giovedì 17 febbraio 2011

R-ESISTERE




Siamo a L’Aquila a quasi due anni dal sisma, 682 giorni, per la precisione. Ieri un po’ di cittadini si sono riuniti in assemblea, in un bar. Altro luogo, non c’è.
Domenica scorsa un bel po’ di cittadini hanno ripulito una storica scalinata, liberandola dalle erbacce. Ché nessuno lo fa. 
E già questo dovrebbe bastare a fare un po’ di luce sulla nostra situazione.
Ma c’è di più: durante l’ assemblea, più o meno positiva, più o meno partecipata, è successo che un signore, che si trovava nel bar con gli amici a farsi una sacrosanta partita a carte, è sbottato, infastidito.  E mentre si accennava all’assurda situazione, mai risolta, della residenzialità studentesca, ha cominciato a dire ad alta voce: “Ma chi se ne frega degli studenti, “so’ io che non tengo la casa”!”. E quando si discuteva del masterplan di Piazza D’Armi, non ce l’ha fatta più: “ Ma di che parlate? Non tenemo lavoro, non tenemo le case e voiatri perdete tempo”, si è alzato ed è andato via urlando: “Tutte le sere vengo a farmi una partita a carte, guarda che mi doveva capitare!”
Molti di noi si sono sentiti inutili, autoreferenziali, inopportuni. Me compresa. A non parlare dei bisogni primari di tanti aquilani: quelli che vivono in un garage, ammucchiati, e sbarcano il lunario con il contributo di autonoma sistemazione, persone ancora lontane dalla città. Perché in albergo, tra L’Aquila e provincia e il resto della regione, ci vivono ancora 1397 persone, persone, persone. E in caserma ancora 307 persone, persone, persone. E più di 14.000 hanno ancora il contributo di autonoma sistemazione, segno evidente che non hanno ancora una casa, e un lavoro chissà!
E mentre le persone ospitate nel progetto C.A.S.E. calano e gli appartamenti liberi non vengono assegnati a chi è ancora lontano, l’emergenza abitativa non accenna a diminuire, perché poi, in tutti questi report, gli studenti universitari fuori sede non vengono considerati e, se qualche aquilano dice “chi se ne frega?”,  non lo si può neanche tacciare di provincialismo o cecità, perché se non ha la casa, non può ricostruire né lavorare, si può capire che le sue priorità sono altre.
E allora io che posso fare, oltre a lavorare, a cercare di vivere al meglio, a informarmi, informare….?
Per esempio, nel condominio del progetto C.A.S.E. dove vivo da un anno e mezzo circa, al piano terra, da due mesi, un appartamento è libero: si tratta di un appartamento per single. La persona che lo occupava se n’è andata, non so dove, riconsegnando le chiavi. Orbene? Perché dopo due mesi è ancora libero e tanti single sono ancora lontani, in albergo, a costi altissimi? Cosa c’è che non funziona nella S.G.E.?  Non sapete a chi assegnarlo perché non si riescono a fare graduatorie? Allora chessò, tirate a sorte! Ma fate in modo che gli aquilani lontani, siano essi giovani o vecchi, riescano a rientrare nel territorio senza sentirsi più esiliati senza sapere il perché.
E il lavoro? Bè, non sono preparata a risolvere problemi di questa portata! Ricordo però che lo scorso anno, in occasione delle scarriolate, si era chiaramente detto che le macerie sono una risorsa e non un problema. Una risorsa in termini materiali, perché riciclate sono una materia prima secondaria, e perché sulla raccolta, differenziazione e riciclo, si possono creare posti di lavoro. Ed è solo un esempio.
E la gente che ha perso casa, persino in periferia, dove qualche abbattimento ha avuto luogo, ma le macerie sono ancora lì, non sa nemmeno dove, quando e se si ricostruirà. Non si parla più di “progetto di città” (masterplan), di cronoprogramma, di una “nuova città”, mentre quella vecchia langue e si autodistrugge.

Non si sa da dove cominciare e allora l’unico obiettivo che mi pare perseguibile è R-ESISTERE!

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