lunedì 30 agosto 2010

Indovina chi viene a cena?



Un mio amico.

Non lo vedevo da tempo. Cena al centro dell’Aquila. Locale “chic”.

Il mio amico, lo chiamerò Andrea per motivi di privacy, ha un bimbo di 15 mesi, insomma nato col terremoto. La sua compagna la conobbi che era incinta. Lavora e vive a Roma, pur essendo aquilana. Andrea abita a L’Aquila e lavora qui: è commerciante. La sua casa è in centro storico, quindi off limits.  Quando lo incontrai, prima del terremoto, mi raccontò dei suoi progetti, assieme alle difficoltà che avrebbe incontrato dovendo lavorare a L’Aquila con la famiglia a Roma. Poi è arrivato il terremoto.

Non ha avuto, da commerciante, nessun aiuto, tranne 800 Euro per tre mesi. Il suo negozio non ha subito danni materiali essendo fuori città, ma certo i suoi incassi sono precipitati. Invece i pagamenti da effettuare sono sempre gli stessi. Merce invenduta da pagare. “Come tanti altri” mi ha detto. E Andrea ha anche dei dipendenti.

Ad agosto riempì il famoso modulo per il censimento delle necessità abitative e dichiarò, come la maggior parte degli aquilani, solo la verità: è aquilano, abita in zona rossa, lavora a L’Aquila, ha un figlio, la sua compagna vive a Roma.

Gli è stato assegnato un alloggio nel progetto C.A.S.E. per single: un monolocale. Andrea ha una vita molto movimentata. Comunque abita a L’Aquila, o meglio vi dorme, per tre notti la settimana. Il fine settimana porta la sua famiglia qui, ma spesso, di giorno, è al lavoro o, la domenica, nel paese di origine della sua compagna dove, tra l’altro, abita sua suocera che provvede al bambino, spostandosi tra Roma e Castel del Monte.

Il 16 di agosto Andrea riceve la visita di un messo comunale. Portava la notifica di sfratto dal progetto C.A.S.E.. Di giorno, infatti non lo avevano mai trovato in casa (ricordo che lavora e che, essendo solo, magari non pranza a casa e, forse, cena con amici). I vicini hanno dichiarato di averlo visto poco. I consumi rilevati non sono sufficienti. Andrea non ha fatto una piega ed è rimasto nella sua C.A.S.A. Giorni fa qualcuno è arrivato nella sua casa a riprendersi le chiavi. E vi ha trovato il bimbo con sua mamma che giocava con lui. Attimi di panico e imbarazzo. “Dov’è il titolare della C.A.S.A.?”  “E’ al lavoro”.

Chiamato al telefono è arrivato come una furia, chiedendo spiegazioni. Ha dovuto rivolgersi ad un avvocato e presentare a sua giustificazione le ricevute dell’autostrada con le quali dimostrare che lui torna a L’Aquila, per lavoro. La situazione, tuttavia, non è risolta. E non sa che fare. Ha detto che si incatenerà e gli ho promesso che lo farò con lui. Perché la dignità non ha prezzo.

Poi siamo usciti dal ristorante. Pioveva. Andrea mi ha offerto un passaggio per arrivare dalla Fontana Luminosa alla Villa. Gli ho detto “No, voglio camminare sotto la pioggia”. E invece ho cominciato a correre nella mia città deserta e bagnata. Correvo urlando:” L’Aquila è nostra”. Nessuno poteva sentirmi. Quando ho incontrato le camionette dei soldati ho gridato: “L’Aquila è mia”, devono avermi presa per pazza.

E mi sono sentita tanto bene. Liberata.

L’Aquila è nostra. 

 


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