mercoledì 30 giugno 2010

DELENDA CARTHAGO


Catone, convinto che non fosse conveniente per i Romani venire a patti con il nemico, terminava ogni suo sermone, con questa esortazione: Ceterum censeo Carthaginem esse delendam.
Questa frase viene spesso citata per significare una profonda convinzione strategica o meglio un fine che sta dietro a una serie di azioni tattiche, atte allo scopo.
Per terre ignote vanno le nostre legioni a fondare colonie a immagine di Roma , canta Battiato (Delenda Carthago 1993) e mai come ora queste parole, assieme al motto, mi risuonano nella testa.

Fondare una colonia: e sì, sono venuti qui in una città distrutta e a immagine non già di Roma, bensì del Cavaliere e dei suoi profitti, si è deciso, allontanando le persone, di ricostruire (sì stavolta uso la parola RI-costruire) una nuova L’Aquila, una L’Aquila 2, dapprima raggruppata in un unico luogo, poi atomizzata in 19 atolli. Una colonizzazione, ossia l’esportazione del modello “berlusconiano” di città, in un territorio che non conoscevano prima ed ora pensano di averlo fatto proprio, visti i consensi.

Delenda L’Aquila: quella storica appoggiata sulle montagne assieme a tutti i suoi borghi. Quella che racchiudeva tradizione intorno a mura antiche, quella nella quale era stipati tesori, vicoli e giardini. Le pietre rosse e bianche delle facciate delle chiese, le 99 piazze, ognuna diversa e l’eco delle voci aquilane nei piccoli borghi intorno, profumati di vecchi sapori.

Non contenti e assolutamente sicuri di aver rifatto una L’Aquila migliore, sbandierano l’inefficienza dell’amministrazione locale per nascondere il fatto che 30000 persone sono ancora senza casa. Imbrigliate in norme scritte da loro e senza soldi, quelli veri.

Delenda L’Aquila: quella fatta di persone orgogliose e un po’ spigolose, colte. Quelle che amano la musica, vanno al teatro, organizzano manifestazioni culturali di altissimo livello.

Pensavo di essere esagerata a pensarla così, quando arriva ancora un colpo. Le macerie dei centri storici sono ancora dove il 6 aprile le ha sistemate. A queste se ne aggiungono altre, quelle del tempo. E il paese di Onna scrive su un cartello: «Pensate: se questa è Onna, dove c’era un occhio di riguardo, figuriamoci gli altri paesi».

Delenda L’Aquila: la città universitaria, senza i suoi studenti, costretti a viaggi interminabili per poter raggiungere la possibilità di formarsi un futuro migliore. La città piena di piccoli commercianti e artigiani per i quali nulla è stato fatto di concreto.

Colpi su colpi. Sospensione dell’esenzione dei tributi e restituzione di quelli dati. Nessun sostegno all’economia. Migliaia di disoccupati.

Delenda L’Aquila: è in atto uno spopolamento di grandissime dimensioni. Pieni di gente solo i 19 atolli. Gente con occhi diversi, quelli dell’incredulità: non già per la furia della natura, ma per la sottile strategia in atto, quella del profitto.

In ultimo, il moderno Catone, per non essere da meno rispetto all’antenato ( secondo secolo a.C.), diviene il censore. Censura ogni dissenso della città colonizzata, della sua nuova città.

Il moderno Censore, tuttavia, non avendo conosciuto prima la nostra città, non ha tenuto conto di una caratteristica fondamentale della popolazione aquilana che si protrae da secoli e che Benedetto Croce ha scritto con parole esemplari: “Quando c'è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma e di persistenza e di resistenza, io mi sono detto a voce alta: tu sei abruzzese!"


E gli abruzzesi di montagna sono ancora più persistenti e resistenti

Mercoledì 7 luglio a Roma. Tutti. L’Aquila è L’Aquila!

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