Puntellamenti stanchi: L'Aquila, luglio 2012 |
La sensazione che mi assale quando qualcuno mi chiede “Come
va a L’Aquila?” è di vergogna.
Vergogna perché le risposte alternative sono:
«Come vuoi che vada!»
«E’ tutto fermo!»
«Come sempre, da 3 anni a questa parte»
Eccetera.
I più accaniti, a questo punto, incalzano con una seconda domanda:
“Di chi è la responsabilità di tutto ciò?” e qui la risposta si fa più
difficile, per la diffusa corresponsabilità di diversi attori: Berlusconi, Bertolaso,
Chiodi, Cialente, la destra, la
sinistra, il centro, la Regione, la Provincia, il Comune, i Comuni, le macerie,
la triade Cineas, Fintecna, Reluiss, i tecnici, gli approfittatori, i soldi, il
Decreto Abruzzo, le ordinanze, la legge, il concorsone, l’OCSE … insomma ancora
vergogna.
Che poi c'ho provato a dare buone notizie, solo che sono frammenti
di “presunta normalità” in una città inesistente, con una economia allo
sfascio, con gente che se ne va e quella che DOVREBBE arrivare.
In effetti a tre anni e mezzo dal sisma si dovrebbe poter dire e
scrivere ben altro. Si dovrebbe parlare di ricostruzione, di gru, di
sotto-servizi, di attività che ripartono, di scuole che riaprono, di operai che
lavorano, di realizzazioni utili e condivise, di gente che comincia a
sorridere.
Chiunque si avvicini a L’Aquila non può che rimanerne sbigottito,
non può che andarsene con la netta sensazione che c’è qualcosa di enormemente
ingiusto e sbagliato, che però non ha un nome.
Purtroppo nessuno sembra aver capito che se le condizioni di vita,
la qualità delle nostre vite, non migliorano, c’è ben poco da sperare che si
torni a volare.
Ho fatto un giro in città: le periferie brulicano di vita,
purtroppo sommerse dal traffico, ma la vita c’è. Anche un sacco di cantieri
aperti. Poi in centro: alcune imprese lavorano
(specialmente a Santa Maria di Farfa), ma appena svolti, ti assale il silenzio.
Una situazione paradossale. Che però va affrontata, con decisione, per rendere
le nostre vite migliori. Perché quelle periferie saranno la nostra città per tanto
tempo.
Occorre conoscere i tempi, soprattutto per le case in centro, perché
le persone sono persone ed hanno il diritto di programmare la propria vita.
Certe volte, spesso, sono pessimista: non credo che ci sia un
modo di destra o di sinistra per
ricostruire la nostra città, esiste solo un modo di dirigere i fondi da una
parte o dall’altra. Ci voleva una classe dirigente lungimirante e appassionata.
Non c’è stata.
Dovremmo esserlo noi.
Cioè, fammi capire, quel puntellamento è uscito dalla cornice della finestra e ci stava dentro? azz
RispondiEliminaDalla cornice della porta, Barbara, e non è l'unico!
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