Inaspettatamente oggi ho assistito alla proiezione dell’ennesimo “documentario” sulla mia città distrutta: di Vanzina con musiche di Ennio Morricone. Immagini, silenzio, pochi volti; in coda le immagini bianco e nero di com’era la Città. E ho pianto di nuovo.
Ho ripassato a memoria molti dei bei momenti trascorsi nelle vie principali, nei vicoli e nelle piazze, nei palazzi e nelle chiese, ovunque; e per un attimo che non voleva finire mai, la mia mente si rifiutava di pensare che tutto quello non c’è più.
Come capita dopo questi frequenti momenti di “trans”, asciugate le lacrime, viene su la rabbia. E tutte quelle persone che parlavano di solidarietà, di vicinanza al nostro dolore, mentre i soliti incravattati facevano bella mostra di sé, mi sono sembrate inutili, superflue, e fredde.
Ed ho pensato a tutti gli aquilani, quelli che incontro spesso: caldi, forti, potenti, pieni di idee, ma frustrati dall’ impotenza. Ed ho capito che è finito il tempo delle parole, dei progetti non presi in considerazione, dei litigi e delle divisioni.
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