=titolare di altro diritto sull’immobile. Ho barrato l’opzione numero 3. Inoltre non avendo a disposizione i dati catastali sull’immobile ho barrato un’altra opzione, la numero 5: forniture temporanee per usi pubblici. La parola temporanea mi piace troppo.

Ho ricevuto inoltre un sollecito di pagamento della Fastweb con la quale ho sospeso il contratto il giorno 25 aprile 2009. Mi dicono che dovrei pagare una fattura di 213,87 Euro emessa il 25 agosto 2009, pena la sospensione dei servizi. E a me viene da ridere!

Vorrei capire cosa succede per il canone TV. Se è vero che è una tassa di possesso, vorrei chiarire che io non possiedo apparecchi televisivi né li ho richiesti. L’ho semplicemente trovato nella C.A.S.A..

Mi manca solo di ricevere le bollette 2009 per l’acqua. Vi farò sapere.

lunedì 28 giugno 2010

I soldi ci sono


"I fondi ci sono - ha assicurato Bertolaso - sono già stati stanziati e ho fatto io personalmente le verifiche, ma questi quattrini bisogna saperli chiedere nel modo giusto, bisogna saperli ottenere e bisogna sapere come spenderli”.

Cari detentori del nostro destino,
sono un’aquilana, dal 6 aprile 2009 sono terremotata.
Ho perduto la mia città ed anche la mia casa.
Durante l’emergenza ho vissuto in un camper provvedendo autonomamente al suo acquisto e alla sopravvivenza mia e della mia famiglia nei 7 mesi successivi al disastro.
Il 24 ottobre sono entrata nel progetto C.A.S.E.
Sin dai primi momenti non ho saputo stare zitta di fronte alla nuova realtà che mi si prospettava, ho cercato di gridare a tutti che la ricostruzione non c’era e, in realtà, non c’è, che non c’è lavoro e i miei concittadini sono alla disperazione, che il centro città e tutti i paesi del cratere sono in stato di abbandono, che gli studenti universitari sono pendolari, che ci sono ancora oggi più di 30000 sfollati, che non ho idea di quando e come rientrerò a casa, di come sarà la mia città, di quanti se ne sono andati, di che corso avrà la giustizia.

Desidero solo che la mia città abbia lo stesso trattamento riservato ad altre catastrofi.
Viene detto che noi aquilani dovremmo saper chiedere.
Essere grati, chiedere, persino usando le giuste maniere. Lo trovo vomitevole, scusate l’ardire.

Ci occorre una tassa di scopo per contare su un flusso costante di denaro consono ad avviare la ricostruzione dei centri storici, ci occorre una sospensione delle tasse per il tempo necessario a far riprendere l’economia ed un sostegno concreto all’occupazione. Poche cose, chiare.
Che altro? Nulla. L’Aquila e il territorio hanno solo bisogno che vengano rispettati i loro diritti.
Per il resto dovrebbe valere il principio di sussidiarietà: tale principio risale, seppur indirettamente, ad Aristotele (rapporto tra governo e libertà) ed implica che:
• le diverse istituzioni, nazionali come sovranazionali, debbano tendere a creare le condizioni che permettano alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività: un'entità di livello superiore non deve agire in situazioni nelle quali l'entità di livello inferiore (e, da ultimo, il cittadino) è in grado di agire per proprio conto;
• l'intervento dell'entità di livello superiore debba essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore;
l'intervento pubblico sia attuato quanto più vicino possibile al cittadino: prossimità del livello decisionale a quello di attuazione.
esistono tuttavia un nucleo di funzioni inderogabili che i poteri pubblici non possono alienare (coordinamento, controllo, garanzia dei livelli minimi di diritti sociali, equità, ecc).

Il 7 luglio a Roma, in ogni caso, verremo a ribadire i nostri diritti , non a supplicarli, non a chiederli.

I modi saranno i soliti: l’intero territorio aquilano insieme con bandiere nero verdi.
Aggiungeremo note distintive: caschetto e vestiti bianchi. Non potrete confonderci con altri.

Siamo noi, sempre, gli aquilani: l’unico miracolo di questo terremoto

A presto.

domenica 27 giugno 2010

Forti, gentili e uniti

Anzi “UNITI, forti e gentili” .
Solo assieme L’Aquila ci sarà di nuovo. C’è bisogno di tutti:
“Questa città diversa ci dice che le pietre che sono a terra aspettano l’ordine di 80000 persone e che nessuno, anche a piccoli gruppi, potrà ricostruire un qualcosa che abbia un minimo di armonia”

L’unione fa la forza, è proprio il caso di dirlo.
La città si fa insieme in tanti modi. Anzi la stiamo già facendo.
Lavorando, viaggiando, insegnando ai nostri bambini e ragazzi. Stiamo ricostruendo le nostre vite, le nostre famiglie, i nostri affetti, stiamo vicini ai nostri anziani.
Molti vivono in condizioni precarie, disagiate, a volte al limite della sopportazione. Tanti hanno speso soldi per rimanere qui, in alloggi costruiti all’uopo. Con grandi sacrifici alcune attività commerciali sono rinate in altri luoghi e in tanti ci spostiamo per ritrovarle. Altri cercano il modo di ripartire.
Ce la stiamo mettendo tutta, altroché.

Purtroppo il problema “casa” ci ha frantumato e la mancanza di lavoro sta facendo anche peggio.
Per questo penso che essere uniti vuol dire qualcosa di più che partecipare a manifestazioni, a progetti …..

Parliamo di affitti, per esempio.
Sento di prezzi alle stelle, ovunque: L’Aquila città e territori limitrofi. Prezzi alti per tutti: Aquilani e non.
Questo comportamento mi fa deprimere.
Insieme vuol dire unirsi!

Ci aspettano anni duri, dobbiamo dircelo. Per questo ritengo che più saremo, più sarà breve il periodo di rinascita e meno i dolori.
Gli studenti universitari già prima del terremoto non godevano ovunque di trattamenti equi. Ora siamo al paradosso: qualche casa c’è, ma a prezzi improponibili. Poche case, tante richieste .. prezzi lievitati. Una legge di mercato!
Ma noi siamo terremotati, noi dobbiamo rinascere, noi dobbiamo crescere, noi dobbiamo uscire dal pensiero del solo nostro tornaconto.
La mia è un’esortazione ad essere tutti attivi nella rinascita, anche con piccoli gesti, ad essere pronti a denunciare atti illegali, compresi gli affitti a prezzi esorbitanti o in nero.

Uniti per uno scopo: L’Aquila.

venerdì 25 giugno 2010

I CONIGLI

Stamattina, come spesso mi capita, in macchina ascoltavo i “conigli” della storica trasmissione di Radio 2: “Il ruggito del coniglio”.
Il tema lanciato dai conduttori per gli interventi degli ascoltatori era: raccontateci di quella volta che siete stati delegati da qualcuno a fare qualcosa o che avete delegato voi qualcuno al vostro posto.

Qualche minuto di riflessione e penso: li chiamo e racconto che ieri sono stata delegata da alcuni amici aquilani a tirare gli ortaggi a Viale Mazzini, come protesta nei confronti di un TG1, a dir poco oscurante e che, quindi, invece di tirare solo un pomodoro ne ho tirati, con grande soddisfazione almeno quattro.
Pazzesco, ho preso la linea quasi subito.
Mi risponde una gentile signorina cui spiego il mio intervento. Come nomino RAI, L’Aquila e pomodori lei mi dice: non posso mandarla in onda, sa noi siamo della RAI.
Spiego subito che il mio intervento poteva essere addirittura “comico” e che comunque non era contro la trasmissione, ma solo contro aspetti dell’informazione che pensavo fossero utili ad un dibattito che in questi giorni è sulle prime pagine di tutti i giornali. Ho anche molto insistito sull’aspetto ironico della situazione, per convincerla.
La risposta è stata no: «Mi capisca, non posso farlo. “Qui mi sparano”».

giovedì 24 giugno 2010

Il miracolo aquilano siamo noi.






Piazza Navona: consiglio comunale. Non davanti a Palazzo Madama, a Piazza Navona. Questa la prima delusione.
Trovarsi ancora assieme, cari aquilani, è stato bellissimo. Sempre gli stessi: visi decisi, megafoni, striscioni, cartelli.
Tante presenze importanti, persino Marini, la Finocchiaro (per un attimo fuggente).
Cialente, il Sindaco, parla bene, non si impappina, strilla, persino. Applausi.
Poi gli altri.
E arriva il momento del senatore Piccone che è la seconda cosa che è andata male, non già per i fischi che si è beccato e nemmeno per il suo abbandono del consiglio, ma per la sua richiesta al Senato di dimissione del nostro Sindaco, giudicato incapace.
E qui arriva la terza cosa che non va.
E voglio parlare delle donazioni che arrivano a L’Aquila. Per carità, vanno bene. Ma non è che si può farne spettacolo e poi accusare noi di inconcludenza.
Insomma ho esempi di donazioni arrivate da svariati soggetti che, a monte, decidono: ti raccolgo i soldi, fai quello che dico io, in fretta e mi ringrazi. Punto.
Così capita che il Canada ci fa una donazione per un centro polifunzionale per studenti universitari e uno chiede: ci sarà anche la mensa? “Assolutamente no”, è la risposta. E non c’è verso di far cambiare idea. Così, colpevole la Regione che non provvede al ripristino di ciò che c’era, la mensa per studenti non c’è. In compenso avranno palestra, sala studio, sala ricreativa eccetera. Un gran lusso qui a L’Aquila. Continueremo a usare tendoni e container per la mensa e dovremo anche ringraziare la Protezione Civile per tutto ciò.
Poi c’è la Coca-Cola che vuole fare lo stesso. Ma nell’area nella quale si vuole costruire la struttura c’è un problema: c’è il metanodotto. Spostiamolo! Con quali soldi? Allora uno chiede: non possiamo destinare questi soldi per ristrutturare una struttura già esistente? “No. Ci riprendiamo i soldi e tanti saluti”.
Quindi pure le cantanti e assieme a loro Piccone che ci accusano di essere incapaci … calma, per piacere.

Noi esigiamo di avere gli stessi diritti degli altri terremotati: basta con le elemosine, gli aiuti e le conseguenti accuse.

Noi vogliamo un flusso di liquidità costante per rifare la città, partecipando alla ricostruzione, perché chi meglio di noi conosce la città e le sue esigenze?

Ma si sa, abbiamo avuto tanto e continuiamo ad avere tanto e allora la bella notizia è che abbiamo tirato pomodori e insalata al povero cavallo della sede Rai di Viale Mazzini.
Catartico!

martedì 22 giugno 2010

SOTTO LA BENEFICENZA: L'AQUILA ANCORA SOTTOPOSTA A PROVE TELEVISIVE DI REGIME

Dal mio amico Antonello Ciccozzi

Prima serata su Canale5, che - checché se ne dica - resta sempre l'ammiraglia del Cavaliere, del Leader, del Premier, del Presidente. Speciale Matrix "Amiche per l'Abruzzo", dove uno stuolo di balde cantanti ha raccolto un milione di euro. Aria di beneficenza per la città. Ringraziare e sorridere.
Domani in edicola ci sarà il dvd che riporta, proseguendone la beneficenza che lo motivò, il loro cncertone al San Siro di Milano. E' questo il motivo dello special, così tra video che celebrano il concerto e immagini della città, durante il dibattito, le cantanti ammettono rispettosamente che c'è molto da fare, in un pathos politicamente corretto, senza contestazione. Nessuno si stupisce del fatto che per un anno si sia gridato al miracolo della "ricostruzione esemplare".

Poi invece a un certo punto la matrona del gruppo si ribella: la Nannini chiede cupamente conto della manifestazione di dissenso aquilano e della censura fattane dai tg. Disobbedisce e guasta un pelo la serata di politica della carità (e di consacrazione di artiste) a cui oggi è toccato il turno di un nuovo spettacolo di beneficenza per L'Aquila; come quelli di "Porta a porta" durante l'emergenza, come le lotterie. Dopo le questue di Vespa, i "gratta e vinci", ora il concerto con DVD, e serata di gala.

Chiede conto la Nannini del perchè i tg hanno detto poco o per niente del fatto che la città è praticamente tutta in protesta, ma viene censurata dal conduttore; che invece richiama il solito messaggio di ottimismo di regime: i soldi ci sono e se non arrivano è per colpa del sindaco. Comunque il solito messaggio: lo Stato c'è, se non va è colpa vostra.

Molte belle canzoni. Si rischia che, dopo un altro grande prodigio nazionale come questo, se gli aquilani avranno ancora da ridire si riconfermeranno degli ingrati.
Domani speriamo che tutti compreranno un dvd di queste nostre nuove benefattrici per L'Aquila, così magari rifanno un pezzetto di portici per le "vasche" degli adolescenti. Ecco il contagocce della politica della carità che torna. Un vero spettacolo.

L'Aquila oggi - in un piovoso e freddo inizio d'estate un anno dopo il terremoto - è una città precaria, irregolare, frantumata, confusa.
Povera città. Disastrata da guarire, dove la necessità - ancora incompresa - di un’estetica della rifondazione confina con il timore di una preoccupante lungodegenza. Tra uno Stato votato al profitto e alla propaganda, e poteri locali assestati su clientelismo e incompetenza.

Povera L'Aquila, che, sotto il velo degli aiuti, si deve guardare da derive di profitto occultate tra le fauci di propaganda e censura; dove il dissenso al Governo viene sistematicamente marginalizzato e tacciato di ideologismo politico, mentre al suo operato viene data altissima visibilità in una narrazione trionfalistica che ha spesso raggiunto toni miracolistici.

lunedì 21 giugno 2010

REWIND


La mia bacheca Facebook del 6 aprile 2009


Durante lo scorso fine settimana ho fatto un qualcosa di molto singolare: ho scorso indietro nel tempo, fino al 6 aprile 2009 la mia pagina di Facebook.
E’ stata un’esperienza molto emozionante, un rewind.
Ho salvato le pagine più significative. Mi piacerebbe raccontarle.

Posso dire con certezza assoluta che la forza degli aquilani è venuta subito fuori. Sin dai primi giorni abbiamo reagito. Certo, chi poteva.
Quelle pagine vorrei far leggere a chi ancora pensa che qui si sia solo lamentosi e che si sia avuto troppo.
Sin dall’inizio abbiamo riempito le vie della nostra città, anche da lontano, di proposte positive, di denunce, di voci, di racconti, di desideri, di emozioni, di anime, di grida, di sussurri, di tramonti, albe, tremori della terra, paure.

Le maniche ce la siamo rimboccate subito, in molti, come potevamo: da lontano, dalle tendopoli, dai camper, dai paesi e poi dalle dimore più stabili abbiamo dato e cercato aiuto.
Anche a me come ad altri, capita ancora di sentire persone che parlano di noi, senza sapere. Per strada, ovunque, cerco di portare la mia città, il mio territorio, e non mi sento affatto sfinita.

Siamo stati grandi, forti e magari anche gentili.

Catapultati in una nuova vita che ancora non sappiamo cosa sia, ci siamo trasferiti e abbiamo viaggiato. Abbiamo sofferto la solitudine. Molti hanno perso il lavoro, la quotidianità. Tanti, troppi hanno perduto i propri cari.

Ma ci siamo. La città è viva.

Per questo non mi piace sentir parlare degli errori che si compiono. Credo sia inevitabile.
Ci siamo buttati nella mischia senza allenamenti e questo comporta che si possa perdere la palla.

Ma non la partita.

domenica 20 giugno 2010

L'Aquila: quello che i TG non hanno voluto mostrare

I nostri blog sostituiscono i media nazionali, anche quelli per i quali paghiamo il canone.
Il 16 giungo 20000 aquilani con la sola bandiera nero-verde (i colori della città) sono scesi in piazza ed hanno bloccato per qualche ora l'auotstrada che porta a Roma.

I cittadini del territorio aquilano rivendicano il diritto di equità rispetto a catastrofi simili che hanno colpito nel tempo la nazione. Chiedono quindi
• il congelamento delle tasse, dei muti, dei prestiti e delle altre imposte per 5 anni e successiva restituzione in 10 anni
• lavoro: garanzie per disoccupati,cassintegrati e precari, provvedimento per far ripartire le attività economiche e commerciali.
• Ricostruzione della città e dei paesi: quindi, subito, tutte le risorse necessarie, anche attraverso una tassa di scopo.
• Lo snellimento delle procedure per la ricostruzione vera
• Un futuro degno per la loro terra e i loro figli



Watch live streaming video from aq99tv at livestream.com

giovedì 17 giugno 2010

L’Aquila risorgerà dalle vostre macerie




Per 14 lunghi mesi giornalisti di varia “origine” sono entrati nelle nostre case (vecchie e nuove), hanno rovistato i nostri ricordi, hanno “zoommato” le nostre lacrime, hanno scavato i sentimenti dei famigliari delle vittime, si sono seduti sulle nostre macerie.
In TV, comunque, ho visto solo il trionfo del governo e qualche passaggio strappalacrime.

Improvvisamente il 14 febbraio eravamo ovunque: in 300 violammo la zona rossa e i titoli dei giornali e delle TV erano tutti per noi. Sono diventata famosa quella domenica.
In seguito ho capito perché: serviva una “sferzata giornalistica” in prossimità delle elezioni.
Nelle domeniche successive divenimmo talmente forti che qualcuno decise, scientemente, di catalogarci. Così fummo divisi. Persino ridicolizzati. E naturalmente catalogati.

Il nostro lavoro non si è mai fermato. Non abbiamo bisogno di passerelle mediatiche, abbiamo bisogno di certezze che ci mettano in condizione di ripartire. Il nostro lavoro è stato incessante e massacrante, ma nessuno di noi si è mai pentito di aver dedicato tempo alla città e men che meno ha mai cercato di essere esclusivamente sulle prime pagine dei giornali.
Lo scontento man mano è cresciuto, nel silenzio.
Poi è esploso. Una intera città, piegata da un terremoto disastroso e lasciata da parte non tanto dai media, ma soprattutto dalla politica, si è alzata. Ha sfilato per ore in una città martoriata e vuota per chiedere equità. Per rivendicare il diritto a vivere, a ricominciare a sperare.
Non c’era nulla da filmare se non 20000 persone ordinate, contente di ritrovarsi, che ritmavano la loro dignità di essere ancora una comunità, pur se terremotata.

Salutandoci su quella autostrada senza automobili, ieri, ci siamo detti: “andiamo a rivederci sui TG”.
Non c’eravamo, da nessuna parte, nelle reti per le quali paghiamo il canone (un piccolo spazio sul TG3).

La mia città è stuprata ogni giorno, da 14 lunghi mesi.

Siamo solo oggetto di spot e strumentalizzazioni, da 14 lunghi mesi.

Siamo una città che sta morendo.

Siamo una città, però. Attenzione!
Ci vedrete ancora, stavolta in azioni non più concordate, vi rovineremo le prime pagine, saliremo su ogni scala, brulicheremo ogni strada.
Vi saremo alle calcagna.
E voi direttori dei TG, tremerete, ogni volta.
Perché qui, dall’Aquila, stiamo invadendo le coscienze di molti.

E L’Aquila risorgerà, dalle vostre macerie.

mercoledì 16 giugno 2010

MO' BASTA


Si susseguono stasera i numeri: 10mila, 20mila … ma a me non importa quanti eravamo: tanti tanti mi sono parsi. Non mi sembra sia mai successa una cosa così, in Italia, dopo una catastrofe naturale.

Tante persone hanno fermato me e gli altri amici dell’assemblea cittadina, semplicemente per dirci “grazie, grazie per quello che fate”. Sì grazie a noi, considerati ingrati da chi ci vuole annientare, mettere in un angolo, come persone fastidiose.
“Mo’ basta” c’era scritto sul il mio cartello. “Brava- mi dicevano- basta veramente e di tutto. Basta con le bugie, basta con i trionfi mediatici”

Ecco gli aquilani sono anche questo. Gente che sfila per 4 ore sotto il sole, si incontra, scherza ride e ascolta gli altri, senza intermediazioni di dichiarazioni giornalistiche. Basta con gli slogan, gridavano tutti.

E sì, perché con la conferenza stampa del giorno prima hanno provato a dividerci, un’altra volta: I cittadini abruzzesi non dovranno restituire le tasse, i cui versamenti erano stati sospesi, a partire dal 1° luglio: un emendamento alla manovra economica, infatti, consentirà di sospendere il pagamento, per le popolazioni colpite dal terremoto, fino alla fine dell'anno.

Tutti si sono resi conto che questa sarebbe solo una lenta agonia, invece che l’inizio della rinascita!
Così, composti, con bandiere nero-verdi, maglie variamente inneggianti la città, cartelli artigianali, gli aquilani hanno ordinatamente invaso le poche vie agibili della città. Per quattro lunghe ore. Nessun disordine, nessuna volgarità.

Mo’ basta, questo si voleva dire. E questo è il messaggio che è passato. Anche quando abbiamo invaso le corsie dell’autostrada: che soddisfazione! Ci siamo seduti a terra e microfono alla mano ci siamo ascoltati.

L’Aquila, la nostra L’Aquila, presa in giro, condannata a morte, da chi pensa e spera che con una comunicazione accuratamente studiata, si possa continuare a sottomettere l’intelligenza delle persone. Certo siamo dovuti arrivare al limite dell’esasperazione, ma poi ce l’abbiamo fatta. Contro ogni previsione.

Sull’autostrada, oggi, c’erano anche i passeggini. Per strada persone di ogni età ed estrazione sociale.

Si banalizzerà, dicendo che volevamo solo i soldi. Noi, invece, vogliamo un futuro per la nostra terra e non solo per i giovani, ma anche per gli anziani, numerosissimi alla manifestazione, che chiedono solo di poter avere una speranza, invece che cadere nella disperazione che li sta uccidendo.

Questa è L’Aquila, ora mi aspetto che anche l’Italia tutta sia arrivata al punto di non ritorno e che possa dignitosamente dire “Mo’ basta!”.

FORTI E GENTILI SI', FESSI NO.




Basta. Basta.
Con la politica dell’arroganza, con i contentini, con le passerelle, con i proclami.

Noi abbiamo bisogno di certezze, non di pillole antidolorifiche.
Il futuro di un territorio distrutto non si improvvisa, si programma e per programmarlo si ha bisogno di certezze. Durerà a lungo la nostra ricostruzione, ma ci sarà: con fondi certi, investimenti oculati, ricostruzione sin da subito.
Non sono slogan, è l’unico modo per esserci ancora: Capoluogo di regione, Città territorio, Città della conoscenza e delle opportunità.

A cosa mi servono le tasse che non ho pagato? Non certo a restituirle.
Mi saranno utili per progettare il futuro dei miei figli, per riparare (nel caso la mia casa verrà ricostruita) i danni che il tempo, inesorabilmente, sta facendo, per far in modo che la mia casa (nella quale ho investito i risparmi della mia vita) sia una casa oltreché sicura, anche coibentata, energeticamente indipendente, mi servono per spenderli nella mia città, e far ripartire un’economia morta. E parlo solo per me, gli altri, meno fortunati che hanno perso la loro attività e non hanno avuto sostegni di nessun genere, hanno bisogno sia della detassazione che della restituzione quando la situazione sarà meno critica. Come fu per altri territori colpiti da catastrofi naturali.
Desideriamo equità di trattamento.

Basta. Basta.
Il governo interviene, ieri sera, con la solita strategia dell’ultimo minuto e dirama un comunicato stampa in cui viene sbandierata, come soluzione del problema, quella che pare essere semplicemente una proposta di emendamento alla finanziaria per una proroga di sei mesi della restituzione.

Non si possono ingannare i cittadini e dividerli, un’altra volta, come fu per la “protesta delle carriole”. Ci divisero e il problema smaltimento macerie è tutt’altro che risolto.

Oggi L’Aquila tira fuori le unghie.

Il nostro territorio non vuole morire.

martedì 15 giugno 2010

“ad reprimendam audaciam aquilanorum”


Ci risiamo. Ci hanno nuovamente preso in giro.

Domani gli aquilani scendono tutti in Piazza per chiedere equità di trattamento rispetto ad altre catastrofi. E cioè finanziamenti veri, certezze, che possano, nei prossimi anni, farci risalire la china.
La verità è che ci stanno tenendo per il collo, con contentini che propinano in conferenze stampa alla vigilia della nostra manifestazione.
Per prendersi nuovamente le prime pagine e farci passare per ingrati, lamentosi e pigri.

I cittadini abruzzesi non dovranno restituire le tasse, i cui versamenti erano stati sospesi, a partire dal 1° luglio: un emendamento alla manovra economica, infatti, consentirà di sospendere il pagamento, per le popolazioni colpite dal terremoto, fino alla fine dell'anno.
Lo ha affermato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi, cui hanno partecipato il Commissario delegato per la ricostruzione Gianni Chiodi ed il vicepresidente del Consiglio regionale Giorgio De Matteis.


No, non dobbiamo starci a questo ricatto da strozzini.
Il territorio aquilano è a pezzi e non parlo, purtroppo, solo di macerie.
Chiedere l’esenzione delle tasse non è chiedere assistenzialismo, vuol dire, semplicemente, darci gli strumenti per ripartire. Come fu altrove: in Umbria, per esempio.
Chiedere di restituirle tra dieci anni, non è elemosinare, significa essere coscienti del fatto che la rinascita non potrà avere tempi brevi.
Chiedere la sospensione dei mutui su case inagibili, non pare proprio che sia chiedere la luna.
Chiedere una tassa di scopo per la ricostruzione vera, non è chiedere assistenzialismo, significa chiedere con forza che un territorio bellissimo venga restituito all’Italia intera anzi, al mondo intero.

Ma loro sono bravi a vendere per oro colato quello che io chiamo un cappio la collo: lo stringono, poi lo allentano, poi lo tirano di nuovo.

Ma non molleremo.
Tutta l’immondizia che ci sta sommergendo se la ritroveranno sotto casa.
Potete contarci!

sabato 12 giugno 2010

I borghi dell'Aquilano




E’ che questo terremoto viene definito male. Terremoto d’Abruzzo. Terremoto dell’Aquila.
La verità è che il terremoto di un interno territorio in provincia dell’Aquila. Moltissimi comuni e altrettante frazioni, spesso dimenticate.

Sono stata ai piedi del Gran Sasso, la più bella montagna degli Appennini. E ho voluto rivedere il paese di Filetto, dove spesso ho passato serate meravigliose in una trattoria alla quale per telefono, qualche ora prima di cenare, si poteva ordinare di tutto: fettuccine, gnocchi, polenta.

Salendo verso Filetto che si staglia a più di 1000 metri di altitudine, ho fotografato Camarda, dall’alto (è la foto che vedete all’inizio del mio post). Un colpo al cuore: sulla sinistra il paese disabitato, sulla destra il progetto C.A.S.E. e i MAP (moduli abitativi provvisori).
Camarda non c’è più. Non interessa a nessuno. Eppure la distruzione dei nostri borghi è la distruzione della nostra storia, come nazione, intendo. I piccoli paesi ci conservano la memoria di ciò che dovremmo pensare di ricominciare ad essere: cittadini di un pianeta che grida rispetto.
Ma noi lo dimenticheremo e ci accontenteremo di appartamenti tutti uguali, con TV e lavastoviglie.

Devio per Pescomaggiore e fotografo il villaggio di paglia. Poi vado in paese e vedo le ferite, tutte lì.

Un villaggio ecosostenibile di paglia sta conservando non solo la vita del paese, ma le radici di una vita che non viviamo più, nessuno, me compresa.

Scendo giù verso Paganica e costeggio le cave che ci forniscono il materiale edilizio cui siamo abituati.
Approdo nel grande paese di Paganica, ho fretta di tornare a casa, ma non posso fare a meno, in mezzo alla distruzione di fotografare sul retro di una bellissima chiesa rovinata, una nuova Chiesa , tutta di legno, con annessa canonica abbellita da gerani sulle finestre.

Salviamo L’Aquila e tutti i suoi borghi.

venerdì 11 giugno 2010

QUESSA E’ L’AQUILA FRA’ (2)




Ecco che cos’è questa città da mesi e mesi: una passerella.
Per tutti.
Oggi ne abbiamo visto un’altra.
Quatti quatti Monsignor Molinari, Bertolaso, Chiodi, Del Corvo e tanti altri si sono dati appuntamento per inaugurare la Facciata della Basilica di Collemaggio. Presenti i soliti “becchini” e tutte le TV e i giornali. Noi cittadini l’abbiamo saputo per caso.

La facciata della Basilica di Collemaggio è tornata nel suo splendore, però, attenzione, la Protezione Civile e il terremoto non c’entrano nulla. I lavori erano iniziati nel 2007.
La Basilica fu oggetto di passerella già a Natale. Tutti i giornali titolarono: RESTAURATA LA BASILICA DI COLLEMAGGIO, SIMBOLO DELLA CITTA’.
E già questo non era vero. La nostra bellissima Basilica ha subito danni notevolissimi. A Natale venne celebrata la Messa al suo interno messo in sicurezza (alla presenza dei soliti): la Basilica all’interno è tutta incerottata ed è stata coperta con un tetto di plexiglass. Quindi nessun restauro, solo messa in sicurezza, così come la Chiesa delle Anime Sante.

Oggi qualcuno pensava di fare un’altra passerella per poter titolare ancora una volta tutte le testate giornalistiche invocando l’ennesimo miracolo.
Ma c’eravamo noi a rompere le uova nel paniere.
Quando la Digos mi ha visto si è spaventata: sì spaventata, vi rendete conto?
Sono stata raggiunta subito da Annalucia e i ragazzi del 3e32, simpaticamente accompagnati da pistole ad acqua.

Bertolaso ha avuto il coraggio di entrare in Basilica attraverso la Porta Santa e vorrei sapere dal Monsignor Molinari se per caso l’ha confessato lui stesso o si è fidato di un pentimento telefonico.

Non ci hanno fatto avvicinare al piazzale antistante la Basilica: eravamo pochi e neanche violenti, ma a noi l’accesso è stato negato, con tanto di spintoni.

Il dissenso oramai è un’arma di distruzione di massa. E persone normali con un semplice cartello o striscione, neanche offensivo, è ritenuta feccia.

L’Aquila, stuprata per l’ennesima volta: pagheremo le tasse, i mutui e tutto il resto, diversamente da altre popolazioni terremotate, e qui a L’Aquila, davanti alla Basilica c’è chi viene rifarsi una verginità.

Poi alla fine Chiodi si è avvicinato: ci daranno un contentino per le tasse.

Ecco: quessa è L’Aquila frà.

giovedì 10 giugno 2010

PER LA LIBERTA'




“Quella di oggi è una giornata nera per lo stato di diritto e per la Costituzione”, afferma il deputato Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21.

“Insieme al presidente Federico Orlando invito a listare a lutto tutti i giornali, i siti e i blog, e chiedo a radio e tv di mandare in onda un minuto di silenzio”.

L'OCCHIO DEL CICLONE

L’Aquila è sui giornali sempre: ormai tra indagini in corso ed esternazioni del Premier siamo nell’occhio del ciclone.

Ma in fondo non si parla mai dell’Aquila. Non si sfiora neanche l’argomento.
E prova ne sia, per esempio, l’ultima puntata di Ballarò dove, tranne poche parole di Bersani, nessuno ha descritto la situazione nella quale, ahimè, versiamo.

Continuo a non capire come giornalisti, anche di chiara fama, parlino di argomenti, in questo caso inerenti la mia città, senza minimamente informarsi.
Nella puntata di Ballarò Pierluigi Battista, si è scagliato contro l’indagine in corso a L’Aquila a carico della Commissione Grandi Rischi ed in particolare sul cosiddetto “mancato allarme”. Anche qui a L’Aquila sembra che ci sia un certo nervosismo, persino tra gli scienziati.
Da scienziata affermo, con forza, che i terremoti non si possono prevedere. Questo è un dato di fatto, così come lo sono i numerosi scienziati di varie discipline che studiano, elaborano dati, fanno statistiche, osservano le faglie, l’andamento di vari presunti precursori e aumentano, di fatto, la conoscenza del nostro pianeta e dei fenomeni naturali.
Il terremoto si può prevenire, anzi gli effetti dannosi di un sisma si possono eliminare. E questo comincia dall’applicazione di tecniche di costruzione innovative che la scienza e la tecnologia mettono a disposizione di tutte le comunità.

Detto questo i partecipanti alla trasmissione Ballarò ed in particolare Pierluigi Battista, hanno difeso la commissione Grandi Rischi, spostando la discussione sulla validità degli scienziati che, ovviamente e onestamente, hanno detto che un terremoto non si può prevedere.
Invece non è questa la questione e non si può giocare sulle parole. Neanche Floris, il conduttore, ha detto nulla a difesa di quegli aquilani sottoscrittori dell’esposto alla Procura della Repubblica.

Insomma se un terremoto non si può prevedere, perché dire state tranquilli? Avevano forse previsto che non sarebbe accaduto? Impossibile, come avrebbero potuto? Siamo in una zona sismica ad alto rischio e lo sciame si protraeva da mesi. E poi ci sono anche dati storici a riguardo. Forse in 28 minuti non si è esaminato a fondo il problema. Poi ci sono moltissime incognite e spero verrà fatta luce. Non per L’Aquila, ma per tutta l’Italia.

Ed inoltre, perché continuare a dire che la città non poteva essere evacuata? Non si sta discutendo l’evacuazione, ma la mancanza di qualsiasi tipo di informazione riguardo i comportamenti da tenere, né, badate bene, la segnalazione di costruzioni a rischio crollo (presenti in un rapporto costato 5 milioni di Euro). E se l’orco fosse arrivato 6 ore più tardi? Meglio non pensarci.

Penso, invece, che non c’erano piani di emergenza e colpevoli, in questo caso, sono anche tutti coloro che, pur in presenza di una Legge Regionale in materia di Protezione Civile, non hanno mai provveduto alla sua applicazione. Nessun Piano di Emergenza: a L’Aquila quella notte c’erano pochissimi Vigili del Fuoco e noi, usciti di casa, non sapevamo neanche se e dove fossero punti di raduno.

E non lo sappiamo neanche ora.

martedì 8 giugno 2010

SONO STANCA (2)

E lo si capisce dal fatto che mi sto accingendo a scrivere su di lui. Berlusconi.
E neanche so da dove cominciare.
Inizio dalla fine: io non sparerò a nessuno. Né a Berlusconi né a nessuno della Protezione Civile. Anche se loro di colpi ne hanno sparati tanti alla mia città: per sempre hanno sconvolto il nostro territorio e la nostra comunità; non hanno voluto partecipazione e confronto; hanno fatto comunella con la Curia, permettendo alla stessa di usare terreni e fondi pubblici; hanno gridato al miracolo mentre la città muore; non hanno fatto nulla per la vera ricostruzione; hanno chiamato ingrati i pochi che cercavano la verità, cialtroni coloro che andavano a curare 700 anni di storia distesi su 160 ettari; hanno ordinato il sequestro delle carriole …………. non hanno fatto prevenzione permettendo a noi, fiduciosi, di metterci al letto ad aspettare la morte, ed oggi neanche, dopo la catastrofe, a L’Aquila sappiamo cosa fare in caso di emergenza …. e ci sarebbe tanto altro.

Il Premier CONTINUA A DARE GIUDIZI MORALI ED ETICI SUI CITTADINI PERSINO SU PRESUNTI SENTIMENTI E CONSEGUENTI REAZIONI.

Ma io non sparerò a nessuno: aspetto, ancora aspetto, stanca, che tutto ciò finisca.

Stanca, ma lucida: il 16 giugno sarò alla Villa con i miei concittadini ingrati, cialtroni, piagnoni, terroristi e, stavolta, non credo che saremo solo comunisti!

lunedì 7 giugno 2010

La ricostruzione in Umbria e in Abruzzo

La ricostruzione in Umbria e in Abruzzo a confronto preso a zonzo sulla rete
Del mio amico Massimo Prosperococco

Quando si pensa al sisma che tra il settembre e l’ottobre del 1997 ha devastato l’Umbria e le Marche, si tende spesso ad associare ad esso concetti come: container, ritardo nella ricostruzione, sfollati, scarsità di fondi, insufficiente capacità organizzativa e di coordinazione.

Il richiamo figurativo più frequente è l’immagine degli sfollati ancora chiusi nei container alcuni anni dopo il terremoto. E’ abitudine generalizzata concepire la gestione della crisi post-sisma umbro-marchigiano come sinonimo di quasi inefficienza.

Una gestione che si tende a valutare appena sufficiente, tanto da essere richiamata spesso come riferimento negativo da Silvio Berlusconi, in un continuo paragone tra le due strategie di ricostruzione. Un paragone chiaro ed efficace richiede però un’attenta analisi dei dati di fatto, dei numeri, della realtà dei due programmi e degli effetti previsti e verificati.

67.500 i cittadini abruzzesi evacuati dalle proprie abitazioni nelle ore successive al sisma del 6 aprile. Poco più di 22mila gli sfollati umbri e marchigiani nel 1997. Precisamente un terzo di quelli aquilani.

In relazione a ciò, i fondi programmati e stanziati dal governo italiano e dalla regione Umbria (attraverso diversi mutui contratti dall’ente regionale al preciso scopo della ricostruzione) ammontavano complessivamente a 15mila miliardi di lire. 7,75 miliardi di euro.

Per il dramma aquilano, con proporzioni di devastazioni triplici, lo stato italiano stanzia appena 5,8 miliardi di euro, cui vanno aggiunti i 4 miliardi programmati dal CIPE e sottratti dalla quota di fondi previsti per lo sviluppo nel Mezzogiorno e i 470 milioni stanziati dall’Unione Europea.

10,2 miliardi complessivi, comprensivi di risorse finalizzate allo sviluppo economico, alle esenzioni fiscali, ai sistemi contributivi e ai lavori di messa in sicurezza, per una porzione di paese che, invece, secondo i resoconti ufficiali dell’Unione Europea per la sola ricostruzione infrastrutturale necessiterebbe di oltre 10 miliardi di euro.

Una comparazione accurata tra i due sistemi di spesa, richiede un’analisi dettagliata per il capitolo di spesa più importante: gli stanziamenti per la ricostruzione privata.

Per Umbria e Marche, a fronte di 27.781 interventi di ricostruzione per edifici privati, vennero stanziati oltre 5 miliardi di euro. In Abruzzo il monte complessivo di fondi per la ricostruzione privata ammonta a 3,1 miliardi di euro, spalmati dal 2010 al 2032, per un numero di abitazioni colpite oltre a 34mila unità escluse le case A

Esclusi eventuali fondi FAS, per i primi 4 anni saranno disponibili 800 milioni di euro. Meno di quanto messo a disposizione nello stesso tempo per Umbria e Marche.

Altro confronto, quello sulla strategia di ricostruzione. In Umbria dopo 3 anni, il 65% delle persone era tornato nella propria casa perfettamente a norma o abitava in una casa di nuova costruzione al posto di quella vecchia. Il restante 35% usufruiva del contributo di autonoma sistemazione o dei moduli abitativi temporanei (l’11%).

Per L’Aquila il piano di ricostruzione ha concentrato l’attenzione sul piano C.A.S.E. piuttosto che sui moduli in legno. L’assenza di un vero piano di realizzazione di case in legno o mobili (con un costo pari ad un terzo di quelle temporanee in cemento armato e prive di problemi di impatto ambientale) ha comporto ancora la presenza, di diverse decine di migliaia di persone assistite dalla Protezione Civile.

Infine, ultimo raffronto: la questione dei tributi. Un raffronto immediato. Sospensione del pagamento delle tasse per due anni e recupero del 40% degli arretrati dopo 12 anni in Umbria. Sospensione del pagamento dei tributi per 16 mesi e recupero del 100% degli arretrati per l’Abruzzo.

domenica 6 giugno 2010

La PIAZZA è il luogo, ORA è il tempo.

Caro Sindaco,
oggi a esatti 14 mesi dal sisma hai dichiarato: la nostra città è un malato grave che bisogna andare a trovare tutti i giorni.
Ti ringrazio per queste parole che, in realtà, escono dalle nostre bocche da un anno, da quando quel piccolo pezzo di noi ha riaperto i battenti.
Lo andiamo gridando da tempo: dalle nostre assemblee in Piazza Duomo di giugno dello scorso anno. Eravamo e siamo increduli, di fronte al conformismo mediatico creato ad hoc sul terremoto dei miracoli. Eravamo e siamo soli, con i nostri tentativi di togliere quel velo di menzogne che ha transennato la nostra città e assieme le nostre vite.
Siamo soli, ancora, perché nulla sappiamo di quel che accadrà. Poi improvvisamente si aprono poche centinaia di metri di una strada, ed è festa. E’ festa, caro Sindaco. Era impossibile percorrere quei metri di strada in meno di un’ora: tante erano le persone da salutare, abbracciare.

Sindaco le abbiamo provate tutte per essere cittadini consapevoli, per aprire le finestre della nostra sofferenza, per avere trasparenza, per concorrere alla guarigione di quel malato gravissimo. Eppure siamo derisi, ci hanno divisi, ci hanno chiamato cialtroni, ci hanno denunciato. E noi imperterriti a incontrarci, a scrivere progetti, ha varcare le transenne, a scrivere esposti alla procura, a proporre opportunità per creare lavoro, a dire che le case erano poche, che gli studenti universitari sono abbandonati, a farci sangue amaro, a usare tutto il nostro tempo.

E’ ora, caro Sindaco, che la Piazza sia il luogo nel quale ci racconti cosa succede. Un luogo nel quale i tuoi cittadini, conoscendo ciò che si sta facendo, possano indirizzare al meglio le loro energie.
E' ora, Sindaco, che la città partecipi, non per farci un piacere, ma secondo un principio di democrazia altrove applicato con successo.

La PIAZZA è il luogo, ORA è il tempo.

AD REPRIMENDAM QUIETEM AQUILANORUM

«Quei palazzi sono storti!»
Così diceva oggi una bimba alla sua mamma passeggiando per il Corso stretto.

La mia città è ancora storta, dopo 14 mesi. E come ho detto altrove, per raddrizzarla occorre l’ordine di 80000 persone, nessuno può farlo da solo, neanche a piccoli gruppi.

La città e tutto il territorio del cratere hanno bisogno di noi, oggi più che mai.
Dal 1° luglio torneremo a pagare le tasse e cominceremo a restituire ciò che ci è stato dato.
Che vuol dire?
Che dal primo luglio il mio stipendio sarà dimezzato (quello netto intendo) e se durante questi mesi non avessi messo da parte quello che mi è stato dato, dal primo luglio sarei col culo per terra.
Cosa me li hanno dati a fare quei soldi? Ma io sono anche fortunata ed è meglio che non mi lamenti.

Le persone che hanno perso il lavoro (un’infinità di piccoli commercianti e artigiani) senza aver incassato nulla dovranno versare il dovuto. Una mia amica mi ha detto che pur non avendo incassato nulla dovrà versare 8000 Euro. Solo alcuni saranno esentati, ma è un’inezia. Dal 1° luglio al 31 dicembre torneranno nelle casse delle stato gli unici soldi che la cassa depositi e prestiti aveva messo a disposizione per la riparazione dei danni leggeri.

Ma non è tutto: torneremo a pagare i mutui, anche quelli accesi per la case che ora risultano inagibili e, al momento, non sappiano quando riavremo e neppure se le riavremo. I soldi per la ricostruzione pesante sono solo virtuali.

Il 16 giugno alle 16.00 io sarò alla Villa Comunale, per salvare la mia città.
Chiediamo al Governo, al Parlamento Italiano e al Presidente della Repubblica di esonerare gli abitanti del Cratere dal pagamento di Tasse e Mutui per il tempo necessario al ripristino di una situazione economica minimamente accettabile. Come fu per il terremoto di Umbria e Marche.

Da sola non vado lontano.
Forza L’Aquila: alziamoci in piedi e rimettiamo dritta la nostra città.

venerdì 4 giugno 2010

MANCANZA



Giorni fa sono stata fuori L’Aquila. Come capita a molti, nel preparare la valigia dimentico spesso qualcosa. La mattina al risveglio in albergo mi rendo conto di non aver preso la crema per il viso. Attimi di panico. Mi lavo e la pelle del viso comincia a tirarmi. Caspita come faccio, la mia crema! Così in preda ad una crisi di rabbia esco, vado in città e la compro. Tutto a posto, in men che non si dica.
E ce l’avete presente quando di notte, state fuori casa e vi manca il vostro cuscino? O l’acqua da bere di notte?

Perché dico questo? Per spiegare, con esempi banali, cosa significa non avere più la propria casa e assieme tutta la tua città.

Ti svegli al mattino e ti manca qualcosa di cui hai bisogno, neanche realizzi cosa. Poi ti accorgi di averla sognata, oppure nel prepararti pensi ad un particolare, spesso insignificante, della tua casa o a un angolo della tua città. Senti il vuoto, la mancanza e ti devi adeguare.
Ecco, ti manca sempre qualcosa.
Un lutto.
Col tempo diviene un buco, nello stomaco, nelle materie bianca e grigia, che ti accompagna, anche se spesso sei impegnato a fare altro.

Domani riapre un piccolo pezzo di città. E per la prima volta dopo 14 mesi, ho una sensazione strana di leggerezza.
Come quando ho comprato la crema per il viso, come quando ritrovo il mio cuscino, come quando rivedo un amico dopo tanto tempo.

Così si sta senza città.

E se qualcuno dei politici, degli amministratori, dei commissari capisse che effetto può avere sulla mente delle persone, sul loro coraggio, sul loro rimboccarsi le maniche, sulle loro speranze, sul loro umore, sulla loro vita, bè, capirebbero che riaprire la città, riaprire quei vicoli, riaprire quelle piazze è il primo atto di rinascita. Di una comunità.

Domani camminerò sul nostro corso, senza sfondare alcuna transenna.
Vedrò quel pezzo di me che ho lasciato al bar Gran Sasso, i miei occhi sulle vetrine, ricorderò quando c’era il cinema sul Corso stretto, gli uffici del Comune, i ragazzini del sabato pomeriggio, la casa di Tiziana (la baby-sitter) dove i miei figli hanno giocato per tanti anni. Rivedrò i miei concittadini, finalmente con uno sguardo diverso.

Oh, L’Aquila mia, quanto mi sei mancata!

P.S. Nella foto potete vedere che è solo un piccolo pezzo di strada che riapre. Ma è la nostra strada maestra.

LE CALAMITA'

Non avrei voluto scrivere sulla questione del mancato allarme rispetto al terremoto dell’Aquila. Ma poi ci sono alcune frasi che mi hanno colpito, direi a morte.

Boschi, il direttore dell'Istituto nazionale geofisica e vulcanologia, dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia per la sottovalutazione degli allarmi prima del sisma, dichiara: “Fa parte del gioco,Ma ne avrei fatto a meno, ora vedrò di capire meglio".

Bertolaso: "Penalizzato chi si assume responsabilità"

Il Giornale, Massimo De Manzoni: “Ma ve lo immaginate un mondo dove ogni due per tre qualche esperto, nel timore di incorrere nelle ire della magistratura, si mette a gridare: «Pericolo, tutti fuori dalle vostre case»?”

E non commento.

Ma voglio ricordare a tutti quanto successe durante il G8: una mia lettera inviata alla stampa il 4 luglio 2009, quando ancora numerose scosse si susseguivano.

G8, pronto un Piano B "Ma il vertice si farà"

Sono pronti addirittura due piani: uno totalmente "alternativo" al summit abruzzese e l'altro di "evacuazione".

Sono arrabbiata, indignata, sgomenta!
L’Aquila è in mezzo a uno sciame sismico da molti mesi, troppi. L’apice lo abbiamo avuto il 6 aprile alle ore 3.32 con una scossa lunghissima di intensità 6,3.
Dopo alcune scosse più intense, il vertice del 31 marzo alla presenza di Bertolaso, ci diceva che dovevamo stare tranquilli e per noi non si preparò neanche il piano A.
Vagammo tutti come zombie quella mattina nella città, poi verso la periferia cercando di capire dove stavano arrivando gli aiuti. In mezzo ad un mare di automobili, di mezzi dei più svariati che arrivavano chissà da dove per andare chissà in quale posto e a fare chissà cosa. Non sapevamo nulla, nulla di nulla. Solo che dovevamo essere tranquilli.
Anche ora ci dicono che è tutto normale, anche se non si può escludere niente.
E’ molto interessante vedere come in men che non si dica sia stata costruita per il G8, una strada tutta nuova con un appalto di 3 milioni di Euro e che ci siamo chiesti tutti a cosa dovesse servire. E’ una via di fuga. Immagino che faccia parte del piano di evacuazione.
State tranquilli cari Aquilani, lo sciame che stiamo vivendo ora rientra nella normalità! Certo ieri quando la seconda scossa ci ha sorpreso, quella di magnitudo 4,1, eravamo ancora tutti fuori per digerire quella di magnitudo 3,4. Così il nostro piano A, fuggire immediatamente, ha funzionato ed abbiamo potuto vedere tutti, le nostre case tremare con la seconda scossa, quella che ha fatto innervosire i grandi della terra.
Anche le case in tipologia A hanno avuto un sobbalzo, quelle dove in molti sono rientrati, anzi son dovuti rientrare. Il piano A o B, non so, ce lo facciamo da soli. Io sono rientrata nella casa agibile di mio fratello e il mio piano A è dormire a piano terra con porta aperta. Il piano B è il mio camper, comprato appositamente per l’occasione con nessun contributo se non quello di autonoma sistemazione (200 Euro al mese), che ora finalmente posso andare a ritirare.
Mi piacerebbe sapere se la previsione di un piano B per il G8, addirittura alternativo alla sede Aquilana, sia solo un modo di tranquillizzare i grandi, o di allarmare noi. In questo secondo caso, ditecelo chiaramente, provvederemo di conseguenza. Gli aquilani sono gente quadrata, che sa cosa fare. Specie i piani B.

RICORDO A TUTTI CHE, ANCHE DOPO LA CATASTROFE, NON ABBIAMO UN PIANO DI EVACUAZIONE, NON CI SONO STATE DATE INFORMAZIONI RIGUARDO IL COMPORTAMENTO DA TENERE IN CASO DI TERREMOTO. E , A VOI CHE ABITATE ALTROVE, HANNO DATO QUESTE INFORMAZIONI?

mercoledì 2 giugno 2010

A volte capita



Ebbene a L’Aquila capita che vai in assemblea a Piazza Duomo e c’è anche il Sindaco. E poi lo stesso prende la parola. E ci spiega, aprite bene le orecchie, che i soldi per la ricostruzione non ci sono, l’ha saputo venerdì sera.
Poi ci dice che dobbiamo fare una grande manifestazione mercoledì 16 giugno per protestare per la storia delle tasse e che durante i prossimi giorni dobbiamo tenere alta l’attenzione sulla nostra città. Conta su di noi, sulle nostre capacità di comunicazione perché, udite bene, il Comune non ha la stessa efficacia.

Poi nello spiegarci del perché di alcune riperimetrazioni, ci comunica dei progetti in atto per la zona della stazione ferroviaria, della destinazione dell’autoparco, dell’uso della ferrovia, della ristrutturazione di Valle Pretara, della riqualificazione del Viale della Croce Rossa …

E se non fossi andata all’assemblea come avrei potuto sapere tutto ciò? Mi spiega che sono solo idee, non concrete ed io mi chiedo perché allora ci sono già le riperimetrazioni. Insomma se uno poi ha dei sospetti non è che può essere catalogato come complottista.

Trovo pazzesco che non ci sia trasparenza, comunicazione, condivisione, nulla, oltre al fatto che non ci sono soldi …bah!

E allora, non essendo una tecnica specializzata nel campo, digito su un motore di ricerca “Masterplan” e trovo un documento sul sito del Comune di Bolzano , ove viene illustrato il Masterplan per la città. Accessibile a tutti, presentato in una conferenza, riportato su alcuni giornali di architettura.

Ecco, capita anche questo.

LA FORZA DELLA NATURA




La Crocetta
Chi è aquilano sa di cosa parlo. Ho camminato in montagna stamattina, tornando dopo un anno alla Crocetta. Ho rivisto quel baratro che si è aperto non appena si comincia a salire. Poi ho trovato il sentiero e l’ho ripercorso.
E’ primavera e la fioritura è bellissima. Ma quella montagna a tutti ricorda l’incendio che avvenne 3 anni fa.

A me oggi ha ricordato un bel mucchio di cose, personali. Quella montagna mi tiene compagnia da non ricordo più quanto tempo. Ed è così per tanti aquilani.

Le condizioni della montagna di San Giuliano sono una metafora: alberi neri, spogli, semi-carbonizzati, sono lì, a volte in piedi altre al suolo. I rami si stagliano nel cielo azzurro e il vento non fa nessun rumore. Intorno la natura, forte come sempre, appare rigogliosa: fiori di tutti i colori, nuovi germogli che spuntano ovunque, anche nel mezzo di fusti carbonizzati.

Ecco, dopo tre anni la natura si rimpossessa di tutto, anche se l’uomo non fa nulla.
Non sono così esperta da sapere cosa bisognasse fare, ma una raccolta degli alberi carbonizzati poteva essere fatta anche per permettere ai giovani germogli di avere vita più facile. Mi chiedo se non sia possibile finanziare una cooperativa di volontari che si dedichino alla montagna e se, magari, non sia possibile rivendere quei fusti morti a qualche cementificio, iniziando un percorso virtuoso di recupero di quella montagna simbolo.

Insomma, la montagna di San Giuliano è come la mia città: mentre l’uomo si intorcina lasciandola morire, la natura fa il suo corso ed erba, fiori, piccoli germogli sono ovunque tra le macerie, tra le pietre monumentali di pregio abbandonate, tra i palazzi vincolati, le case dei cittadini, le chiese scoperchiate, gli affreschi tra le intemperie.

La natura è più forte e più gentile dell’uomo.