L’Aquila, 1 gennaio 2012: MILLE GIORNI (DI ME E DI TE).
10 parole al giorno risparmiate, quelle delle polemiche, dei
battibecchi, quelle inutili, false, boriose e offensive, fanno 10.000 parole in
mille giorni. Che si potevano regalare agli aquilani per dialogare, informare,
essere trasparenti e favorire la partecipazione. Dieci fogli A4 per ciascun
amministratore, da dedicare alla città, a tutto il cratere, per una visione
partecipata dell’accaduto, del presente, del futuro. Ma non c’è stato: ben più di 10.000 parole ciascuno sprecate, e
la città e i paesi marciscono.
10 autocarri da 30 tonnellate al giorno, con soli tre viaggi
in siti appositi, in mille giorni trasportano quasi un milione di tonnellate di
macerie che, opportunamente selezionate, producono materiali riciclabili e/o
riutilizzabili. Una ricchezza per tutto il territorio, per il pubblico e il
privato. Le nostre macerie, invece, giacciono ancora nei paesi, nelle case e di
siti di stoccaggio, operativi, ne abbiamo ancora solo uno.
0,1 Euro al giorno (in media) per ciascuno dei 25 milioni di
famiglie italiane fruttano, in 1000 giorni, 2 miliardi e mezzo: fondi sicuri, procurati attraverso un’apposita tassa di
scopo. Soldi veri, un flusso di denaro costante, per la ricostruzione. Ma non c’è,
non c’è.
Una norma assieme ad un decreto attuativo, discussa ogni
giorno, avrebbe significato, in meno di mille giorni, una legge sul terremoto
che, invece, non vede la luce, nonostante i cittadini l’abbiano scritta e
sottoscritta; in poco più di 60 giorni, con quasi 50.000 firme raccolte in 6
mesi.
In mille giorni una decina di specialisti, avrebbe potuto
elaborare assieme ai cittadini le azioni più urgenti da intraprendere: piani di
ricostruzione, masterplan, ripresa economica, coesione sociale. Ma di questi
esperti abbiamo visto solo un rapido passaggio, di altri neanche sapevamo l’esistenza.
E senza un’idea condivisa di città e territorio, ci si smarrisce e si fanno errori.
Se si fossero dedicati 100 giorni a ciascuna delle tanto
discusse rotatorie stradali che ci ha regalato il terremoto, oggi avremmo 10
rotatorie invidiabili, almeno quelle! Invece ci rimangono erbacce e budelli di
strade.
10 metri al giorno di sotto-servizi, o meglio di “cunicoli intelligenti”, fanno 10 chilometri in 1000 giorni. Ma quanto
ancora c’è da attendere per vedere qualcosa di almeno simile?
In mille giorni almeno un piano di emergenza, con aree attrezzate e, magari, qualche esercitazione o minimo-minimo informazioni, hai voglia se si poteva fare!
In mille giorni almeno un piano di emergenza, con aree attrezzate e, magari, qualche esercitazione o minimo-minimo informazioni, hai voglia se si poteva fare!
E ancora: quanti progetti, quante ristrutturazioni, quanti
censimenti di immobili avrebbero potuto vedere la luce? Quanti studenti
universitari avrebbero potuto risiedere in città? Quante attività riaprire e
quante altre ancora avviare?
Ci rimangono 1000 giorni di me (ciascuno di noi) e di te (Il
terremoto). Mille giorni nei quali siamo riusciti ad esistere e, spesso, a
resistere. Chi con più facilità, chi in mezzo alle lacrime, chi cercando di non
andar via, chi rimanendo, chi urlando, chi facendo più del possibile.
Mille giorni di me e di te. Mille giorni senza casa, senza
città, senza gli antichi borghi. Mille giorni di chilometri percorsi, mille
giorni di racconti, di condivisione. Mille giorni nei quali siamo stati
dimenticati, se non fosse per colui che rideva quella notte lì e atterra con un
elicottero su una spiaggia.
1000 giorni di me e di te: quanta rabbia! L’ignoranza di chi
amministra, l’autoreferenzialità di chi
doveva indicare, almeno, una strada, il clientelismo, l’opacità. Per nulla, per
non vedere nulla: 1000 giorni sprecati a
giocare a nascondino con la loro inadeguatezza.
Eccoci, a mille giorni: NOI, il miracolo. Perché dopo questi
mille giorni, siamo certi: il futuro del terremoto del 6 aprile 2009, siamo NOI.
Con i migliori auguri per i secondi mille giorni più
positivi della nostra vita: buon 2012!
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