sabato 26 novembre 2011

Vedrai che cambierà


Sembra che per forza bisogna scrivere qualcosa sull’Aquila. Forse perché si avvicina Natale o forse perché è cambiato il governo. E magari si spera in un regalo da Babbo Natale o da Monti, chissà. Potrei riempire questo post di foto e filmati, per far capire l’immobilismo, la tristezza il silenzio,  ma purtroppo non sembra che questo serva a noi, quelli che abitano una non-città.
Non penso che si possa capire se non si vive, questa situazione.
 Immagino che qualcosa di simile l’abbiano vissuta altre popolazioni.
Ma a me continua a sembrare unica.
Forse è una malattia, non so, quella che mi prende alla sera quando penso “è tutto momentaneo, vedrai che cambierà”. E mi fa sentire stupida questa sensazione. Perché una catastrofe avviene in pochi secondi, ma poi le conseguenze non sono momentanee. E allora ripensare alle vetrine di Natale a L’Aquila  mi rende nostalgica quando sto bene, ma, se minimamente la giornata non è stata propriamente delle migliori, sento rabbia, tanta rabbia. Non contro la natura, o contro questo o quello, ma perché non ho un orizzonte, né stretto né largo.
Ci sono mille modi per sopravvivere, persino  non pensare. Ma se ci penso, anche pochi microsecondi al giorno, non posso non pensare che se la città non si esprime con fermezza riguardo a quello che vuole essere, saremo sempre così: abitanti di un nulla che si fa da sé, nonostante tutto.
Ho fatto un giro in automobile oggi e mi sono estraniata per qualche minuto. Ho osservato quello che mi si parava davanti: case semi-crollate quel famoso sei aprile, immobili; casette variamente colorate sparse ovunque, alcune proprio belline con scritte varie di attività; rotonde ovunque, incolte, secche, orribili; strade in costruzione con viadotti che sfiorano nuovi quartieri uguali, con balconi pieni di ogni cosa, e i piloni in cemento armato che passano sopra paesi diroccati dimenticati; traffico impazzito; strade e vicoli pieni di ferraglie varie; finestre con gli stessi pantaloni appesi ad asciugare oramai da secoli; fontane chiuse. 

E mi ha dato l’idea che non si trattasse di un territorio italiano, quasi un paese sconosciuto, chessò Messico, forse perché non lo conosco, ma simbolicamente rappresenta il disordine, l’assenza di programmazione, la povertà contro la ricchezza sfrenata. 

Ecco potremmo dichiararci Stato indipendente, una specie di Principato a sé stante, dove regna l’improvvisazione, l’unica che riesce a superare l’immobilismo. Magari potrebbe portarci turisti incuriositi e noi cittadini aquilani divenire una specie protetta in un territorio unico.
Forse.

Vedrai che cambierà, forse non sarà domani, ma un bel giorno cambierà

4 commenti:

  1. Certo che cambierà e hai ragione tu a dire, sempre più spesso la vera cosa difficile e scomoda: com' era dov' era ce lo possiamo scordare, dopo questi mesi sotto la pioggia, la neve, il sole e il nulla che accade. o portar via nessuno ed è lì che bisogna andare. Prima lo accetteremo tutti, meglio sarà.

    RispondiElimina
  2. non voglio accettare una cosa cosi ...! Io voglio sempre credere che cambierà ....qualcosa cambierà se lo vogliamo . Non immota manet....

    RispondiElimina
  3. "...se la città (l'intero Paese) non si esprime con fermezza riguardo a quello che vuole essere, saremo sempre così: abitanti (cittadini) di un nulla che si fa da sé, nonostante tutto..."

    Scusa, solo per dimostrarti che anche chi non è aquilano, oggi prova le stesse sensazioni, guardando al Paese. Forse, la vostra possibile rinascita passa per un rinnovamento molto più vasto e difficile da realizzare e, a giorni, credo che capiremo se, quando e quanto sarà possibile quel rinnovamento.

    Ciao e buona serata.

    RispondiElimina
  4. Tutti noi speriamo che qualcosa cambierà, anzi lo vogliamo e lavoriamo per questo

    RispondiElimina