Col passare del tempo i blog degli aquilani, quelli che
hanno raccontato del terremoto e del post-terremoto, non sono più così assidui
nell’aggiornare la situazione del cratere sismico aquilano. Mi sono chiesta il perché.
Perché anche io sono meno incline a scrivere della mia città.
E’ come se sentissi che potrei risultare noiosa, ripetitiva. Poi ho letto questo post dell’amico Adriano: è stata come una staffilata e, quindi, ho
deciso di ricominciare, anche se è difficile.
Il primo aspetto che vorrei condividere con voi, riguarda il
numero delle persone che sono andate via di qui. Non ho dati ufficiali e,
forse, ancora non ce ne sono: potrebbero essere tanti quelli che, anche se
trasferiti, risultano ancora residenti qui. L’altro ieri ho sentito un dato non
ufficiale: 6000 persone mancherebbero all’appello. E’ stato anche detto che
circa 6000 nuovi abitanti sono arrivati: si tratta di persone, perlopiù
straniere, in cerca di lavoro.
Il dato, di per sé non allarmante, in realtà mi ha fatto
sobbalzare. Credo, infatti, che questo sia solo l’inizio di uno svuotamento,
dovuto in parte al fatto che qui non si vive una vita normale; ma ancor più
preoccupante è il dato se lo si guarda con gli occhi di chi non vede in questo
territorio possibilità di lavoro, di occupazione, di realizzazione
professionale. Mi piacerebbe indagare su chi è andato via. Capire l’età di
queste persone, le motivazioni e la sofferenza.
Al contempo penso che la città, ancora ferma, immobile,
debba attrezzarsi al più presto per divenire una città accogliente, a tutto
tondo. Una città in grado di cogliere la sfida che ci si sta parando davanti.
Una città accogliente che sappia contaminarsi con nuove culture, altre
religioni, diverse abitudini. Che si schieri dalla parte di chi lavorerà in
questa città, offrendo diritti, opportunità, assistenza.
Perché la città rinascerà con chi rimane e con chi da
lontano ci sosterrà, ma anche con chi sceglierà di investire nel nostro
territorio conducendo qui una vita degna di essere vissuta, per tutti. A
cominciare dalla nostra: per far in modo che i nostri ragazzi restino qui, a
mettersi in gioco, a raccogliere la sfida che dobbiamo loro preparare.
Una città finalmente accogliente anche nei confronti di una
parte della cittadinanza finora estromessa dalle discussioni, tanto che
immagino che, chi non è di qui, pensi che la loro situazione sia in gran parte
risolta. Parlo degli studenti universitari tutti, ma in particolare dei fuori
sede. Non mi stancherò mai di dire che la nostra città, l’intero territorio,
deve interrogarsi su come questi ragazzi vivono e dove, e che servizi gli offriamo,
quale accoglienza, quali opportunità. Gli studenti universitari sono stati a
lungo per questa città, l’anello di congiunzione tra due istituzioni che
stentano a dialogare: l’Ateneo e la città. Ora che mancano, perché in gran
parte viaggiano, questo sottilissimo anello, neanche c’è più. E nessuno ancora
riesce a cogliere l’importanza di pianificare una città che sia attraente anche
per loro. Non attraente perché divertente, ma piuttosto accogliente, ancora una
volta. Cioè che sappia accogliere e cogliere le opportunità culturali ed
economiche di una popolazione giovanile tanto numerosa.
Ma di loro scriverò in un altro post. Vi lascio con un’immagine
della mia città di qualche giorno fa, dopo la nevicata. Stenterete a credere
che stia ancora così, ma purtroppo è l’amara verità.
una analisi utilissima che a me, che vivo a Genova, ha aperto uno squarcio sulla situazione aquilana; se ne parla pochissimo, è importante che se ne continui a parlare!
RispondiEliminaE' che, come detto, a volte sembra annoiante parlarne. Grazie Genova!!
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