giovedì 17 giugno 2010

L’Aquila risorgerà dalle vostre macerie




Per 14 lunghi mesi giornalisti di varia “origine” sono entrati nelle nostre case (vecchie e nuove), hanno rovistato i nostri ricordi, hanno “zoommato” le nostre lacrime, hanno scavato i sentimenti dei famigliari delle vittime, si sono seduti sulle nostre macerie.
In TV, comunque, ho visto solo il trionfo del governo e qualche passaggio strappalacrime.

Improvvisamente il 14 febbraio eravamo ovunque: in 300 violammo la zona rossa e i titoli dei giornali e delle TV erano tutti per noi. Sono diventata famosa quella domenica.
In seguito ho capito perché: serviva una “sferzata giornalistica” in prossimità delle elezioni.
Nelle domeniche successive divenimmo talmente forti che qualcuno decise, scientemente, di catalogarci. Così fummo divisi. Persino ridicolizzati. E naturalmente catalogati.

Il nostro lavoro non si è mai fermato. Non abbiamo bisogno di passerelle mediatiche, abbiamo bisogno di certezze che ci mettano in condizione di ripartire. Il nostro lavoro è stato incessante e massacrante, ma nessuno di noi si è mai pentito di aver dedicato tempo alla città e men che meno ha mai cercato di essere esclusivamente sulle prime pagine dei giornali.
Lo scontento man mano è cresciuto, nel silenzio.
Poi è esploso. Una intera città, piegata da un terremoto disastroso e lasciata da parte non tanto dai media, ma soprattutto dalla politica, si è alzata. Ha sfilato per ore in una città martoriata e vuota per chiedere equità. Per rivendicare il diritto a vivere, a ricominciare a sperare.
Non c’era nulla da filmare se non 20000 persone ordinate, contente di ritrovarsi, che ritmavano la loro dignità di essere ancora una comunità, pur se terremotata.

Salutandoci su quella autostrada senza automobili, ieri, ci siamo detti: “andiamo a rivederci sui TG”.
Non c’eravamo, da nessuna parte, nelle reti per le quali paghiamo il canone (un piccolo spazio sul TG3).

La mia città è stuprata ogni giorno, da 14 lunghi mesi.

Siamo solo oggetto di spot e strumentalizzazioni, da 14 lunghi mesi.

Siamo una città che sta morendo.

Siamo una città, però. Attenzione!
Ci vedrete ancora, stavolta in azioni non più concordate, vi rovineremo le prime pagine, saliremo su ogni scala, brulicheremo ogni strada.
Vi saremo alle calcagna.
E voi direttori dei TG, tremerete, ogni volta.
Perché qui, dall’Aquila, stiamo invadendo le coscienze di molti.

E L’Aquila risorgerà, dalle vostre macerie.

4 commenti:

  1. Bellissimo! Eravamo in tanti, sorridenti, solari, determinati!!! Poi al casello è stato a dir poco straordinario. Lo rifarei altre 20.000 volte e più!

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  2. Ma è possibile avere informazioni sui come sono stati spesi/distribuiti i soldi che sono pervenuti da tutto il mondo per la ricostruzione della città?

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  3. Finora i soldi sono andati per l'emrgenza. Cioè non si è RIcostruito ma costruito ex-novo, si non pagatilaberghi degli sfollati (e ancora si pagano), le caserme che ospitano gli sfollati, i contributi di autonoma sistemazione per chè ha fatto da sè in attesa di rientrare nelle proprie case. Poi certo, sin sono fatte scuole nuove!!! Ma la città non c'è

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