C’era una volta una città, colta da una catastrofe naturale,
che si accingeva a rinnovare il consiglio comunale. E c’erano due
ex-consiglieri, Gigino e Gigetto, che volevano ricandidarsi.
Gigino cominciò a tappezzare la città di grandi e colorati
manifesti, enormi, candidandosi addirittura a Sindaco. Per giorni e giorni la
città parlò di un suo possibile ritiro e conseguente confluenza in una delle
due compagini più forti, non si sapeva quale, ma si dava per molto probabile
una sua dichiarazione. Gigino, però, continuò imperterrito nella sua lotta e
riuscì a costruire una lista in suo appoggio, con tanto di cappello del suo
partito e la presenza di Gigetto tra gli aspiranti consiglieri.
La sua campagna elettorale non risparmiò colpi ai due più
probabili contendenti la poltrona di Sindaco e Gigino si sbracciò per giorni e
giorni, sgomitò a destra e manca per ricavarsi un suo spazio. Addirittura, in
una diretta televisiva alla presenza di tutti i suoi “nemici giurati”, disse
che se non si fosse candidato avrebbe votato solo uno degli altri 7 pretendenti
al trono, lo stesso che indicò Gigino come probabile meritevole del suo voto, e
non era certo nessuno dei due leoni della tornata elettorale.
Passò il primo turno e nonostante i 300 e passa voti di
Gigetto, la lista di Gigino non raggiunse neanche il quorum, una vera disfatta.
Così in città si cominciò a mormorare di un suo
apparentamento al secondo turno, per di più con il contendente che aveva
osteggiato maggiormente, il sindaco uscente. La città sussurrava, ma lui non
diceva nulla. A chi si sbilanciava scommettendo su un suo sicuro
apparentamento, veniva appiccicata l’etichetta di pettegolo.
A tre giorni dal secondo turno delle elezioni, il cosiddetto
ballottaggio, proprio tra i due leoni di cui sopra, venne fuori uno scoop da
far accapponare la pelle: il candidato ballottante e anche sindaco uscente, che
era stato così tanto osteggiato da Gigino, in una mail spedita ai referenti
regionali del suo partito e di quello di Gigino, spiegava come, essendo stato
impossibile l’apparentamento con la lista di Gigino per problemi interni alla
sua compagine, per Gigino e Gigetto, fossero sicure due posizioni di prestigio
in cambio, ovviamente, di un appoggio esterno.
La città rimase sgomenta, anche se in molti, facendo
spallucce, pensavano che questa storia uscita fuori a bella posta era solo una
delle tante che i partiti, tutti, mettevano in opera per accaparrarsi la
vittoria. Però ci fu un vera e propria alzata di scudi con sforbiciate date qui
e là.
Quasi contemporaneamente venne fuori, in maniera ancora del
tutto inaspettata, che i due partiti, quello di Gigino e quello del sindaco
uscente, avevano stretto un patto pre-elettorale con promesse di vario genere,
compresa quella di un posto importante nel governo della città a Gigetto.
Che scandalo! La città non poteva crederci, o meglio ci
credeva, perché tanto era sempre successo così, solo che ora si sapeva prima
del secondo turno. Accuse di strumentalizzazione, di infangamento e svariate
altre amenità.
E poteva anche finire qua. Ma ogni fiaba che si rispetti ha
i suoi colpi di scena: arriva il principe azzurro, la fata, gli gnomi e quindi,
a questo punto, arriva una bella intervista di Gigetto. Tutto baldanzoso,
nell’intervista video, cominciò a dare del bugiardo al candidato sindaco
ballottante, reo di non aver rispettato gli accordi pre-elettorali: «Ho avuto
un discreto successo di voti, più di trecento, e quelle persone sapevano
dell’accordo, insomma mi hanno votato perché sapevano che il “futuro sindaco”
mi avrebbe riservato un posto al governo della città, sapevano, per questo mi
hanno votato, e non c’è nulla di male in questo», dichiarava più o meno. « Ho accettato di candidarmi, e non mi vergogno, proprio
con quell’accordo, i miei elettori erano stati informati sulla azione di
opportunità amministrativa per cercare di confermare a tutti i costi la mia
rielezione», diceva ai microfoni delle TV.
La città si ritrovò nella confusione più assoluta: «Ma quindi – si
chiedeva la gente- Gigino e Gigetto hanno costituito una lista con candidato
Sindaco solo per apparentarsi dopo e entrare al governo della città? Ma non
potevano allora appoggiare direttamente il candidato?»
«E no- osservava qualcun altro- nella mischia non sarebbero emersi
e poi magari il partito neanche li avrebbe finanziati.»
«Insomma una vera e propria truffa – sentenziavano altri- pensare
che volevo votare Gigetto proprio perché era così alternativo alla lista di
quell’altro candidato sindaco!»
E, purtroppo, la querelle non si fermò: un esponente del partito
del candidato sindaco ballottante, in difesa del suo beniamino, dichiarò che il
documento (la mail spedita al responsabile regionale del partito di Gigino e
Gigetto) tramite il quale il povero sindaco uscente non faceva proprio una
bella figura, non poteva essere reso pubblico e c’erano persino gli estremi per
una denuncia in procura (articolo 616 del codice penale), mentre,
riguardo il contenuto del documento, rilevava che non c’era nulla di illegale “Sul
contenuto in sé 'nessuna norma è stata violata' rientrando 'nei normali accordi
che fanno tutti'”.
La città rimase tramortita.
La fiaba è stata scritta prima dell’esito del ballottaggio, quindi
non si sa se ha un lieto fine, ma forse, chissà, per Gigino e Gigetto il lieto
fine arriverà, come descrive la filastrocca che cantavamo da bambini e che è raffigurata
in questo video:
Però la fiaba, in fondo in fondo una morale ce l’ha: valgono
moltissimo i voti di coloro cui non hai promesso nulla, stai pur certo che quelli vengono da persone
che non hanno nulla da chiederti se non di continuare a lottare per la
legalità. Inoltre, forse la manciata di voti di Gigino e Gigetto faranno da ago
della bilancia per l’elezione del nuovo sindaco; i miei 114 assieme a tutti
quelli di Appello per L’Aquila fanno e faranno, invece, la differenza: il
cambiamento.
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