lunedì 20 settembre 2010

Quattro chiacchiere tra i rifiuti





Mi vengono sempre i nervi quando leggo qui e là della costruzione di termovalorizzatori, centrali a biomasse eccetera. Come se, da un po’ di anni a questa parte, ci si provi ogni tanto! Senza una pianificazione energetica, senza capire che, nonostante la questione  sia importante, occorrono azioni concomitanti alla nascita di centrali di qualsiasi genere.
In primis, occorre che siano applicate politiche vere di risparmio energetico; a L’Aquila può  nascere realmente una città a basso impatto ambientale. Per esempio tramite una ricostruzione, anche nelle periferie, di palazzi e case coibentati, con impianti fotovoltaici, di scuole ed edifici pubblici autonomi energeticamente. Con l’uso di illuminazione pubblica a basso consumo  ( vedere qui  ).
Poi sicuramente occorre attrezzarsi per far in modo che le attività produttive possano attingere a fonti energetiche che diano potenze compatibili e che siano efficienti, 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno.
Occorre precisare che in una visione globale del problema molta energia viene spesa per “cose” inutili, in un vortice nel quale è difficile trovare il bandolo della matassa.
Così, per esempio, si preferisce produrre bottiglie di plastica il cui riciclo non è efficientissimo, per prodotti che non avrebbero bisogno di plastica come imballaggio (la grande distribuzione ne fa un uso spropositato);  poi la si brucia perché è efficiente come carburante. Risparmiare energia vuol dire non produrla quella plastica!!!
A L’Aquila non si capisce perché non possiamo adottare metodi semplici per risparmiare, obbligando la grande distribuzione a vendere prodotti alla spina, ed è solo un esempio.
Tutto questo si ripercuoterebbe in maniera diretta sulla diminuzione di rifiuti urbani e, quindi, sulla inutilità di avere termovalorizzatori di grandi dimensioni  che, per funzionare, hanno bisogno di bruciare qualcosa, qualsiasi cosa. Gli scarti forestali  potrebbero alimentare solo centrali piccole e, magari, utili a qualche azienda e con impatto ambientale sicuramente più basso rispetto a centrali che, infine, bruciando qualsiasi cosa, non farebbero altro che alimentare il vortice di consumismo che ci attanaglia.
Nessuno qui pensa alla connessione tra rifiuti e risparmio, e non solo energetico! A L’Aquila non abbiamo discariche e il costo di smaltimento rifiuti è altissimo. Allora perché non spingere sulla diminuzione degli imballaggi e sulla raccolta differenziata? Perché non dotarci di un impianto per la fermentazione anaerobica dei rifiuti organici per produrre biogas?
Oltre ai vegetali coltivati, anche i rifiuti vegetali e liquami di origine animale possono essere sottoposti a  fermentazione anaerobica. La “biomassa” viene chiusa in un fermentatore nel quale si sviluppano microorganismi che producono gas metano. Dopo trattamento depurativo, questo può essere usato come carburante, combustibile per il riscaldamento e per la produzione di energia elettrica.
Il sottoprodotto della digestione anaerobica, in relazione alla qualità del materiale sottoposto a digestione, può rappresentare un fertilizzante eccellente e ricco di nutrienti.
In questo modo viene, inoltre, evitata la diffusione nell’atmosfera del metano emesso naturalmente durante la decomposizione di carcasse e vegetali.
Ok, è solo un’idea. Ma oltre a dire sempre no, bisogna anche mettere in campo delle alternative. Non so assolutamente quanta energia si potrebbe produrre con la fermentazione degli scarti alimentari (parte organica dei rifiuti), scarti forestali, liquami di allevamenti.
Qualcuno può metterci un po’ di impegno a calcolarlo? Considerando che potrebbe partecipare tutto il territorio aquilano, circa 80000 persone. Ciascuna delle quali produce 1,5 kg di rifiuti al giorno di cui la parte “umida” costituisce circa il 30% ( e che questo può anche divenire compost).
Ho trovato il video che vi linko nel quale si spiega cosa è la fermentazione anaerobica per produzione di biogas. Nel fermentatore della animazione, si usa anche mais e, essendo convita che le coltivazioni di “roba da mangiare” devono essere usate per sfamare le persone e che , biologicamente parlando, coltivazione intensive di un solo prodotto sono la negazione della variabilità genetica, sono in completo disaccordo sulla coltivazione di piante per produrre  energia, ma il video rende l’idea. 


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