Un campo di erba medica |
Non scrivo dell’Emilia perché tutti devono scrivere
qualcosa! anzi; ho aspettato che il coinvolgimento emotivo si attenuasse, che
la mente smettesse di tornare indietro ai famosi "Trentotto secondi" di 1152
notti fa, che fossi in grado di guardare quelle immagini; ho aspettato, per essere
sicura di saper ascoltare quello che la gente di lì grida e piange.
Non so ancora se sono pronta, ci provo.
Ho incontrato un imprenditore di quelle zone che ha perso il
suo capannone industriale, un uomo di circa 70 anni, accanto sua moglie.
Persone semplici, cordiali, i cui occhi somigliano troppo a quelli nostri:
sguardi increduli, perduti, bagnati, che raccontano da soli il dramma della
catastrofe. Poche parole scambiate, di nuovo sui quei terribili momenti, i loro
ed i miei. E poi la consapevolezza di stare in una specie di “tempo zero”, dove devi trovare la strada per ricominciare.
Poche parole per dirci che ci terremo in contatto, che vogliono ascoltare le
nostre voci di terremotati “in stato avanzato” e persino le scuse «Non vi
abbiamo seguito abbastanza, sembrava una cosa così lontana da noi!»
Poi le parole decise e commosse di un altro imprenditore, giovane,
ieri in TV: «Voglio rimanere qui, amo questa terra». E ancora l’appello
televisivo di una giovane assessora: «Vogliamo che a ricostruire siano i nostri
operai, i nostri ingegneri, la nostra gente; vogliamo rialzarci, lavorando».
Da terremotata di lungo corso dico a tutti quelli che possono
sentire queste parole di farle depositare nel profondo della loro anima, per
capirle e agire di conseguenza. L’Emilia, “terra laboriosa” chiede di
ricominciare dal lavoro, da quello che hanno sempre fatto. Per questo sarò
fiera, assieme agli aquilani, di pagare come tutti la tassa di scopo (accisa di
2 centesimi sui carburanti) e sarò ancora più felice di vedere ricostruite le
fabbriche, le case e le chiese, con il massimo della sicurezza possibile. Da
aquilana mi auguro che ci siano portavoce decisi, forti, con le idee chiare che
non scendano a compromessi, che siano lungimiranti, che ascoltino la gente, i
lavoratori, le madri e i padri, i bambini, i ragazzi, i vecchi. Perché quella
terra è la loro ed anche di tutti noi, e sinceramente la affido a chi la ama, e
saprà proteggerla.
Da aquilana, di nuovo, spero con tutta me stessa che l’Emilia
possa essere di esempio all’Abruzzo, a noi e soprattutto a chi lo amministra, a
chi ha goduto del consenso popolare per governare il capoluogo, affinché
divengano davvero i portavoce delle istanze della popolazione in termini di trasparenza,
di partecipazione, di ricostruzione sicura e accurata, di lungimiranza delle
scelte, di visione di insieme, di rilancio economico, di ricostruzione sociale,
di opportunità per i giovani. Che sappiano anche loro gridare con forza che le
imprese locali, i tecnici locali, i giovani aquilani siano in “pole position”
per rifondare questa città e questo territorio. Che abbiano la serietà di
imparare dalle tante professionalità presenti sul territorio, che guardino con
interesse alla cultura nel suo insieme, che abbiano l’umiltà di dire “ho
sbagliato” quando necessario e di chiedere aiuto.
Siamo gente laboriosa e un po’ spigolosa, possiamo imparare da tutti,
persino da quell’imprenditore che ho incontrato e mi ha raccontato che della
terra ha fatto il suo mestiere; dapprima vendendo frutta, poi foraggi per
animali che esporta in tutto il mondo. Di cosa si tratta? Di erba medica
essiccata. Ed ha soci in tutta Italia, persino in Abruzzo, a Chieti.
Far nascere nuovi imprenditori, facilitandoli nello start up.
Fare tesoro di ciò che abbiamo imparato tutti. Dagli ingegneri ai
geologi, ai commercianti, alle singole persone: una rete di conoscenze che non
deve andare perduta.
Ho preso contatti con alcuni Emiliani, ci vogliono lì, anche solo
per raccontare i nostri tre anni. Per scambiare e cambiare. Perché la storia di
questo territorio è nostra e dobbiamo fare lo sforzo di scriverla con l’impegno,
le battaglie, la perseveranza.
Forza emiliani, forti e gentili. Forza L'Aquila, sempre!
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