venerdì 29 aprile 2011

La vita


Anno 1909


Quando si parla di morti mi viene sempre un groppo allo stomaco.  Giorni fa, guardavo alcune foto antiche della mia città e osservavo la gente, quella di un secolo fa. Qualcuno mi ha fatto notare che nessuno di loro è in vita e mi si è bloccato il respiro.
Sarà per questo che mi fa schifo sentire che si parli di morte con assoluta noncuranza. Quasi che, per alcuni versi, i morti siano solo un effetto collaterale.
Ieri ad Annozero, un professore universitario, ha contato i morti del Giappone e di Cernobyl. In Giappone, diceva fiero, fino ad ora non ci sono stati morti né feriti a causa del nucleare: zero, ha detto zero. Poi ha contato i morti Cernobyl, ad uno ad uno, e ne sono risultati dapprima zero,  in seguito, correggendosi, il professore ha enumerato i “veri morti”: 3 immediatamente dopo l’esplosione, di cui uno di infarto, poi altri 28 (dei 134 soccorritori-liquidatori), e ad oggi altri 19 (sempre tra i liquidatori); se si fa la somma i morti “veri” sono 50. E poi incalza con altri numeri che riguardano l’aumento delle patologie da radiazioni e esulta nel dire che non ci sono stati aumenti di leucemie e tumori solidi. Cita anche la fonte, che poi è questa: UNSCEAR
I morti “veri”: bah!
A parte le inesattezze, ho trovato disgustoso che si sia parlato in quel modo di persone morte o colpite da radiazioni, come se fossero un grafico al quale riferirsi per dire che, in fondo, non è successo nulla di grave. Come se un certo numero di morti fosse, sempre, un prezzo obbligato da pagare, persino nella  realizzazione di grandi opere, come i morti sul lavoro.
E poi c’è anche un onorevole, ad Annozero, che snocciola morti: secondo il rapporto OCSE  a causa delle polveri sottili muoiono 960.000 persone l’anno, nel mondo.
A parte che non ho capito come ci possa essere un rapporto così sbilanciato tra pericolosità del particolato atmosferico e delle radiazioni nucleari, trovo sgradevolissimo dire che dobbiamo scegliere il male minore. Quando tutti sanno bene che le persone hanno un cervello, naturalmente finché sono in vita e, quindi, hanno capito benissimo che questo modello di sviluppo (quello occidentale) è un fallimento, da qualsiasi punto di vista lo si guardi. Perché questo modello non mette al centro la vita (nostra e del pianeta), ma il numero minore di morti, calcolati non si sa come. E siccome i morti non possono parlare ai microfoni, ma parlano al nostro cuore, vorrei sapere se 309 vittime del sisma della mia città, sono un effetto collaterale, oppure sono la dimostrazione del fallimento di tutte le politiche di prevenzione, di tutte le catastrofi, compreso il nucleare. E se i morti libici, egiziani, siriani eccetera sono un prezzo che il pianeta deve pagare per forza, oppure sono ammazzati dall’ingordigia e dalla fame di denaro e profitti.
E i morti di fame? Contiamo quelli, allora. Uno dei rapporti FAO parla di cinque milioni di bambini  al di sotto dei cinque anni che muoiono di fame nel mondo, ogni anno.  
E non riesco neanche a commentarlo.

La vita deve essere al centro dei nostri interessi: quella migliore che possiamo vivere, assieme.

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