Passeggiata in centro a L’Aquila, per i vicoli, quelli di
sempre. Ho visto un cantiere che sta per partire: lo so, è poco, ma non è
nulla. Dopo 1146 giorni più che un cantiere sembra uno sbaglio. Si trova vicino
ai vicoli che la scorsa primavera ho ripulito dalle erbacce ed ora rischiano di
esserne invasi nuovamente. Però mi sento molto positiva ed ho pensato “Lo farò,
anche quest’anno!”. Mi sentivo quasi sciocca, ma non riuscivo ad essere
depressa, triste, malinconica. Ho pensato che forse è la primavera a farmi
sentire così, anche se fa un freddo cane.
Giunta in Piazza Duomo l’ho trovata piena di gente, di
bambini, colorata, insomma meglio di come mi aspettavo. Ho preso posto su una
panchina e mi sono goduta lo spettacolo. Poi, però, si sa, la mente ed i
pensieri vanno per conto proprio. E mentre guardavo i bambini divertiti che
scivolavano giù da mastodontiche istallazioni gonfiabili, ho cominciato a
pensare alla plastica. In che senso? Nel senso vero della parola e cioè all’uso
smodato che si fa di questo materiale, e al suo senso più metaforico, insomma quello che quando dici “un amore di
plastica” fai capire che non è proprio amore, è un finto amore. Così ho
pensato agli amici di plastica, alle parole di plastica e persino ai soldi di
plastica. Poi, naturalmente, alla ricostruzione della mia città, di plastica,
pure quella.
E allora quegli enormi giochi gonfiabili mi sono sembrati al
posto giusto. Sia ben chiaro sono stata felice di vedere vita in piazza, come
lo sono sempre, anche se alcune iniziative non mi piacciono. Ma vedere un
gonfiabile a forma di “sala riunioni”, uno a forma di camion dei pompieri, l’altro
di castello e l’ultimo di giullare, mi è sembrata una sintesi estrema, ma precisa, di come si è riusciti a creare una
città fantasma dove la plastica costruisce castelli, in aria; i vigili del fuoco
sono divenuti il “gioco” preferito di tanti bambini; la sala cittadina è un
tendone; e l’unica cosa vera di quei gonfiabili è il giullare che vedete nella
foto: chi è quel giullare? Bè fate voi, io non saprei decidere.
In mezzo a tutta quella plastica sono caduta in un buco
nero, di plastica. Sono tornata nella mia casa, di plastica. E per fortuna in casa
c’è gente vera. Così come in giro per la città. Gente che cerca di vivere, nonostante
la plastica, in una città che resiste, nonostante la plastica.
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