Oggi, come allora, è la domenica delle Palme. Tornavo da
Roma, 4 anni fa, come oggi. Era il 5 aprile: la cronaca di quella serata è
arcinota. Io tornai a casa alle 19.00 e misi in una bottiglia di vetro sulla
mia libreria, il ramo d’ulivo, accanto a due spighe di grano che mi regalarono
quando nacque mio figlio.
Più tardi quella bottiglia si sbriciolò a terra, assieme
alla città, le nostre vite, le speranze e quello che eravamo prima.
Da allora la Domenica delle Palme ha un sapore acre che
neanche l’ulivo lenisce.
Stasera come allora, ero in automobile, tornavo a casa ed
avevo i pensieri tipici di una domenica sera. Pensavo che arrivata avrei
disfatto i bagagli, messo in ordine la casa e ascoltato un po’ di musica.
Invece mi misi a scrivere, esattamente come stasera.
In autostrada, stasera, per cacciare via i pensieri ho
acceso la radio: la stazione scelta non era disponibile e l’apparecchio si è
messo alla ricerca di un altro canale. Intanto mi perdevo nei pensieri,
dimenticando la radio che, improvvisamente, si sintonizza e mi spara questo
pezzo:
No, non era
lo stesso di quella sera, ma ho pianto: “On Silvertown Way, the cranes stand
high, quiet and gray against the still of the sky”
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