martedì 19 ottobre 2010

Riaprire la città (2)


C’ho creduto, sì lo confesso. Ho creduto che dopo le migliaia di persone che invasero il centro storico dell’Aquila a partire dal 14 febbraio 2010, qualcosa sarebbe successo.
Volevamo che la città riaprisse, che venisse sgomberata dalle macerie, che si avesse un progetto di città e di ripresa economica.
Dal sisma sono passati 561 giorni e 247 da quel San Valentino, nel quale 300 cittadini motivati buttarono giù le transenne che li separavano da Piazza Palazzo, dove aveva sede il Municipio.
A 247 giorni da quell’evento, Piazza Palazzo è ancora chiusa così come Piazza IX Martiri e Piazzetta del Sole che le carriole ripulirono. Poche strade sono aperte al pubblico, pochissime attività commerciali hanno riaperto i battenti.
Si riesce a vedere la città, ben 160 ettari di strade, piazze, monumenti e case, solo se ci si “imbuca” in una spedizione di giornalisti, politici, fotografi. E la si vede la città. Abbandonata. Puntellata e ripuntellata, con segni evidenti di sprechi e, assieme, incuria.


A guardia della città ancora l’esercito.
Noi, intanto, dispersi. In nuovi agglomerati e periferie di paesi. Impossibilitati ad incontrarci, a socializzare.
Noi, intanto, senza lavoro, senza incentivi. Paghiamo le tasse e dovremmo anche cominciare a restituirle dal gennaio 2011. Una popolazione allo stremo e ultratassata. Per non avere nulla, neanche lo straccio di un progetto per la città.
Noi, intanto, pressati. Dai pagamenti, persino dei mutui su case inagibili.
Noi, intanto, costretti ad essere cittadini di una città che non c’è. Imperterriti ci definiamo aquilani. L’Aquila non c’è più: mangiata dalle erbe e dall’incuria, da promesse e opacità.

Ci mancano i nostri simboli, i luoghi che ci rendono cittadini, la nostra è una NECESSITA' CIVICA.
Vogliamo entrare a Piazza Palazzo: perché lì è la nostra casa, il Municipio.
Desideriamo frequentare le piazze e le Chiese dei nostri Quarti che vennero istituiti  nel 1276, le insegne dei quali sono ancora visibili nel gonfalone cittadino insieme allo stemma civico: Piazza san Pietro, Piazza Santa Maria Paganica, Piazza Santa Giusta, Piazza San Marciano. E le nostre strade: Il Corso già aperto (il nostro Decumano), Via Roma (il Cardo), Costa Masciarelli che  conduce alla Basilica di Collemaggio, Via Garibaldi per arrivare alla Chiesa di San Silvestro (la cui realizzazione si deve agli abitanti di uno dei castelli vicini, Collebrincioni, che contribuirono così alla fondazione della città nel XIII secolo), Via Verdi che conduce alla Piazza del Teatro (storica costruzione culturale), via Delle Grazie per congiungere Santa Giusta a Piazza IX Martiri. E via ancora tutte le altre strade. Quelle dei negozi, degli uffici, degli enti locali.
Non per vedere o capire solamente, ma per essere di nuovo cittadini, per semplice e fondamentale “necessità civica”. 
E non solo il centro città, ma anche ciò che ci rendeva Capoluogo. Un solo esempio: l'Ospedale. 

Che qualcuno ci spieghi se i milioni spesi per i puntellamenti e la messa in sicurezza, garantiscono alla città quel minimo di accessibilità che la renda di nuovo CITTA'.


Riaprire la città per riaprire le speranze, per avere di nuovo una comunità, per far ripartire questo territorio morto, abbandonato. Da 561 giorni.

Nessun commento:

Posta un commento