L’Aquila. In questo periodo, cara città, mi accorgo di quanto sei stata trascurata, da tempo immemorabile.
Da quando, il 14 febbraio scorso, abbiamo violato le barriere che ci dividevano da te, dal nostro centro storico, tutti ti guardiamo con occhi diversi.
Così, oltre a scoprire lo stato di abbandono dei monumenti, delle piazze, delle stradine e vicoli, pieni di macerie e immondizia putrefatta, ci giriamo intorno e vediamo ovunque la tua bellezza stuprata. Da anni di immobilismo, da anni nei quali pensare alla riqualificazione di tutto il territorio sembrava solo una perdita di tempo e non c’erano mai i soldi e, soprattutto, la volontà di investirli. Progettare una città, nella quale i cittadini possano vivere, significa occuparsi di tanti aspetti, significa avere un’idea di città, vivibile, nella quale passare le ore delle nostre giornate. Ogni cosa è importante: aiuole, strade, sensi unici, luoghi per attività culturali, simboli. Perché tutto ciò ha a che fare con un’idea di città, e quindi di persone, di relazioni, di gioia, di bellezza, di dialogo, di gioco, di convivenza e, in una sola parola, di vita.
La mia città è attraversata da un fiume, il fiume Aterno. Passa in basso, nella parte sud, affacciandosi da via XX Settembre lo si vede. Scorre al livello della strada in molte parti della città, a cominciare dall’oramai ultra frequentato centro commerciale Leclerc, a finire nei pressi della Stazione Ferroviaria e continuando ancora.
La sorgente dell'Aterno (detta Fonte Ciarelli), si trova sui Monti della Laga (frazione di Aringo), attraversa le valli Amiternina e Subequana, poi le Gole di San Venanzio giungendo nella Valle Peligna. I latini lo chiamavano Aternum e dava nome a numerosi templi e località, fra cui Ostia Aterni, l'odierna Pescara.
Quando fu scelto il sito per la fondazione della nostra città, si individuò un luogo chiamato Acquilis o Acculi o anche Acculae, per l'abbondanza delle sorgenti che vi si trovavano. Acculi, vicina al fiume Aterno, corrisponde all'attuale Borgo Rivera, dove oggi si trova la Fontana delle 99 cannelle.
Stamattina, l’ho osservato il nostro fiume, proprio all’altezza di Leclerc.
Quel fiume è abbandonato, è orribile, non può essere il nostro fiume!
Quante volte ho sentito parlare di riqualificazione, di passeggiate lungo gli argini, persino di piste ciclabili! E invece vedo solo degrado, abbandono, tronchi di alberi, buste di plastica, argini che non sono argini.
E ho provato vergogna. Per non aver fatto nulla, per non aver alzato la voce, per non aver curato la mia città. E mi chiedo come mai non ho potuto mai godere di una passeggiata lungo il fiume, una gita lungo il fiume, né io, né i miei concittadini né, tanto meno, i visitatori. Una passeggiata che parta da Aringo, appunto, e scorra lungo tutti i nostri borghi, fino a Molina Aterno. Sarebbe di sicuro anche vantaggioso per il turismo ma, soprattutto, per unirci con l’acqua ai nostri paesi feriti dal sisma.
Come è potuto succedere? Perché viviamo tutti una vita aggrovigliata tra lavoro, famiglia, migliaia di problemi. E non viviamo appieno la nostra città. E’ ora di riprenderci la nostra vita, vivendola in città. Ovunque. Sarà difficile per pochi cittadini mettere a posto un fiume, ma dobbiamo provarci.
Con le nostre carriole, un pezzetto di fiume ce lo prendiamo: il tempo c’è.
Così potremo incontrarci anche lì: seduti sulla riva del fiume ad aspettare.
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