venerdì 31 agosto 2012

Cani e porci




L’Aquila, Info-Point dell’Università a Piazza Duomo, pochi giorni fa.
Si avvicina una giovane donna che comincia a chiacchierare con una delle dipendenti dell’ufficio orientamento dell’Università, della quale sembra essere amica.
 Non stavo origliando, sia chiaro. Ho sentito questa giovane donna domandare:
«Come va l’Università, le iscrizioni?»
«Bè per quest’anno è ancora presto, speriamo bene», risponde l’amica.
E lei: «Ma è vero che con la storia dell’esonero tasse si sono iscritti “cani e porci”?»

Ecco, a questo punto non ci ho visto più dalla rabbia e sono intervenuta, con calma, facendo notare alla giovane donna  che tra i “cani e porci” di cui sopra, c’erano anche le due studentesse che durante la Perdonanza, all’Info-Point hanno lavorato per noi.
Solo successivamente ho potuto capire che questa giovane donna è aquilana e studia all’Università. 
A Roma, però.

Le storie dei “cani e porci”, della diminuzione della qualità della didattica e varie altre amenità a proposito dell’Università, le trovo così balorde che non riesco neanche a scriverne.
Comunque vorrei cercare di essere razionale: secondo quella giovane donna e molti altri aquilani, l’Università dell’Aquila sarebbe scaduta qualitativamente a causa dell’esonero tasse per gli studenti, che è stato concesso per tre anni più altri tre, in conseguenza del devastante sisma che nel 2009 è costato la vita a 309 persone ed ha distrutto un territorio intero.

Esonero tasse=diminuzione qualità.
Perché? Sembra chiaro che, secondo questo giudizio, aver dato l’opportunità di iscriversi all’Università senza dover corrispondere le tasse (circa 1000 Euro l’anno), ha attratto a L’Aquila la peggio specie di gioventù.  La prima cosa che mi viene in mente è il “retro - pensiero” che sta alla base di questo giudizio: se sei così povero da non poterti permettere neanche di spendere 1000 Euro per la tua formazione, sei anche (anzi soprattutto) “asino”, poco incline allo studio e, perché no, approfittatore.  
Invece chi ha soldi e, quindi, può permettersi di spendere 1000 Euro l’anno e anche di più, è automaticamente degno di iscriversi e assolutamente non catalizzatore di diminuzioni di qualità nella didattica universitaria.
Per molte famiglie mantenere un figlio all’Università non significa solo spendere quei 1000 Euro l’anno, ma soprattutto  rimandare di almeno tre anni l’eventuale entrata nel mondo del lavoro e, quindi, sobbarcarsi il suo mantenimento per tutta la durata degli studi; trovo che quel retro-pensiero serpeggiante sia quanto di più razzista si possa sentire nei confronti di altre persone. Inoltre mi viene in mente come sia naturale pensare che le famiglie non contino più nulla e, cioè, come sia ormai sentire comune che dove c’è convenienza si approfitti della stessa: insomma se hai un figlio che non vuole studiare, che preferisce un’altra strada, tu come genitore invece di aiutarlo a trovarla gli suggerisci: «Vabbè, è gratis, vai a L’Aquila».

Quindi quel retro-pensiero nasconde un modo di porsi nei confronti del prossimo che in generale viene nascosto secondo la peggiore ipocrisia cattolica italiana. 

Io invece proverei a esonerare dalle tasse per un po’ tutti gli studi universitari, per capire ciò che succede. E cioè per dare l’opportunità a tutti, proprio tutti, di accedere agli studi superiori, non solo per evidenti ragioni culturali, ma anche e soprattutto per questioni di pari opportunità e diritto allo studio.
A iscriversi a L’Aquila, oggi come ieri,  sono tanti ragazzi, bravi e meno bravi, più o meno abbienti, più o meno inclini allo studio, più o meno desiderosi di concludere il percorso in breve termine. Magari a L’Aquila oggi si iscrive che sarebbe andato altrove e trova nell’esonero tasse e nel trasporto gratuito una convenienza tangibile, che fa pesare meno alla famiglia i tre o cinque anni di studio. 

Inoltre, personalmente come docente, non ho affatto abbassato il livello delle mie lezioni, non ho affatto evitato di fare la parte pratica del mio corso (tra l’altro in bellissimi laboratori nuovi di zecca), non ho affatto abbassato la guardia durante gli esami.
Sono stufa di queste generalizzazioni, di questo fango che viene buttato sull’istituzione universitaria proprio dagli aquilani, cioè coloro che dovrebbero difenderla, chè tanta ricchezza, non solo economica, dà alla città e all’intero territorio.

In ultimo spero che chi ha potuto iscriversi all’Università dell’Aquila proprio per la convenienza dovuta all’esonero tasse, possa divenire una persona soddisfatta del proprio lavoro conquistato attraverso la possibilità di accedere alla formazione superiore (magari anche attraverso soggiorni all'estero).

sabato 25 agosto 2012

A che serve?





In questi giorni a L’Aquila c’è la  Perdonanza. Che piaccia o no, che la si condivida o no, che la si voglia diversa o no, c’è, è un fatto. E’ anche palese che in giro c’è più gente, anche e persino turisti, che, naturalmente,  passeggiano in quello che ancora chiamiamo centro città: il centro storico, vuoto.
Quest’anno mi sono decisa ad essere presente in centro come Università, con un punto informativo, proprio a Piazza Duomo. “A che serve?” mi ha chiesto un’amica aquilana.
La risposta a questa domanda così presente sulla bocca degli aquilani, non è semplice. Durante queste prime tre mattinate il punto informativo dell’Università è divenuto, assieme ai pochi locali commerciali aperti, il “Welcome point” per la città.
Domande più frequenti:
«Avete un programma della Perdonanza?» Preciso che lo abbiamo richiesto, ma non ne abbiamo.
«Dove possiamo andare a mangiare? Avete un elenco di ristoranti e trattorie con mappa per raggiungerli?»
«Ma il concerto di Grignani quando è previsto? Avete un elenco di alberghi e/o Bed and Breakfast, per poter pernottare dopo il concerto?»
«Queste informazioni sull’Abruzzo ce le avete in Italiano?» Preciso che ci hanno portato delle riviste sull’Abruzzo solo in francese e in tedesco.
Vorrei commentare anche “acidamente”, ma non ne ho voglia: a che serve?
Serve che non ci chiediamo più “A che serve””, serve che si prenda l’iniziativa di fare qualcosa, senza criticare e chiedere “a che serve?”..
Perché ora alla mia amica che mi ha chiesto a proposito dell’Info Point Universitario «A che serve?», posso rispondere: 
«Serve, serve!!!».

sabato 18 agosto 2012

Di terremoto in terremoto (2)





Sono in Umbria, in un agriturismo. Nel primo pomeriggio mi sono recata a Nocera Umbra dove c’era l’indicazione per un centro commerciale, dovevo fare spesa. Avevo letto di questa cittadina che dopo il terremoto era stata “svuotata” e, una volta ristrutturata, era rimasta senza abitanti. Così sono andata a vedere. E ancora non riesco a riprendermi.

Non ho scattato neanche una foto, tanto negativo è stato l’impatto. Il piccolo borgo è stato quasi interamente ricostruito: c’è ancora qualche gru e qualche impalcatura. In centro non ci sono negozi, ho visto un piccolo ristorante e una piccola rivendita di souvenir. Le case sono vuote, tranne poche e le riconosci dai fiori sui balconi. Le strade non sono state ancora completate e molte sono semplicemente in cemento. Non si sentono rumori, voci, nulla. Una sensazione che non riesco a spiegare. Perché una città vuota con ancora macerie ovunque è quasi logico, pur se doloroso, che sia vuota. Ma un borgo quasi perfettamente ricostruito non può essere disabitato.
Lo svuotamento di quel borgo ha comportato che i suoi abitanti,a distanza di tanti anni, si sono trasferiti altrove.

A L’Aquila non deve accadere; e chiunque abbia a cuore il destino della città deve far rientrare al più presto i cittadini, dando loro un crono- programma esatto della ricostruzione.

Dimenticavo: il centro commerciale l’ho trovato, ma ci ho messo un po’. Immaginavo fosse un “normale” centro commerciale; invece, incredula, mi sono trovata di fronte ad una mezza specie di MUSP, chiuso.
E la spesa l’ho fatta a Gualdo Tadino.

L’unica foto che sono riuscita a fare è questa: una vecchia carriola usata come braciere.



venerdì 17 agosto 2012

The Ocean



Questo è il suono dell’Oceano Pacifico alle Hawaii



Giungono al termine le mie vacanze e, in una sola parola, posso dire che sono state uniche. Non solo perché sono andata lontano, non solo perché le ho trascorse assieme alla famiglia di mio fratello che più o meno da 4 anni non contattavo veramente (vive negli States), e non solo perché ho rivisto la mia amica del cuore dopo 10 anni (vive a Philadelphia), ma soprattutto perché ho visto talmente tante cose nuove che ne sono ancora piacevolmente confusa.
Ho tenuto stretti contatti con la mia città tramite un social network e confermo che “più sei lontano più ti appare tutto paradossale”: come se la lontananza ti facesse percepire di più l’immobilismo, l’incompetenza, la farraginosità, insomma tutte quelle cose che ci affogano, ci schiaffeggiano quasi; mentre una città, i suoi borghi infestati di erbacce, piene di macerie, i ruderi, giacciono in attesa di non so cosa. Stride da lontano, perché ancora lo racconti, incredula, a chi non abita a L’Aquila, in Abruzzo, ma ne ha sentito parlare e pensa sia tutto risolto: una “cosa” lontana che nell’immaginario collettivo è risolta. E non sai spiegare perché, invece, non è vero.

Poi però nella mia vacanza ci sono stati i tropici, la natura prorompente, i profumi, l’oceano, i tramonti e le stelle.

E quindi eccomi qui, ricaricata, pronta per un altro lungo inverno a Cese di Preturo.