domenica 10 ottobre 2010

Eurochocolate



Serata fredda. A L’Aquila capita di questa stagione: anche se di giorno il sole è ancora caldo, in coincidenza col tramonto la temperatura cala. Alle 19.00 circa di ieri, sabato 9 ottobre, i gradi erano 10 (sopra lo zero!!).
Ho dovuto parcheggiare l’automobile al Torrione, la vie di accesso alla Fontana Luminosa e al Castello erano chiuse e le macchine parcheggiate qualche migliaio.
E’ stato il week-end dell’Eurochocolate e, come previsto, il centro, quel piccolo pezzetto di città, lo stesso più o meno da giugno 2009, brulicava di gente. Felice, sorridente, tutti con in mano una busta, piena di cioccolato.
Dalla Fontana Luminosa si vedeva un fiume di persone. Ma io ho guardato sopra le loro teste. Ed ho visto impalcature, che nascondono ancora, dopo 18 mesi, l’illuminazione di quella strada a noi tanto cara. E ho ripensato a via Zara, buia, senza illuminazione, eppure aperta ai cittadini.
Il corso stretto è in realtà strettissimo: le impalcature, i puntellamenti accompagnano a destra e a sinistra i nostri passi. Le transenne ci dividono da tutto il resto dei 160 ettari di storia, monumenti, case, vite della gente. Ma nessuno sembrava stupito. Le camionette dell’esercito sono sempre lì, ad ogni incrocio possibile, a ricordarci che non si passa, che di là c’è la zona rossa. Dove non sappiamo cosa stia succedendo, se il puntellamento dei palazzi sia giunto al termine, se c’è la possibilità di riaprire qualche altro pezzo di città, altre attività commerciali, nulla. Ma ieri sembrava normale, almeno agli altri.
In realtà io sono rimasta qualche minuto all’imbocco del corso stretto ed ho sentito un grande senso di estraneità. Mi è apparso incredibile che a 18 mesi dal sisma ci fosse quel senso così tangibile di abitudine. Abitudine, sì, così mi è parso.
Ho camminato lungo il corso, in mezzo alla gente, e continuavo a guardare al di là di tutte le transenne che ci dividono dai vicoli più belli della città e, nonostante il tripudio di gente, mi veniva da piangere. Mi sentivo sola. Forse anche un po’ sfigata a pensarla così.
Arrivata a via Bominaco ho visto che la transenna non c’era più. La via era così buia che non sono riuscita a capire se era stata solo messa da parte o eliminata definitivamente. Volevo entrare nel vicolo, ma ho pensato che mi avrebbe ingoiata.
Ai quattro cantoni le camionette dell’esercito erano tre: una davanti al bar del Corso, una dietro le transenne e l’altra che portava 4 militari per il cambio della “ronda”. Nessuno le ha guardate, sembrava normale. Le persone semplicemente si scansavano più in là per evitarle. Nulla più.

So che in molti pensano che ci vorrebbero più iniziative come questa per rincontrarsi e, ancora una volta, per me, è diverso. Ci vorrebbe che tutti, coscienti che la catastrofe è ancora tutta qui, cominciassero a frequentare il centro e le poche attività commerciali sempre, indipendentemente da manifestazioni di qualsiasi genere. Solo così la città prenderebbe coraggio, solo così quei vicoli, pur senza l’odore caldo del cioccolato, potrebbero respirare nuovamente. Piano piano.
Solo così, insieme, potremmo incontrarci e magari scambiarci parole, opinioni. Potremmo assieme pretendere di sapere, di vedere, di cominciare a chiedere la smilitarizzazione della città.

Sono circa 18 mesi che alcune persone tentano di partecipare al processo di ricostruzione delle loro vite. Non si riesce ad avere l’apporto della maggioranza dei cittadini. Forse sbagliamo: ci vuole solo un po’ di cioccolata in più.

3 commenti:

  1. Completamente d'accordo con te Giusi..ho provato le stesse sensazioni, anzi quasi un senso di fastidio per la superficialità che ha accompagnato quest'evento, oltre all'avversione per le multinazionali del cioccolato che potevano e dovevano fare di più per aiutare questa città, con tutti i miliardi che hanno sfruttando i coltivatori di cioccolato in tutto il mondo (faccio parte del Commercio Equo&Solidale!).
    Continua così Giusi, e speriamo che presto questa grinta si diffonda come l'odore del cioccolato caldo...
    Ilaria

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  2. Ilaria in generale a me non piacciono queste iniziative, non mi sono mai piaciute. Però OK, facciamole pure. Ma vedere tutta quella gente che non guarda neanche più i vicoli chiusi ..... mi ha fatto sentire tanto sola, tanto.

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  3. @ Federico @Giusi
    Ho letto la cronaca Eurochocolate.
    Bella e triste, come la sensazione nella mia visita pomeridiana a Piazza Duomo.
    Nessun problema di parcheggio per fortuna ( via Rendina), ma identiche sensazioni di abitudine, di scontato, di moda compensativa della noia che a me dava fastidio: il problema L'Aquila (come lo sento io) lì era svanito, non era presente neppure nei volti, nè nelle azioni, delle persone impegnate a raccogliere sostegno per la manifestazione tasse.
    Leggerezza nei cioccolatari, stanchezza o noia negli altri: una lenta leggerezza aveva invaso tutto e tutti, complice forse quello stupido ed equivoco slogan "Che cazzuola vuoi?".
    Ho pensato al sistema corruttivo che ora ci porta via anche i simboli: resa dolce-imbroglio la carriola, sparito il Tendone, sparita anche la grande bandiera nero-verde.
    Tristezza, sì, dover pensare al rugby aquilano salvato dal Berlusca.
    Di dignità manco a parlarne, chè fare domande è diventato pericoloso: il non-pensiero unico aquilano consente le feste e forse è già tanto.
    Dura minga! avrei detto in altri tempi ma devo constatare anch'io che ciò che è stupido dura...
    Mah, pensiamo ad altro: c'è qualche ragazzino contento, gli altri sembrano recitare un copione non proprio. Ho avvertito, so che è stupido ma è così, mancanza di rispetto per un luogo che per me ha rappresentato altro. E sono andato via subito.

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