Sono stata
in centro stasera. A L’Aquila. Erano le diciotto e già era buio. Avvicinandomi
ho cominciato a sentire una pressione sul petto ed ho cercato di rigettarla
indietro. Ma ogni palazzo puntellato, ogni palazzo ristrutturato e vuoto, ogni
vetrina ferma a cinque anni fa, minava la mia apparente freddezza. Mi è
cresciuta una rabbia che non ve ne dico niente. Lungo il Corso a destra e
sinistra i vicoli sono bui. E gelidi.
In piazza poche persone e volevo far saltare in aria quella instancabile radio del bar.
In piazza poche persone e volevo far saltare in aria quella instancabile radio del bar.
Quel pezzo
di portici riaperti qualche anno fa dove per la felicità girai questo video,
sono occupati da assurdi cartelloni sulla ricostruzione.
Mentre i
negozi che c’erano sono chiusi, bui, impolverati e non ricordo più cosa c’era. Ho dovuto riguardare attentamente il video per
rispolverare il ricordo dell’Aquila e mi
sono accorta che quel piccolo pezzo di portici stava molto meglio nel 2011 che
ora.
La Fontana Luminosa è transennata e i lavori sono fermi, immagino siano finiti i soldi. Mi è venuto un istinto irrefrenabile di buttare giù quelle transenne di legno e riscoprire la fontana, anche se non mi piace.
Ho odiato tutto, anche chi dice che il centro della mia bellissima città è un cimitero. Perché la verità è che domani, per la ricorrenza dei morti, il cimitero sarà colorato, pieno di lumini accesi e di gente, come ogni anno, anche se persino in quel luogo ci sono ancora macerie.
Nel centro
della città non ci saranno fiori, né lumini, né gente, né luci, come sempre,
non solo per la ricorrenza dei morti.
Non è un
cimitero la mia città, è un luogo dove si prova tristezza ma anche vergogna,
dolore ma anche rabbia, non vi trova posto la rassegnazione, ma vi si comincia
a trovare il desiderio di fuggire.
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