Fili elettrici della metropolitana di superficie. Pettino, L'Aquila |
Mi sono ripromessa in questi giorni di ricavarmi un’oretta
al giorno per camminare, in montagna se possibile, altrimenti ovunque.
Nel tardo pomeriggio di ieri, avevo appuntamento con alcuni
amici; sono uscita di casa mezz’ora prima ed ho parcheggiato l’auto un po’
lontano dal luogo dell’appuntamento, ed ho camminato. A Pettino.
Pettino è un quartiere dell’Aquila, costruito negli anni
70-80
dove risiedono circa 15.00 abitanti. O
meglio risiedevano 15.000 abitanti. Il quartiere rappresenta il luogo dove la
città si è espansa maggiormente e, all’epoca, era considerata una vera “grande
occasione” comprare lì la propria abitazione. Non tanto per convenienza
economica, ma perché la posizione, l’esposizione, la grande quantità di verde,
la possibilità di scegliere tra appartamenti in palazzi moderni o villette a
schiera o isolate nel verde, piacque molto agli aquilani. Io stessa ceraci casa
lì e mio fratello la comprò: una villetta a schiera. I guai cominciarono
subito; basti pensare che mio fratello ha una via di accesso alla sua abitazione
solo da tre anni circa, prima (quindi per un bel numero di anni) doveva
percorrere una stradina stretta e ricavata proprio dai cittadini, neanche
asfaltata. Ma non solo: il verde restò campagna abbandonata, non furono
costruite piazze, men che meno percorsi pedonali e il quartiere venne sfregiato
dai binari della metropolitana di superficie. Un progetto mai giunto a
compimento di cui si possono vedere ancora le rotaie, oramai interrotte dalle
nuove rotonde stradali, le pensiline, la segnaletica e i fili elettrici, dove si
continuano ad appendere scarpe e scarponi.
Insomma ieri passeggiatone a Pettino. Dimenticavo di dirvi
che il quartiere ha subito danni molto ingenti dal terremoto, sembra
bombardato. E già, non vi ho detto che sorge su una faglia.
Si vedono cantieri aperti, gru, e buchi lasciati dalle
demolizioni appena iniziate. Irriconoscibile. C’è erbaccia ovunque, immondizia.
I giardini abbandonati sfoggiano alberi sovrabbondanti che invadono i
marciapiedi, o quello che voglio continuare a chiamare marciapiedi. In effetti
camminare a piedi è difficilissimo, specie quando si arriva in prossimità delle
rotonde: i marciapiedi si interrompono, non si sa dove attraversare, quindi ci
si butta per strada sperando che le automobili, che sfrecciano a velocità
pazzesche, si accorgano di te. Al ritorno, era buio, la situazione è
divenuta tragica. Mi sono estraniata ed
ho fatto finta di essere una forestiera. E ho cominciato ad avere paura.
Lampioni spenti, automobili velocissime che “chissà se mi vedono”, cani dai
giardini che abbaiano a più non posso. Ho cominciato a correre facendo finta di
fare jogging ed ho incontrato altre persone che lo facevano, cioè fingevano una
corsetta di allenamento, ma in realtà fuggivano.
Lo so dovrei scrivere buone notizie, ma non riesco. Avevo
sognato che una città diversa sorgesse dalle macerie. E invece quella periferia
non sembra proprio andare verso un miglioramento, anzi.
Tornata a casa ho letto d’un fiato la relazione del prof. Calafati sul possibile sviluppo economico della
mia città. L’ho trovato interessante. Così tanto che mi chiedo se chi dice “ ha offeso la città ” l’abbia letto davvero, o almeno guardato, anche solo le
figure.
Purtroppo il livello
del dibattito cittadino resta molto basso, come la speculazione edilizia del
quartiere Pettino.
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