Il nome di questo blog riporta il tempo che mi sembra sia passato dal momento in cui mi sono svegliata il 6 aprile 2009, a causa del sisma che ha colpito la mia città, e l’attimo nel quale ho percepito che la scossa si affievoliva. Non è il tempo a determinare la successione degli eventi, bensì è proprio lo scorrere degli eventi che determina il tempo che passa.
lunedì 28 giugno 2010
I soldi ci sono
"I fondi ci sono - ha assicurato Bertolaso - sono già stati stanziati e ho fatto io personalmente le verifiche, ma questi quattrini bisogna saperli chiedere nel modo giusto, bisogna saperli ottenere e bisogna sapere come spenderli”.
Cari detentori del nostro destino,
sono un’aquilana, dal 6 aprile 2009 sono terremotata.
Ho perduto la mia città ed anche la mia casa.
Durante l’emergenza ho vissuto in un camper provvedendo autonomamente al suo acquisto e alla sopravvivenza mia e della mia famiglia nei 7 mesi successivi al disastro.
Il 24 ottobre sono entrata nel progetto C.A.S.E.
Sin dai primi momenti non ho saputo stare zitta di fronte alla nuova realtà che mi si prospettava, ho cercato di gridare a tutti che la ricostruzione non c’era e, in realtà, non c’è, che non c’è lavoro e i miei concittadini sono alla disperazione, che il centro città e tutti i paesi del cratere sono in stato di abbandono, che gli studenti universitari sono pendolari, che ci sono ancora oggi più di 30000 sfollati, che non ho idea di quando e come rientrerò a casa, di come sarà la mia città, di quanti se ne sono andati, di che corso avrà la giustizia.
Desidero solo che la mia città abbia lo stesso trattamento riservato ad altre catastrofi.
Viene detto che noi aquilani dovremmo saper chiedere.
Essere grati, chiedere, persino usando le giuste maniere. Lo trovo vomitevole, scusate l’ardire.
Ci occorre una tassa di scopo per contare su un flusso costante di denaro consono ad avviare la ricostruzione dei centri storici, ci occorre una sospensione delle tasse per il tempo necessario a far riprendere l’economia ed un sostegno concreto all’occupazione. Poche cose, chiare.
Che altro? Nulla. L’Aquila e il territorio hanno solo bisogno che vengano rispettati i loro diritti.
Per il resto dovrebbe valere il principio di sussidiarietà: tale principio risale, seppur indirettamente, ad Aristotele (rapporto tra governo e libertà) ed implica che:
• le diverse istituzioni, nazionali come sovranazionali, debbano tendere a creare le condizioni che permettano alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività: un'entità di livello superiore non deve agire in situazioni nelle quali l'entità di livello inferiore (e, da ultimo, il cittadino) è in grado di agire per proprio conto;
• l'intervento dell'entità di livello superiore debba essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore;
• l'intervento pubblico sia attuato quanto più vicino possibile al cittadino: prossimità del livello decisionale a quello di attuazione.
• esistono tuttavia un nucleo di funzioni inderogabili che i poteri pubblici non possono alienare (coordinamento, controllo, garanzia dei livelli minimi di diritti sociali, equità, ecc).
Il 7 luglio a Roma, in ogni caso, verremo a ribadire i nostri diritti , non a supplicarli, non a chiederli.
I modi saranno i soliti: l’intero territorio aquilano insieme con bandiere nero verdi.
Aggiungeremo note distintive: caschetto e vestiti bianchi. Non potrete confonderci con altri.
Siamo noi, sempre, gli aquilani: l’unico miracolo di questo terremoto
A presto.
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Bravissima Giusi.
RispondiEliminaIl ribrezzo che ho provato leggendo quelle parole di Bertolaso è inenarrabile.
Bisogna saper chiedere.
Dobbiamo mandare le nostre figlie a chiederlo direttamente a villa Certosa?
Dobbiamo tutti diventare forzaidioti?
Dobbiamo sperare che uno di noi diventi ministro senza ministero?
Dobbiamo credere incondizionatamente nel miracolo e prostarci ai piedi del re sole e del suo vassallo in polo blu?
Che abominio!
Anna, tra le tante, questa richiesta del RE SOLE mi ha mandato in bestia.
RispondiEliminaBisogna saper chiedere, intendendo che le richieste devono essere motivate. Come se stessimo a chiedere un nuovo teatro e, invece, noi qui non abbiamo la città, le nostre case, il nostro lavoro.
Aberrante: ora la colpa è solo nostra.
Mentre qui abbiamo pronto tutto. Non ci sono soldi, questa è l'amara realtà.
Chiedo al sito della Protezione Civile come si fa a "chiedere" cosi' almeno arrivano i soldi anche per casa mia che il costruttore sta fallendo. Poi giro la dritta ai concittadini che lavorano al comune.... so' quatrani, non lo sanno fà.
RispondiEliminaSandro
Chiedere, chiedere, tingraziare ringraziare... per i nostri diritti?
RispondiEliminaMò basta!
Parole Sante!
RispondiEliminaQuelle di Giusi, s'intende!
Oddio! Sull'essere grati, come concetto astratto, in sé, in assoluto, si potrebbe anche meditare un momento: perché non esserlo per principio preso? Perché non esserlo, fosse anche solo per educazione?
Quando andiamo presso un ente pubblico, ad esempio, possiamo venir trattati in tanti modi diversi, con più o meno efficienza, con più o meno solerzia, con più o meno gentilezza. Se veniamo trattati anche solo normalmente, altrettanto normalmente e spontaneamente, senza che nessuno possa pretenderlo da statuto, diremmo senz'altro il nostro cortese e circostanziato "Grazie!"... ...ma da qui ai salamelecchi, alla gratitudine eterna, alla sottomissione, alla dipendenza, al guinzaglio, al diventare "pàttine dei Suoi piedi" ce ne passa!