Abito a Cese di Preturo, nel progetto C.A.S.E. ormai da 14 mesi. E’ inverno ed è più dura. Stamattina ho passeggiato tra i palazzi, ho corso pure un po’: la giornata era uggiosa, in giro nessuno, se non una mamma con un passeggino e cumuli di immondizia delle feste.
Sulla mia piastra antisismica cominciamo a salutarci, ci riconosciamo, sappiamo di chi sono le automobili, i pianti dei bambini, gli animali. Tra noi c’è Maria, che abita a piano terra.
Lo scorso inverno non la si incontrava mai, se non qualche volta con telefonino fuori dalla sua finestra, ché in casa la linea non prende.
Pensavo abitasse da sola e invece, in primavera, ho scoperto che abitava con sua cognata: due donne molto anziane (ultraottantenni) ma decise a farcela. Con il bel tempo ci aspettavano tutte le mattine per uno scambio di battute. E ci facevano vedere cosa avevano cucinato, il loro bel lavoro a maglia, le loro fragole in vaso. Insomma Maria e la cognata hanno cominciato a vivere e a scambiare tutto con le persone del palazzo. Fanno delle torte buonissime e non chiedono niente se non un passaggio in automobile, il giornale e soprattutto due chiacchiere. Abitavano in centro storico: una ha perduto il marito, l’altra il fratello.
Alla fine dell’estate la cognata di Maria si è trasferita in una casa a Pettino, non so perché, ma probabilmente per stare più vicina ai suoi parenti. Maria è rimata sola, per modo di dire, perché ha sempre nipoti, figli, nuore che le stanno attorno.
Purtroppo, però, Cicchetti (vice-commissario alla ricostruzione) con la sua direttiva le impone di trasferirsi in una casa più piccola, da single, di ben 3 (leggasi tre) metri quadrati più piccola. Non le spetta più la casa dove, a fatica, ha costruito un minimo di normalità. Se ne deve andare a Sassa e ricominciare, a più di 84 anni, dopo aver perduto casa e marito.
La chiamano ogni giorno dalla SGE (struttura per la gestione dell’emergenza) intimandola a trasferirsi; l’ho incontrata e mi ha detto: vogliono farmi impazzire.
Quessa è L’Aquila, frà!!
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