Serata ad Avezzano, dove sono nata. Da secoli non mi capitava di girare per il centro, in una sera d’estate. Via Corradini, Piazza Risorgimento, piene di gente, di tutte le età. Che passeggia, ride, mangia un gelato, si bacia sulle panchine. A contorno luci, voci, strilli e persino i cartelloni del cinema. Piazzati in Piazza da quando ero piccolina. Volevo scattare una foto, ma non sarei riuscita a portare con me quella normalità che a L’Aquila manca, da 888 giorni.
Ed infine ho scattato questa foto, di cui non copro l’insegna perché quello che mi ha colpito non è quella, in questa bella serata di settembre, ma è stato poter girare in una città normale, che dista solo 50 km dall’Aquila, alle 23.00 e soffermarsi a guardare le vetrine, illuminate, già piene di vestiti invernali.
E spiegare al resto d’Italia che la nostra vita è cambiata radicalmente, è difficile; so perfettamente che tutto si intreccia con l’immagine che di questo terremoto è stata costruita, col fatto che il tempo fa dimenticare e che i giorni diversi passano solo per noi.
E’ per questo che vi lascio una vetrina, scintillante. E quello che ho sentito ieri notte riattraversando la galleria di San Rocco e planando sulla mia povera città: è stato come passare da un universo ad un altro.
Lì le vetrine, le persone, il cinema … qui una persona che la sera, forse per non morire, sradica l’erba dai vicoli di quello che fu.
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