domenica 4 marzo 2012

Una città accogliente




Col passare del tempo i blog degli aquilani, quelli che hanno raccontato del terremoto e del post-terremoto, non sono più così assidui nell’aggiornare la situazione del cratere sismico aquilano. Mi sono chiesta il perché.
Perché anche io sono meno incline a scrivere della mia città. E’ come se sentissi che potrei risultare noiosa, ripetitiva. Poi ho letto questo post  dell’amico Adriano: è stata come una staffilata e, quindi, ho deciso di ricominciare, anche se è difficile.
Il primo aspetto che vorrei condividere con voi, riguarda il numero delle persone che sono andate via di qui. Non ho dati ufficiali e, forse, ancora non ce ne sono: potrebbero essere tanti quelli che, anche se trasferiti, risultano ancora residenti qui. L’altro ieri ho sentito un dato non ufficiale: 6000 persone mancherebbero all’appello. E’ stato anche detto che circa 6000 nuovi abitanti sono arrivati: si tratta di persone, perlopiù straniere, in cerca di lavoro.
Il dato, di per sé non allarmante, in realtà mi ha fatto sobbalzare. Credo, infatti, che questo sia solo l’inizio di uno svuotamento, dovuto in parte al fatto che qui non si vive una vita normale; ma ancor più preoccupante è il dato se lo si guarda con gli occhi di chi non vede in questo territorio possibilità di lavoro, di occupazione, di realizzazione professionale. Mi piacerebbe indagare su chi è andato via. Capire l’età di queste persone, le motivazioni e la sofferenza.
Al contempo penso che la città, ancora ferma, immobile, debba attrezzarsi al più presto per divenire una città accogliente, a tutto tondo. Una città in grado di cogliere la sfida che ci si sta parando davanti. Una città accogliente che sappia contaminarsi con nuove culture, altre religioni, diverse abitudini. Che si schieri dalla parte di chi lavorerà in questa città, offrendo diritti, opportunità, assistenza.
Perché la città rinascerà con chi rimane e con chi da lontano ci sosterrà, ma anche con chi sceglierà di investire nel nostro territorio conducendo qui una vita degna di essere vissuta, per tutti. A cominciare dalla nostra: per far in modo che i nostri ragazzi restino qui, a mettersi in gioco, a raccogliere la sfida che dobbiamo loro preparare. 

Una città finalmente accogliente anche nei confronti di una parte della cittadinanza finora estromessa dalle discussioni, tanto che immagino che, chi non è di qui, pensi che la loro situazione sia in gran parte risolta. Parlo degli studenti universitari tutti, ma in particolare dei fuori sede. Non mi stancherò mai di dire che la nostra città, l’intero territorio, deve interrogarsi su come questi ragazzi vivono e dove, e che servizi gli offriamo, quale accoglienza, quali opportunità. Gli studenti universitari sono stati a lungo per questa città, l’anello di congiunzione tra due istituzioni che stentano a dialogare: l’Ateneo e la città. Ora che mancano, perché in gran parte viaggiano, questo sottilissimo anello, neanche c’è più. E nessuno ancora riesce a cogliere l’importanza di pianificare una città che sia attraente anche per loro. Non attraente perché divertente, ma piuttosto accogliente, ancora una volta. Cioè che sappia accogliere e cogliere le opportunità culturali ed economiche di una popolazione giovanile tanto numerosa. 
 
Ma di loro scriverò in un altro post. Vi lascio con un’immagine della mia città di qualche giorno fa, dopo la nevicata. Stenterete a credere che stia ancora così, ma purtroppo è l’amara verità.



2 commenti:

  1. una analisi utilissima che a me, che vivo a Genova, ha aperto uno squarcio sulla situazione aquilana; se ne parla pochissimo, è importante che se ne continui a parlare!

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  2. E' che, come detto, a volte sembra annoiante parlarne. Grazie Genova!!

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