Trentotto secondi: il mio camper

In questa nuova città, insieme a questa nuova gente, ho iniziato la mia nuova vita: sono una camperista.
Anche il mo camper è storto. Me ne accorgo al momento della doccia: l’acqua non va giù nello scarico, rimane in un angolo. Ho provato a metterlo dritto, mi sono munita di livella e mattoni vari. Comunque io lo sistemi, è sempre storto. Mi sono fatta aiutare, rimane inclinato. Insomma è inutile che ci provi, la mia realtà è tutta un po’ distorta.
Ho imparato un mare di cose. Ho scoperto l’acqua calda, i piedini stabilizzanti, la spesa giorno per giorno. Gli occhi di mio figlio. La voce dell’altro al telefono. Il freddo e il caldo. Il silenzio. Parlare con un’estranea.
Il pensare in continuazione a cosa sto vivendo, me lo fa divenire famigliare e la visione di me al passato scompare. Riappare solo quando gli amici mi scrivono e ricordano la mia bella casa, le mie cene, le mie piante, tutti i miei libri. Un tuffo nel passato, come quando una foto mi catapulta verso la tenerezza di mio padre o la timidezza di mia madre. Così a volte mi rivedo nel mio letto, circondata dalle mie cose: i libri, la settimana enigmistica, i miei pensieri. Mi rendo conto che non posso averli anche qui, le mie cose in un camper non ci stanno, ma i miei pensieri sì. [.........]

Tutti gli equilibri che ci stiamo costruendo sono dinamici. Nel mio piccolo camper possono entrare idee, persone, posso scambiare e cambiare. Ricreo via via una situazione sempre più ricca, nella quale i posti occupati si possono liberare e quelli liberi si possono scoprire. [.......]