giovedì 26 agosto 2010

LE CARRIOLE






Ho 53 anni (e mezzo). Ho avuto tantissimi momenti indimenticabili nella mia vita. Piacevoli e meno. Ma stasera mi va di ricordare il bello, l’emozionante. Perché mi fa bene.
Ricordo, dopo il terremoto, tante giornate buie e la tristezza. L’amaro, l’incredulità, la solitudine. Le urla che ti si fermano in gola.
Ma stasera ho rivissuto con gli amici, al “Boss”, la mia giovinezza e poi, d’incanto, la nascita delle carriole. Un momento entusiasmante, colmo di emozione. I cui significati si intrecciano e si intersecano nei ricordi di tutti. Un mare calmo la città, e noi cittadini come velisti ad annusare ogni alito di vento.
L’essere comunità, il rivolere la città, la rabbia, la gioia, la necessità di essere assieme, la cura delle nostre ferite, il toccare la morte per rinascere.
Tutto poi ci è scivolato di mano. Non so perché. Ogni ipotesi è valida.
Ma mi va solo di ricordare le callarelle che passavano di mano in mano, gli applausi, i sorrisi, gli abbracci, la fatica: spaliAMO L’Aquila.

Per questo le carriole accompagneranno la Bolla del Perdono. 

Per ricordarci la storia recente. Di una città che non c’è più. Dove gli abitanti dispersi stentano a trovare un percorso comune. Dove è difficile rispolverare dalla memoria le strade, i vicoli, le piazze, i palazzi, le frazioni, i borghi …
Si va in corteo. Con le carriole. Piene dei nostri ricordi.
I nomi di tutte le strade, di tutti i quartieri, di tutte le piazze, di tutte le frazioni, di tutti i comuni del cratere, di tutti i palazzi. Riempiranno le carriole, alla partenza. E poi adorneranno le transenne, quelle che ci separano da ciò che eravamo e stentiamo a dire che siamo ancora.
Perché il dolore, provarlo intendo, ci sembra ancora un lusso. Dopo tanti lutti. Dopo tanta solitudine. Dopo tanta amarezza. Dopo le speranze spezzate.
Ci siamo, ancora, perché negarlo?

Ore 15.00, sabato. Fontana Luminosa. Carriole, callarelle, secchi e pale. E tanti cartelli da appendere per la bolla del perdono.

Che mi perdoni Via Coppito se oggi, scrivendola, stentavo a ricordarla.

4 commenti:

  1. A Navelli, inciso su una porta, si legge: "vicolo: una croce di case che si chiamano piano, e non sanno ch'e' paura di restare sole nel buio."
    Voglio che a decidere del futuro della mia città e del mio Paese ci sia gente in grado di cogliere il significato di frasi come questa.

    Stefano

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  2. Stefano caro, sai bene, invece, che non è così nè lo sarà. Ma se tanti come noi applicano una partecipazione attiva, anche impiegando tempo ed energie che stanno scemando, la città sarà migliore e anche noi cresceremo..

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  3. Giusi, non m'insultare perché non ho mai avuto il coraggio di dirlo: molte cose successe negli ultimi mesi mi hanno davvero dato l'idea che grossi gruppi di persone in questo sforzo, patimento, disgrazia comune sono riusciti a tirare fuori dei lati magnifici e inaspettati dal punto di vista umano. Certo, se avessi la bacchetta magica, li preferirei tutti stronzi come prima.

    Non oso dirlo perché non credo per principio al fatto che il dolore e le disgrazie nobilitino, in genere avviliscono e incattiviscono.

    Però questa cosa bellissima che mi stai dicendo, che farete la perdonanza con le carriole, in un certo senso mi consola e in un certo senso mi fa capire da dove la prenderete l'energia, che è vero che sta scemando, ma ogni volta poi vedo che tu e tutta una serie di persone che conosco e ho a cuore, ritrovano e ricominicano.

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  4. Perchè dovrei insultarti???
    Qui è tutto difficile, in primis la partecipazione.
    Credo che, in utlimo, l'energia ce la dà proprio quella città chiusa, transennata. Ma morta no! Mai!!!

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