Non sono una politologa né tanto meno un’editorialista. Mi
andava però di scrivere qualcosa in questo “day after” storico. Qualcosa sul
PD: non un’analisi di ciò che è successo al livello nazionale anche se,
lasciatemi dire, persino il tempismo di
questa implosione è sbagliato; il PD non è mai esistito come partito e temo sia
vero.
Ma il PD ha perso non solo al livello di politiche nazionali, ergendosi a
sinistra del paese, bensì localmente
dove, in troppi casi, ha fatto straripare metodologie clientelari, opacità,
rifuggendo le istanze dei cittadini.
Il PD è imperdonabile quando nei suoi comuni, piccoli e
grandi (non tutti, intendiamoci), non è trasparente o, peggio, fa finta; quando
condendo con l’aggettivo “sinistra” un qualsiasi intervento, lo gestisce in
modo personale, favorendo gli amici e denigrando i “nemici”; quando insulta chi
chiede spiegazioni; quando rifugge il confronto; quando si chiude.
Non si possono consegnare a Grillo le istanze che in tanti,
singole associazioni, gruppi di cittadini, tesserati di partito, chiedono con
modi e argomentazioni assai approfondite, da tempi “non sospetti”.
A L’Aquila,
tanto per fare un esempio, non mi sembra che ci sia stata alcuna partecipazione
da parte dei “detentori del potere” né dei movimentisti del 5 stelle, quando si parlava con “esperti” di
democrazia partecipativa, di bilancio partecipativo, di trasparenza, quando si
si richiedevano criteri, si facevano domande, anche accuse, perché no! Quando si cercava di incanalare le giuste
richieste di una città in ricostruzione verso una strategia comune, che non
fosse solo essere contro qualcuno, ma provare a coincidere come comunità.
Se si ha il sospetto che qualcosa di via via ingravescente
abbia dettato legge nella localizzazione del progetto C.A.S.E., negli appalti
per i puntellamenti e poi, ancora, nell’attribuzione di fondi per una città che
vuole divenire universitaria, bè, un problema c’è ed è gigantesco. E portarlo
alla luce, o almeno cercare, non è un delitto, è un dovere per chi ha la
sfortuna di essere nato di sinistra.
L’attaccamento alle poltrone, locuzione che indica in genere
il non volersi togliere dai piedi mai, non è solo un modus vivendi di chi
arriva alle alte vette, ma succede anche localmente e il PD lo fa, regolarmente,
adducendo ragioni che minimo minimo assomigliano a quelle di stampo
berlusconiano.
Gli “inciuci” (termine che aborro) non avvengono solo al
livello nazionale, anzi, al livello locale assumono caratteri aberranti:
promesse pre-elettorali di posti di alto livello sono all’ordine del giorno e,
pensate, una volta messe a nudo, vengono ritenute normali, sì normali.
Non si può consegnare a Grillo tutto ciò, compresa la
candidatura di Rodotà: non mi sembra di aver visto oceani di movimentisti a 5
stelle al Teatro Valle Occupato, giusto una settimana fa, né, tanto meno, nelle
altre mille occasioni ove si parlava di “beni comuni”.
E’ tardi oramai? Forse no. Sfasciatevi e definiamo
“sinistra” solo ciò che lo è.
Essere di sinistra oggi non è per niente facile.
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