Eravamo 38 (oddio un’altra volta questo numero trentotto che
mi perseguita!) il giorno 1 ottobre 1970, in un’ aula al secondo piano del
Liceo Classico Alessandro Torlonia di Avezzano. Poi, in prima liceale, venimmo
decimati e rimanemmo meno di una trentina. Potrei dire i nomi di tutti, molti
dei quali erano stati compagni di scuola anche alle elementari, e qualcuna
persino alle medie, dove eravamo divisi tra maschi e femmine.
Insomma il 1° ottobre 1970 avevo tredici anni e mezzo; con quegli amici ci salutammo cinque anni
dopo, alla maturità, ove ognuno prese la sua strada. Io venni qui a L’Aquila
dove sto, ininterrottamente, da ben 38 anni, una vita insomma. E quegli anni
del liceo sono rimasti cristallizzati in qualche posto della mia anima. Alcuni dei
miei compagni di scuola li ho sentiti in seguito, non spesso, altri li ho
rivisti, di tanto in tanto. La maggior parte però erano qui dentro di me, con i
loro visi, la loro voce e tutte le parole che ci scambiammo in cinque anni. Le
versioni di latino e greco confrontate in telefonate lunghissime, le pagine di
letteratura studiate su qualche divano accanto a qualche camino, la matematica
del nostro severissimo professore. E poi le prime cotte, gli amori, i pianti,
lo sport, i tornei, le uscite serali, le bugie ai genitori. Tutto lì dentro la
mia anima.
Uno di loro l’ho rivisto più spesso. Forse perché in una
delle sue molteplici vite sentimentali era a L’Aquila, ma anche perché ci siamo
chiamati, ogni volta che stavamo male. E ci siamo incontrati ovunque a bere,
piangere e chiacchierare: Ovindoli, Firenze, Avezzano, L’Aquila. Oggi ci siamo
salutati per l’ultima volta.
Carmine non c’è più.
Attorno a lui si è materializzata la mia adolescenza: tutti i miei migliori
amici di più di trent’anni fa.
«Giusi, hai dimenticato di salutare qualcuno» mi dice un
uomo accanto a me durante il funerale.
«Scusa, ma non ti riconosco, fammiti osservare ancora un po’».
Mi sorride e riconosco una piega sul suo labbro inferiore, è
Angelo! Con lui, Carmine ed altri eravamo inseparabili. Non ci siamo detti
niente, solo accarezzati. Sono sicura che anche dentro di lui quel cristallo si
è improvvisamente liquefatto. Per me così è stato, perché quando poi ho
riconosciuto Francesco e Ornella quei cristalli dell’anima sono divenute
lacrime. In quegli attimi la nostra memoria tentava di fare un 'upgrade' e
collocare nella giusta posizione quei visi ormai adulti, con tutte le loro
vite. Ma non ci era possibile senza Carmine.
Davide ha cantato e suonato, Giorgio non riusciva a parlare, Annarita era pallida, Giuseppe composto, Franco affranto, Massimo assente, Maurizio immobile. Ma eravamo tutti lì davanti alla salma di una parte della nostra adolescenza; a pensare che in questi anni le nostre vite ci hanno diviso e solo la scomparsa di uno di noi, il più forte, ci ha riunito nuovamente.
Davide ha cantato e suonato, Giorgio non riusciva a parlare, Annarita era pallida, Giuseppe composto, Franco affranto, Massimo assente, Maurizio immobile. Ma eravamo tutti lì davanti alla salma di una parte della nostra adolescenza; a pensare che in questi anni le nostre vite ci hanno diviso e solo la scomparsa di uno di noi, il più forte, ci ha riunito nuovamente.
L’ho accompagnato ad Ovindoli, dove è nato. Ero sola in
automobile e lungo il tragitto di ritorno a L’Aquila, superando tutti i centri
abitati dell’altopiano delle Rocche, non facevo che tentare di rimettere in
ordine i miei ricordi liquidi. Ogni curva, ogni prato, ogni fiore, ogni albero
li ho percorsi, corsi, colti e goduti con loro:
i miei compagni di scuola.
Nessun commento:
Posta un commento