domenica 8 maggio 2011

Le macerie di maggio

Dell’Aquila non parla più nessuno. Per questo credo che sia ancora più importante di prima, che continuiamo noi aquilani a scrivere di lei.

E’ primavera anche qui, arriva in ritardo dalle mie parti il sole primaverile. I giorni appena trascorsi sono stati bellissimi: sole, aria pulita, cielo terso e le montagne, sempre lì, imperterrite a guardarci. Le poche strade del centro si riempiono di persone: così la mia città diroccata sembra un po’ meno triste.
Per questo motivo ho deciso di andare a visitare alcuni paesi intorno a L’Aquila: Roio Colle, Santa Rufina e Poggio di Roio. Il centro di quest’ultimo è transennato, ma sono riuscita a passare. Gli altri due paesi sono percorribili. Purtroppo non basta questo bel sole primaverile a rendere emotivamente accettabile la visita, anzi, l’erba alta sui cumuli di macerie, rattrista di più. Così come non si può fare a meno di sentirsi solidali e vicini alle famiglie che abitano nelle loro case, magari rinnovate nel colore, ma circondate da pietre, ghiaia, ferro, tavole di legno, insomma macerie. Quelle del 6 aprile 2009.
Le macerie continuano ad essere il problema dei problemi, dopo 25 mesi.  Nonostante, nella mia mente, non sia possibile che, dopo un terremoto, non si sia messa in campo una strategia, anche d’emergenza, per liberare da questa morsa le città e i paesi. Eppure è così.
Nel tempo si sono susseguite promesse “Le macerie saranno solo un ricordo tra 6 settimane” [Ministro Prestigiacomo, marzo 2010] e un’infinità di discorsi di cui, l’unica cosa che ho capito bene, è che le macerie, da un punto di vista normativo, sono da considerarsi “rifiuti solidi urbani”, immondizia. E come l’immondizia non sono un problema da smaltire, ma solo soldi da appaltare. Questa è la verità.
Per recuperare la materia prima da quelle macerie, dobbiamo stoccarle in un sito temporaneo, cioè una discarica e, a ben guardare, noi non abbiamo una discarica neanche per i rifiuti urbani veri e propri. Quindi? Quindi nulla. Promesse di adeguamento di un sito, con tutta la burocrazia da spicciare e poi nulla.
Continuo a non capire come si sia potuto arrivare a 25 mesi dal sisma, senza affrontare in problema immediatamente, in emergenza. Presentando un progetto valido e innovativo. Lo dicemmo con le carriole che le macerie dovevano restare nostre! Perché è lapalissiano che siano una risorsa. Qualche milione di tonnellate di macerie fa gola: se ne può ricavare materia prima, utile nell’edilizia della ricostruzione, ma anche vendibile. E ci sono parecchi soldi in ballo.
E invece non so che fine faranno quelle macerie. Chi le avrà e a che prezzo.
 Oggi, a 762 giorni dal sisma, mi chiedo come sia possibile che cumuli di “rifiuti solidi urbani” possano giacere nelle nostre case, nei nostri centri storici, accanto alle case dove le persone vivono, in mezzo alle strade dove tutti camminiamo. Come è possibile?  Se non sono materiale inerte, come possiamo conviverci? Se devono essere depositate in discariche a norma perché piene di materiali inquinanti (ferro per esempio, ma anche amianto), come mai possiamo respirarle? Intanto le intemperie fanno il loro corso e lavano questo materiale, rilasciandolo nel suolo e il vento lo porta dove noi  viviamo!
Non servono più a nessuno le carriole? Hanno detto troppo  sulle macerie?  Ma qualcuno pagherà per questa inefficienza, perché noi non dimentichiamo, né possiamo farlo. Le nostre pietre ci dicono da dove veniamo: da quella terra, da quei sassi, da quei cornicioni, da tutti quei ricordi sepolti che il vento oggi ci porta scaldati da un morbido sole.

2 commenti:

  1. Se saliva a Piazza dei Missionari (che però è transennata), avrebbe visto quello che io e la mia ragazza vedemmo quella terribile notte. Ed è tutto ancora così, fatta eccezione per le case che hanno buttato giù, senza preavviso. Può vedere il video qui: http://www.youtube.com/watch?v=ssMAqV-efKg

    RispondiElimina
  2. Grazie Paolo. E' sempre un colpo al cuore. Giusi

    RispondiElimina