Il Gran Sasso dalla Crocetta |
Solita passeggiata alla Crocetta: una montagna di circa 1000
metri molto cara agli aquilani. Stavolta ero sola, a riprendermi un pezzo di
me.
Perché quando nasci tra le montagne, non puoi fare a meno di sudartele ogni volta e
di raggiungere, anche d’inverno, un punto dove ti senti abbracciata da loro.
Questo è quella piccola montagna sfregiata da un incendio: quando arrivi su, sulla sinistra si staglia il massiccio del
Gran Sasso, sulla destra il Monte Cagno, in fondo il Sirente e maestosa la
Maiella.
Una corona bianca che stasera stava colorandosi di “tramonto”.
Questo è l’Abruzzo interno, quello dal quale si vede il mare
sciando, quello della roccia, dura, quella dei sentieri tra faggete, quello nel
quale sono nata, cresciuta e divenuta adulta. Un Abruzzo non famoso
turisticamente parlando, persino sottovalutato. Così facciamo più noi per le
nostre montagne, raccontandole, che chi dovrebbe valorizzarle.
E basterebbe poco. Non certo gli “ski dome”. Basterebbe che
funzionasse bene ciò che c’è e che le persone venissero d’inverno anche per
ammirarle dalla città, se questa avesse da offrire qualcosa in più che la
Perdonanza. Chiunque viene ne rimane incantato e torna, anche se è difficile
rimanere quando nel capoluogo di Regione non c’è la giusta accoglienza.
Tornata poi in città, l’ho guardato il Gran Sasso, come
sempre, mentre mi accompagnava a C.A.S.A.
Era rosa. Come si può raccontare una montagna di 2912 metri
che assieme al suo massiccio diviene rosa?
Il colore rosa passa poi al cielo e la montagna si illumina prendendo
le sembianze di un faro, quello che in realtà è per tutti noi.
Le sento mie quelle montagne, ma so che sono di tutti.
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