Di nuovo in centro oggi, al calar del sole. Siamo al solstizio e la luce lungo via Garibaldi era accecante. Solita gente al Boss: sorrisi e saluti. Parlavo con persone aquilane e non, per un servizio sull’Aquila da inserire in un racconto sui luoghi abbandonati in Italia. Mi è presa una tristezza, un misto di disperazione e rabbia, di solitudine, persino di noia. In Piazza Santa Maria Paganica pensavo di svenire. Guardavo la chiesa, palazzo Ardinghelli, la piazza e e tentavo di fermare i ricordi, ma quelli correvano via e mi lasciavano sempre più sola. Il rumore dell’acqua della fontana era assordante e avevo voglia di giocare a pallone con quel bambino. Così ho pensato di andare via e pensando alla strada per arrivare qui a Cese ho avuto paura: quant’è lunga questa strada! Così ho fermato l’automobile a San Francesco. Son volata al quinto piano: casa mia. Ho aperto la finestra della camera di Davide, quella esposta a sud, vista città. E l’ho vista da lì.
Ho capito che non è più il tempo delle lacrime e delle macerie, di far capire agli altri, di sentirsi impotenti. Basta! E’ il tempo di costruire, cominciando a darsi una ripulita. Dall’immagine che hanno di noi, dall’immagine che abbiamo di noi stessi. Siamo aquilani, cittadini, con diritti e doveri: il diritto di partecipare, conoscere, essere informati, il dovere di guardare avanti.
Coraggio!!
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