martedì 24 gennaio 2012

Si può fare?


Sto ancora con quella bellissima sensazione provata nel week-end a Roma. Che sensazione? Quella di stare in una città, per di più non una qualunque:  Roma. Che nonostante un sacco di nonostante è proprio una gran bella città. Poi, se vieni dall’Aquila, tutti quei nonostante divengono relativi: insomma incontri un sacco di gente, una mare di vetrine, cinema, teatri e iniziative culturali di ogni sorta. Da rimanere a casa a disegnare il progetto della giornata!
Così domenica ho semplicemente camminato, a far finta di essere una cittadina con una città intorno. A via Nazionale lo sguardo mi è caduto su questo manifesto:




Ho comprato il biglietto e mi sono avventurata nel percorso della mostra: una meraviglia!



La mostra è si articola in una commistione di diversi contenuti espositivi: decine di oggetti originali provenienti da ogni parte del mondo (fossili, utensili, manufatti, opere d’arte, opere etnografiche, documenti antichissimi); ricostruzioni di scenari e di storie;  installazioni interattive (sull’inesistenza biologica delle distinzioni razziali, sulla comunanza genetica di tutti gli esseri viventi, un grande planisfero interattivo per ripercorrere le storie di geni, popoli e lingue, e così via); installazioni  con proiezioni, video e foto ; inoltre, ampie mappe geografiche, carte topografiche e pannelli descrittivi semplici ma molto esplicativi.

Per tutto il tempo dedicato alla mostra ho dimenticato il resto, L’Aquila compresa. All’uscita ho comperato il catalogo della mostra e ho cominciato a sognare: una mostra così a L’Aquila. Sì a L’Aquila, un bel Palazzo delle Esposizioni. Esposizioni permanenti ed itineranti. Un Palazzo in centro interamente dedicato a questo. Aperto sempre, anche di domenica.
Perché in centro dovrà esserci un’ampia scelta di cose da fare: attività culturali, mostre, convegni. Un brulicare di iniziative attraenti per noi e per chi verrà a visitarci.

Secondo me si può fare.

giovedì 19 gennaio 2012

La città storta

Dal mio libro “Trentotto secondi”

“In questo nuovo posto, al pomeriggio, siamo assaliti da giornalisti in cerca di scoop. Ci fotografano
mille volte con le nostre maglie “Io non crollo”. A soli tre giorni dal sisma vogliono sapere cosa
faremo ed immancabilmente io rispondo: saremo qui. Mi scopro calma, ma combattiva. Riesco
persino ad insultare due giornalisti in pena per gli animali dello stabulario: mi sembra incredibile.
Stiamo andando ai funerali solenni di quasi 300 vittime e qualcuno cerca lo scoop dei topi.”

Ho ascoltato alcune intercettazioni telefoniche, una del 30 marzo 2009, l’altra del 9 aprile 2009, il giorno prima dei funerali delle vittime. E così ho persino perdonato quei giornalisti in cerca di scoop, o meglio sono stati cancellati dalla voce di Bertolaso, l’eroe, il buono, il “celoinvidianotutti”. Vi posto, a futura memoria le telefonate intercettate: in una sentiamo l’ex-assessore alla Protezione Civile regionale, Daniela Stati, nell’altra, addirittura, Gianni Letta, l’altro benefattore.


                                                Guido Bertolaso e Gianni Letta

                                        Guido Bertolaso e Daniela Stati

Ecco, non è che ci sia tanto da dire dopo averle ascoltate. Solo che io proprio non riesco a staccare la connessione neuronale che mi riporta indietro a quella notte, dove non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello il pensiero di uscire, né a me né ai figli. Un po’ di paura e poi la solita frase, detta e ridetta per mesi, settimane, giorni ed ore: “E’ normale”, speravamo tutti fosse normale,  persino che ci doveva dire di alzare il livello di guardia. Ora ci starebbe bene “E’ normale il caxxo”, ma pare che non sia signorile scriverlo su un blog, specie se sei un professore. Allora passo oltre, al giorno dei funerali: anche lì i neuroni non vogliono cancellare il dolore, il silenzio, le lacrime, il senso di colpa, l’inadeguatezza di qualsiasi parola, smorfia o emozione. Ciascuno era solo in mezzo ad un mondo nel quale non si riconosceva. E solo all’uscita abbracciai un’amica, di cui ancora non avevo avuto notizia: “Sei viva,  ti voglio bene”.

Nel mio libro scrivo che la  città mi pareva “storta”, si, storta, rovesciata, messa a testa in giù e poi ricomposta, così come veniva.
Invece qui di storto e rovesciato, rimesso su così come veniva, è tutto il resto. E’ stato tutto distorto, in maniera surreale, come nel film “The Truman Show”: tutti inconsapevoli attori di un copione già scritto. Ma la cosa più assurda è che a scriverlo è stato il protettore, la persona più osannata persino dai terremotati. Una persona potente che ha usato il suo potere non già nella responsabilità che aveva, ma per mettere su uno spettacolo che, a dire il vero, non ha eguali (almeno nella mia memoria), uno spettacolo nel quale ha persino piegato i famosi “luminari del terremoto” e ahimè le bare allineate.
Un mondo rovesciato, nel quale la popolazione è un gregge da guidare, un mondo rimesso su così come viene perché invece che una città hanno costruito ex-novo 19 piccoli satelliti costosissimi.

A questo punto ci starebbe bene una parolaccia di quelle indicibili, ma pare che non sia signorile.
Allora serve una parola di altra lingua: fuck!!

mercoledì 18 gennaio 2012

Strutture aquilane

E’ che se affonda un transatlantico di quelle dimensioni, poi non si parla d’altro. E ancora chissà per quanto tempo! una specie di “tutto Schettino minuto per minuto”, con colonne sonore e gadget a gogò. Chi si schiera di qua, chi di là. Tutti dentro questa grande nube, un Grande Fratello mondiale, come la recessione mondiale, ma quella è roba per esperti, non da crociere, senza dubbio.

Così nel tourbillon ho dimenticato di scrivervi dell’Aquila.
Novità? Bè, più o meno nessuna, a parte qualche arresto di pezzi da novanta.
Però, la scorsa settimana, Gianna Nannini e Fiorella Mannoia sono venute ad inaugurare un nuovo blocco aule all’Università: un bagno di folla. Tutti contenti, l’Università c’è. E allora? Non so, a me quel giorno è venuta una tristezza infinita.
Perché? Perché proprio non riesco a capire come mai altre strutture nuove e inaugurate in pompa magna, siano in realtà ancora chiuse o sottoutilizzate: non sono strutture dell’Università, ma servizi per gli studenti che, come sappiamo, sono a carico della regione e più precisamente dell’Azienda per il Diritto allo Studio.

Cosa ci sarà mai di così impossibile nella gestione di una mega-palestra all’interno di un centro polifunzionale lo sa solo “Iddio”! Sì perché il centro Polifunzionale donato dal Canada agli studenti universitari e inaugurato alla presenza di tutti, non solo i canadesi, ma, in ordine sparso, Bertolaso, Gabrielli, Monsignore, Sindaco e svariati codazzi, il giorno 16 ottobre 2010, ha al suo interno una palestra da basket bellissima  ed anche una più piccola con attrezzi, ma, “caspiterina!”, non si riesce ad aprirla! Già, perché anche per aprire la parte dedicata a sale studio e bar ci è voluto qualche mesetto: fu resa fruibile ad aprile del 2011. Ma la palestra venne subito chiusa: problemi di gestione!! Irrisolti, per ora.

Inaugurazione Centro Polifunzionale donato da Canada


Non posso non accennare, a questo punto, ad altre incomprensibili lentezze/immobilità: la prima riguarda la ristrutturazione della mensa universitaria del Polo Coppito che “come sta”?
“Sta come stea (stava) il 6 aprile 2009”. Cioè, ferma e diroccata. Si staglia accanto ai container sostitutivi, provvisori. Chissà per quanto ancora!
E l’ormai famoso “Casale Marinangeli”, casa dello studente pronta da diversi anni e mai aperta?
E’ chiusa, anche quella. E’ da ristrutturare, e, a mio parere, non già per i danni del terremoto, ma quelli del tempo (vi entrai a luglio 2009, più che muffe sul soffitto non ho visto).  E che dire della sua “gemella” a Roio? Sì, ce n’è persino un’altra di residenza studentesca, mai aperta e anche in condizioni buone, se non ci fossero, anche lì, i danni del tempo! Sembra non sia conveniente (economicamente parlando) tenerla aperta: l’incidenza dei costi sul singolo posto letto è troppo alta dicono a destra e a manca. “Ma non si potevano fare i conti prima di costruirla?”, sorge spontanea la domanda, o no? E non possiamo utilizzare queste strutture in altro modo? Ce le teniamo sperando che si autodistruggano?

E dulcis in fundo, un altro centro polifuzionale nuovo nuovo, costruito a Pile, sempre per studenti universitari: con tanto di sala mensa. Inaugurato e dedicato alla memoria del giovane studente Hussein Hamade, deceduto quella notte a via XX settembre.

Inaugurazione Centro Polifunzionale a Pile




Inaugurato il 23 settembre, come? In pompa magna naturalmente. Anche qui alla presenza, sempre in ordine sparso, di Chiodi,  Gianni Letta, Franco Gabrielli,  Massimo Cialente, Monsignore e codazzi vari (pure qua). Varie promesse di apertura, nel tempo; l’ultima parlava di metà gennaio 2012.

Ecco, oggi è 18 gennaio, 2012.


domenica 15 gennaio 2012

APPELLO PER L'AQUILA


Appello per L'Aquila 

www.appelloperlaquila.org

Il nostro appello:

Ciclicamente, e con drammatica cadenza, la natura e la storia affidano ad alcune generazioni il compito di far rinascere la nostra città.
Ma ricostruire senza pensare è un errore, il più grande. E purtroppo sta accadendo.
Le istituzioni, di qualsiasi livello, non sono state in grado, in oltre due anni, di indicare un'idea di città, un progetto capace di immaginare quale sarà il nostro modo di produrre, di consumare, di spostarci, di abitare, di comunicare, di divertirci e socializzare. Insomma di essere.
Senza un'idea di futuro credibile e ambizioso del quale sentirci parte, col passare del tempo, si faranno inevitabilmente sempre più strada sfiducia e tendenza a cercare altrove nuove possibilità per noi e per i nostri figli.
Bisogna rompere questa specie di incantesimo, scuoterci da questo torpore. E' urgente costruire una visione riconoscibile e condivisa del nostro futuro per tornare a guardare con fiducia a noi stessi e alla rifondazione della città come obiettivo comune e simbolo identitario.
Non si può ricostruire senza reinventare la città: il suo significato dopo il trauma, la sua cultura, la sua economia e il suo posto nel mondo.
Il terremoto è un terribile fattore di discontinuità che ci obbliga a intraprendere un percorso di evoluzione e trasformazione che prima non abbiamo avuto la forza di avviare.
Dobbiamo accettare il cambiamento con la consapevolezza che, piaccia o no, nulla sarà come prima, non il tessuto urbano e nemmeno quello produttivo e sociale. Dobbiamo lavorare perché tutto sia meglio di prima, ripartendo dai problemi che affliggevano il nostro territorio e tutta la regione prima del sisma.
Non esistono vie di mezzo rassicuranti, ma solo sfide difficili e ambiziose che la nostra classe politica non può che continuare a fallire, come ha fatto con la gestione della non terminata emergenza e la mai cominciata ricostruzione.
Con i loro diversi ruoli, e con le loro diverse responsabilità, le "debolezze" di maggioranza e quelle di opposizione continuano, drammaticamente, a fare ordinaria bassa politica per affrontare una situazione che da quasi tre anni è invece tutta straordinaria. Il fallimento a cui ci stanno condannando è ovunque intorno a noi e, purtroppo, non potrà che peggiorare se le persone, le logiche e i metodi rimarranno gli stessi.
È necessario ribaltare il gioco. L'intera comunità si senta partecipe di una sfida, ogni cittadina e cittadino si assuma le proprie responsabilità e si riappropri del diritto a costruirsi una vita degna.
Molti dei firmatari di questo appello sono stati tra i primi a comprendere che la ricostruzione doveva partire dalla ricomposizione del tessuto sociale e da una comunità capace di far fronte all'emergenza, alle scellerate speculazioni di quelli che quella notte ridevano, alle vetrine mediatiche "dell'Aquila ricostruita", ai commissariamenti e relativi rimpalli di responsabilità.
L'obiettivo delle mobilitazioni, dalle prime assemblee nelle tendopoli e negli alberghi fino alle grandi manifestazioni dell'Aquila e di Roma, è stato anche quello di aggregare una comunità coesa e solidale.
In questi mesi inoltre tanti hanno contribuito con idee e proposte ad alimentare il dibattito cittadino necessario per progettare le basi per la rifondazione della città.
Ora, in vista delle elezioni amministrative del prossimo anno, proponiamo che questo percorso metta insieme tutte le energie, si allarghi e cresca fino a diventare il progetto politico vincente per una comunità che vuole ricostruirsi migliorandosi.
Proponiamo un percorso di laboratori da cui possano emergere soluzioni condivise per la città, che tenga conto dei difficili mutamenti politici ed economici internazionali, e in cui si definisca un modello di sviluppo sostenibile capace di indicare la direzione anche agli altri territori abruzzesi.
Un processo che possa portare alla presentazione per le prossime elezioni di una coalizione di più liste civiche che autonomamente scelgano e sostengano un'unica candidata o candidato sindaco fuori dagli schieramenti dei partiti, con modalità che saranno condivise da tutti i partecipanti.
Un percorso che parte da lontano, credibile perché non improvvisato in occasione dell'appuntamento elettorale, che non si esaurirà con le elezioni, che coniugherà con maturità la partecipazione cittadina e la rappresentanza; un processo basato non su figure salvifiche ma sulle proposte e sul controllo della comunità nei confronti di chi sarà delegato a rappresentarla.
La risorsa principale è nelle nostre mani: la capacità di costruire strategie per indicare obiettivi, priorità e direttrici per lo sviluppo economico e sociale dei nostri territori.
Nei prossimi anni dobbiamo usare le risorse finanziare disponibili in investimenti a lungo termine, capaci di pianificare un nuovo modello di sviluppo urbano, non inseguire soluzioni forse più familiari ma non lungimiranti.
Non commettere l'errore del "tirare a campare" grazie all'afflusso di denaro pubblico per poi ritrovarsi nulla in mano perdendo l'occasione di riconvertire la nostra economia.
Si debbono destinare le risorse per favorire una vita qualitativamente migliore, con servizi a cittadini e imprese, infrastrutture materiali e immateriali e una pubblica amministrazione efficiente ai massimi livelli.
Questo è il nostro "pensiero lungo", credere cioè che le aziende innovative, che creano lavoro stabile nel rispetto della sostenibilità ambientale e sociale di un territorio, siano attratte da servizi e condizioni di vita qualitativi, piuttosto che da incentivi fiscali a breve termine.
Partendo dai saperi del territorio e dal coinvolgimento delle comunità locali, il dinamismo imprenditoriale, la produzione culturale, quella scientifica e la sperimentazione creativa dovrebbero essere i cardini dell'azione di governo perché la nostra città sia attraente e stimolante per gli abitanti e gli investitori.
Queste direttrici sono la nostra scelta politica, affinché chi è stato tenuto ai margini possa esprimere tutte le proprie capacità e potenzialità.
Non ci possiamo più permettere il perdurare di rendite di posizione che bloccano il cambiamento. In nessun campo.
I nostri ragazzi e le nostre ragazze sono la risorsa più preziosa: da loro deve arrivare la spinta all'innovazione e all'evoluzione culturale ed economica necessarie a questo territorio. Per questo devono trovare terreno fertile e supporto per esprimere le proprie potenzialità, i sogni e la creatività.
Le donne, protagoniste indiscusse della quotidianità ordinaria e straordinaria che stiamo vivendo, devono vedere pienamente riconosciuta la loro specificità di genere nelle scelte economiche, nella rappresentanza, nella determinazione di modi, tempi e qualità dei servizi; devono essere punto di riferimento della gestione amministrativa e artefici della politica cittadina.
In queste righe citiamo consapevolmente poco le parole della prossima campagna elettorale: trasparenza, sicurezza, paesaggio, riqualificazione, riconversione, qualità della vita, ascolto, mobilità sostenibile, sostenibilità, agricoltura, scuola, università, socialità, sanità pubblica, ricerca, cultura, condivisione, beni comuni, terza età, lavoro, innovazione, solidarietà, turismo, centri storici o partecipazione; e manca il tema della ricostruzione del bene più prezioso e caro: le nostre abitazioni e i nostri monumenti.
Le vedremo utilizzate e manipolate nei programmi elettorali di ogni coalizione, ma queste sono parole da difendere non da abusare, e vogliamo dare loro un senso compiuto, perché non siano semplice propaganda ma le basi reali del nostro avvenire.
Questo è l'appello che rivolgiamo ai cittadini e alle cittadine aquilane, in particolare ai giovani che hanno il coraggio del cambiamento.
A chi pensa che mai come oggi il bene di ogni singola persona è il bene comune costruito da una comunità solidale e consapevole.
A chi come noi crede che il necessario cambiamento possa avvenire ormai solo fuori dalle logiche delle spartizioni partitiche, che la politica debba essere lo strumento di partecipazione alle scelte per il bene comune.
A chi crede che la forza di un programma dipende sia dalla qualità delle proposte che dal percorso di condivisione che le genera, dalla storia di chi lo propone e dalle forze che riesce a mobilitare.
A chi sente che oggi abbiamo la responsabilità di dimostrare di essere all'altezza di chi nei secoli ci ha preceduto e rifondare una città migliore.


Con tutto il coraggio di cui siamo capaci.

Via Sassa

L’Aquila, 14 gennaio 2012: mille e quattordici giorni dal sisma. Una passeggiata da Viale Duca degli Abruzzi, attraverso Via Buccio di Ranallo, già via Sassa, fino a Piazza Duomo.
Non c’era nessuna transenna da oltrepassare, tutto aperto e gelido: era bellissima via Sassa.
All’incrocio con Fontesecco i militari c’erano, ma rinchiusi nella loro camionetta con il riscaldamento “a palla” , non mi hanno vista. Più su, a Piazza Duomo, mi hanno fermata “Lei lì non poteva passare. È zona rossa”. In altri tempi avrei inveito, invece stavolta ho mantenuto la calma “Ah, sì ma era tutto aperto, dovreste stare più attenti”.

Così regalo a voi queste foto


Via Sassa
Via Sassa
Via Sassa
Vicoli
Panorama
Chez nous
Interno di una casa

lunedì 2 gennaio 2012

116 CHIESE




Giorni fa il nostro Commissario alla ricostruzione, in conferenza stampa , ci annunciò che per Natale avrebbero rivisto la luce ben 116 chiese, ristrutturate e restituite alla comunità: progetto “Una Chiesa per Natale”. 
Quasi immediatamente sui social network rimbalzava la notizia corredata di vari commenti tra cui “Ma le chiese a L’Aquila non erano 99?”.  Il titolo della conferenza stampa suona così:
“Ricostruzione: Chiodi e Marchetti, 116 chiese riaprono al culto nell’area del cratere”

Oggi ho scaricato dal sito del Supercommissario  la lista di queste 116 chiese e leggo che 77 si trovano nella provincia dell’Aquila, le altre tra Chieti , Teramo e Pescara. Trovo strano che ci sia anche la provincia di Chieti, perché nessun paese di quella provincia si trova nel cratere sismico, individuato in 57 comuni, di cui 8 in Provincia di Teramo, 7 Pescara e il resto L’Aquila (questo il link). Tra i paesi inclusi nel cratere in provincia di Pescara non mi sembra assolutamente ci sia Penne o Pianella o altri le cui chiese sono state ristrutturate, così come altri comuni, sia in provincia di Teramo che della stessa L’Aquila. Quindi mi sorge spontaneo un dubbio: ma i 14 milioni di Euro usati per la ristrutturazione di dette chiese, che provenienza avevano e quale destinazione? No, perché, già si è fatta confusione con la ristrutturazione delle scuole, non vorrei che anche stavolta “la gatta c’abbia messo lo zampino”.  

L’elenco completo delle chiese “ristrutturate” lo trovate  qui.
Io mi sono divertita a farne una mappa, soprattutto per chi non è aquilano e/o abruzzese (forse c’è qualche piccolo errore) 


Visualizza 116 chiese "ristrutturate" nel CRATERE???
sismico in una mappa di dimensioni maggiori

come si può vedere l’intervento di restauro è stato ampio, molto ampio. Il link della mappa  si trova qui cliccate e allargate la mappa, vedrete che a L’Aquila ci sono solo due chiese dell’elenco, per di più fuori del centro storico! 
Perché ve lo dico? Bè non vorrei che un’informazione confusa e appositamente altisonante, avesse per voi significato “Hai visto? A L’Aquila hanno già rifatto tutte le chiese!!”.
Semplicemente questo non è vero. L’Aquila, il centro storico, così come anche i centri storici dei paesi e dei borghi, sono abbandonati, distrutti, pieni di macerie.

E speriamo che qualcuno ci spieghi da dove venivano e quale desitinazione avevano quei 14 milioni di Euro! 
Si sa, siamo divenuti diffidenti e non abbiamo tutti i torti.