Piazza Duomo, L'Aquila: com'era. |
Una giornata autunnale da manuale: non freddissima, buia, pioggerellina
insistente. Ti alzi dal letto un po’ più
tardi, ma già alle 8.30 ti senti in trappola, in questa nuova periferia senz’anima,
in una casa piccola e pienissima, di cose e persone.
Così sono uscita in automobile. Direzione Madonna D’Appari: «Lo
voglio vedere lo scempio della galleria!» prima non ho avuto il coraggio.
Lungo la strada, vuota, che connette l’ovest all’est di
questa città dispersa, passo sotto la mia casa, quella in ricostruzione. La
guardo e decido: «Parcheggio, faccio
finta di abitare qui e, come facevo prima, mi faccio una passeggiata fino in
centro».
Per strada faccio finta di niente: non mi soffermo sulle
case demolite, né su quelle vuote e neanche su quelle foderate di impalcature.
Proseguo e incontro una turista francese che, in un inglese
stentato, mi chiede «Dov’è il centro città?».
«E’ in fondo a questa strada; se vuole andiamo assieme, anch’io sto andando
lì»
Ci avviamo. «Guardi che però il centro è chiuso».
«E lei cosa ci va a fare?»
«A far finta che sia aperto e anche ricostruito.»
La signora, incredula, decide di svoltare per il castello. Come
darle torto?
Arrivata alle barriere dell’imbocco del corso stretto,
faccio finta di voler fare il giro lungo e mi avvio per via Castello, poi via
Veneto ed “atterro” in Piazza San Bernardino.
A quel punto, data la presenza di militari, devo per forza
far finta di voler scendere la scalinata della chiesa e di guardare in su per
passare sopra le transenne, che sono a terra, a fine scalinata.
Vedo un signore che fa finta di fare “footing” tra i vicoli
altrimenti chiusi e decido di far finta di correre anch’io, fino a piazzetta IX
Martiri e giungo sul Corso. Sono in salvo.
Ma no, di qua e di là transenne e, per fortuna, un signore
anziano che fa finta di non aver varcato alcuna transenna. Ci guardiamo e
facciamo finta che sia tutto normale. Arriviamo in Piazza Duomo, siamo salvi
davvero.
Un caffè, qualche chiacchiera e poi il ritorno.
Faccio finta
di voler arrivare a Collemaggio, dove prendo a sinistra per rivedere via
Strinella, facendo finta di pensare a quando abitavo lì, da studentessa.
Prendo
su per Porta Leone, di nuovo indietro fino alla Fontana Luminosa e poi di nuovo
a casa.
La riguardo, mi commuovo e faccio finta di essere stata invitata a
pranzo a Cese di Preturo. Mi fermo persino a comprare del vino e un dolce.
Poi
arrivo qui e cucino.
E non c’è più bisogno di far finta.
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