mercoledì 29 settembre 2010

Sindaco e Assessori

Egregi signor Sindaco e Assessori,
il 17 settembre vi è stata recapitata una lettera, da parte dei cittadini dell’Assemblea di Piazza Duomo, nella quale vi si chiedeva  di mettere a disposizione della città, in attesa che sia ripristinata la nostra casa, il Municipio, spazi adeguati pur se provvisori, possibilmente a Piazza Palazzo o Piazza Duomo, con opportune verifiche di sicurezza dei percorsi.
Vi abbiamo chiesto di  poter disporre di uno spazio (regolamentato), che sia una tensostruttura o un prefabbricato, ove riunirci per lo svolgimento di assemblee, consigli comunali e ogni consesso nel quale si discutano atti  pubblici.
Ad oggi non abbiamo ricevuto risposte di alcun tipo.

E’ mia personale intenzione pretendere di avere risposta alla richiesta. Ci occorre un luogo, ora più che mai, che si dimostri utile come lo è stato il tendone che abbiamo utilizzato fino a un mese fa. Per le assemblee, per le iniziative culturali, per  conferenze, dibattiti. Un luogo che in altri comuni o frazioni esiste, ma qui a L’Aquila no.
Tenterò di avere una risposta, immediata, certa. Qualora non ricevessi risposta o la stessa fosse negativa o fumosa o i tempi risultassero troppi lunghi, mi adopererò assieme ai miei concittadini per far partire una sottoscrizione in tutta Italia per l’acquisto di un tendone. 

Sono trascorsi quasi 18  mesi dal tragico 6 aprile 2009 e i cittadini aquilani non hanno il luogo deputato ad accogliere tutti. Questo luogo in una società democratica è il Municipio.

martedì 28 settembre 2010

Facoltà, morale ed etica





Non sono esperta in definizioni, ma quando sento le parole etica e morale so che cosa significano. Poi le si sentono da politici  e tutto appare con nuove vesti.
Oggi al Consiglio Regionale, dopo un discorso interminabile di Chiodi, ho sentito mescolare questi concetti con la parola facoltà, tipo la facoltà di non rispondere. Bene esiste la facoltà, propria dei partiti, di mantenere posizioni dei propri iscritti pur se agli arresti domiciliari. Non mi ero distratta, diceva proprio così. In sintesi ovviamente.
Il Consiglio Regionale Straordinario aveva come argomento la ricostruzione post-sisma e così si è parlato di morale/facoltà e poi anche di Abruzzo Engineering (sob!!!). Di quest’ultima si apprende che nacque come un contenitore atto a sistemare lavoratori socialmente utili e per scopi puramente “politici” (la solita storia). Così ora mi appare più scandaloso che, a seguito di una, non meglio precisata, campagna di valutazione della pericolosità sismica commissionata nel 2004 alla “Collabora Engineering” (poi divenuta Abruzzo Engineering), le cui risultanze sarebbero state spedite ai proprietari degli immobili, la Regione Abruzzo attiva due programmi: uno finanziato nel 2005, l’altro nel 2007 per la cifra complessiva di 8.956.430 Euro per la verifica di un totale di 389 edifici e 38 infrastrutture strategiche (ponti).  I risultati delle verifiche sismiche sembra non siamo mai arrivate agli Enti attuatori.
Quindi i due programmi saranno serviti a stipendiare i lavoratori dell’azienda che, intanto, crescevano. Ma ancora più scandaloso è che, dopo aver speso circa 9 milioni di Euro per verifiche la Regione, tramite lo Stato, riceve solo 723.818 Euro  per l’adeguamento sismico di edifici scolastici che, mi piacerebbe sapere scelti tra quelli individuati dallo studio costato 9 milioni, ma che, ad oggi, risultano, dopo una revisione di D.G.R.  pre-sisma  ad Avezzano e Civitella del Tronto. Che Dio ce la mandi buona!
Il Consiglio prosegue con l’argomento del giorno: la ricostruzione. Si susseguono interventi dei consiglieri dai quali si apprendono critiche, posizioni partitiche, politiche …. ma dell’Aquila si continua a non sapere nulla.
Poche domande rivolte a Chiodi dal Consigliere Di Pangrazio trovano risposte bizzarre: la struttura tecnica di Missione è costituita da 9 persone (“anzi forse 10”, aggiunge Chiodi, “ma non è mica questo il problema”), le macerie non sono un problema è praticamente tutto risolvibile, i soldi ci sono ma i comuni non li spendono, i quattro esperti sono a disposizione basta chiamarli, la restituzione delle tasse è sospesa fino a gennaio, i mutui … vedremo, gli edifici pubblici stanno per essere ricostruiti, la Curia è proprietaria di tutta L’Aquila quindi collabora alla ricostruzione, il resto è colpa del Sindaco.

Alè, è fatta. Ma perché allora ci arrabbiamo?





lunedì 27 settembre 2010

Universitas

 

 

Che l’Università dell’Aquila abbia riaperto i battenti dopo solo 6 mesi dal sisma, nonostante i lutti tremendi e i danni alle strutture, deve essere sembrato scontato ai più. Ma non lo era. Né per oggettivi problemi né tanto meno per unanimità nelle decisioni.
Ce la si è fatta. A distanza di un altro anno, nel quale ci si accinge ad aprire un nuovo anno accademico, ancora grazie: innanzitutto agli studenti, e poi a tutto il personale dell’Università. Per il gran lavoro svolto da persone che, come tutti gli aquilani, erano e sono sfollate, hanno avuto lutti e perdite.
E dopo le cerimonie, andiamo al dunque. Il nocciolo della questione università non è solo uno, se ne susseguono vari. Studenti finti, lauree regalate, speculazioni a iosa. L’ultimo riguarda il protocollo d’intesa tra ENI, MIUR e Università che potete trovare qui. Non c’è nulla di misterioso.
Il primo punto dell’accordo riguarda l’accoglienza di ricercatori  e dottorandi presso le strutture ENI attraverso borse di studio e contratti a progetto. Questa prima fase è in stato di avanzamento e i bandi relativi sono stati espletati già lo scorso anno e si stanno completando per il secondo anno.
Il secondo punto riguarda la realizzazione di un Centro Ricerche Universitario per il quale l’Università ha chiesto l’approvazione della Variante al P.R.G. di alcuni terreni ad uso agricolo di sua proprietà (da ZONA AGRICOLA a ZONA PER ATTREZZATURE GENERALI UNIVERSITARIE). A tal proposito, mi preme sottolineare che l’ENI ha un cronoprogramma secondo il quale questo secondo intervento deve essere completato entro il 2011 e non credo ci saranno proroghe a meno di concause. Il nuovo Centro di ricerca, che verrà realizzato da Eni per l'Università dell'Aquila e sarà focalizzato principalmente su energia e ambiente, sarà dotato di una casa alloggio per ricercatori e studenti dalla capacità di 100 posti. La struttura, che sorgerà su un'area di circa 7.500 metri quadrati, ospiterà 50 laboratori, oltre ad aree tecniche, aule e uffici, e sarà realizzato utilizzando tecnologie sostenibili e fonti energetiche rinnovabili. Il Centro sarà ceduto all'Università dell'Aquila prevedendo contestualmente che i risultati brevettabili (in campo energetico, ambientale e dei nuovi materiali) prodotti dal Centro stesso, siano ceduti a Eni (E QUESTO E’ IL VERO INTERESSE DELL’ENI: che ci si creda o no l’Università produce conoscenze applicabili in campo industriale, testimoni ne siano gli spin-off)
Il terzo intervento riguarda lo studio di fattibilità di una centrale a teleriscaldamento di 120 megawatt termici (di cui 10 derivanti da biomasse e il resto da gas naturale). Lo studio, affidato a ricercatori universitari ha dato esito negativo. Le ragioni sono da ricondurre, principalmente, alla limitata volumetria servibile, all’elevato costo per la produzione e l’approvvigionamento del cippato secco, alla dispersione della domanda, all’assenza di una domanda di raffrescamento estivo nell’area, alla notevole intensità di investimento iniziale e alle caratteristiche del territorio e dell’utenza.
Al dunque, quindi, il nocciolo è la realizzazione del centro di ricerche anche se, incredibilmente, qualcuno pensava che l’Università volesse costruire sui propri terreni la centrale di teleriscaldamento!!!!!!!!!!!
“Si consuma territorio!!” “Bisogna ristrutturare ciò che c’è!”. Nulla di più giusto e, chi mi conosce, sa come sono costernata dall’abuso che si è fatto e si continua a fare del territorio.
Ma mi chiedo: quale struttura esistente può accogliere 50 moderni laboratori di ricerca e foresteria annessa? Chi ce l’ha proposta? Chi ce l’ha donata? Come si pensa eventualmente di realizzarla nei tempi prefissati? Con quali costi? Con quale fruibilità? Con quali caratteristiche tecniche compatibili con le ricerche che vi verranno svolte? Con quali connessioni con le strutture didattiche e di ricerca esistenti? Insomma dove mai collocare a L’Aquila, rapidamente, un centro ricerche mai esistito? Un Centro Ricerche: moderno, funzionale, volano della conoscenza, della formazione di nuove professionalità, attrattore di fondi, fiore all’occhiello di una Università risorta ma mai apprezzata nelle sue innumerevoli attività. Al limite, che il Comune ci indichi un suo terreno già edificabile per costruirlo!
Poi c’è anche chi pensa che sia inutile un centro di ricerche. In una città che spesso si definisce come città della cultura e della conoscenza. Senza saper quali investimenti (per esempio in termini di progetti europei) potrebbe attrarre. Quanti ricercatori da ogni dove. Quanta conoscenza e applicazioni relative se ne potrebbero trarre. 

Non oso neanche immaginare cosa sarebbe successo se lo studio di fattibilità per la centrale di teleriscaldamento, effettuato dall'Università, fosse risultato positivo!!

domenica 26 settembre 2010

MACERIE






Chissà in quanti in Italia e all’estero pensano a L’Aquila!! Be’, quei pochi che ci seguono, pur cercando informazioni, avranno in mente che la ricostruzione è ferma, ma che, forse, qualcosa si sta facendo. Ed è lecito pensarlo.
Così come è lecito che si pensi: “dopo la protesta delle carriole almeno le macerie le avranno tolte!”.
Bene sono qui per dirvi che le macerie sono ancora il problema dei problemi. Ne hanno portate via un po’, quelle che avevano, nello scorso febbraio, invaso le pagine dei giornali. Il resto è tutto qui.
Hanno demolito molte costruzioni, specie nei paesi limitrofi (io personalmente ho visto Poggio di Roio e Roio Piano): ma le macerie sono tutte lì, ancora lì. Ammucchiate. Indivise. Sotto gli occhi di chi ancora abita quei luoghi e vi scava viottoli tra il pietrame.
Non abbiamo siti dove conferirle, né un progetto degno di essere chiamato tale per la loro differenziazione, per il recupero, per il riciclo.

Sinceramente sono stufa di dare solo notizie orribili. Vi giuro che appena ce ne saranno di buone su questo blog ci sarà anche la musica.

Guardate queste foto: la prima  è stata scattata sulla via che porta a Pianola; la casa crollata è rimasta così, come la vedete, dal 6 aprile 2009. La seconda l’ho scattata a Roio Piano, oggi. La casa che vedete è stata demolita e le macerie ammucchiate, tutte assieme. 



 Dove andranno a finire queste macerie? Sarà possibile differenziarle? Recuperarle? La ricostruzione dove è? Le possibilità di lavoro?
Un saluto a tutti da questa L'Aquila che non vuole morire.

venerdì 24 settembre 2010

Storie aquilane

Vi racconto la storia di una mia carissima amica, nonché collaboratrice; nome di fantasia: Lea.
Lea lavora a L’Aquila, con regolare contratto a tempo indeterminato presso l’Università degli Studi dell’Aquila: dopo anni di precariato all’interno dell’Ateneo ( con titoli da vendere)  ha vinto un regolare concorso.
Il 6 aprile 2009 risultava stabilmente dimorante a L’Aquila, Pettino per la precisione. A L’Aquila, in realtà, lei abita da più di 10 anni. La sua casa di Pettino, in affitto, ha riportato danni strutturali ed è stata classificata “E” (è da abbattere).  Per pura casualità al 6 aprile ancora non risultava residente a L’Aquila: aveva appena iniziato la trafila burocratica per il trasferimento di residenza da Lanciano a L’Aquila, perché finalmente lavoratrice a tempo indeterminato. Proprio perché residente ancora a Lanciano,  ha continuato a pagare le tasse: il suo stipendio, cioè, è sempre stato netto.  
Dopo un primo periodo di pendolarismo massacrante da Lanciano, dove era tornata a casa dei suoi genitori, Lea decide di cercarsi una casa in affitto a L’Aquila e la trova. A Marruci. Nel frattempo, chiede di poter avere il contributo di autonoma sistemazione che, dopo un lunghissimo carteggio (per dimostrare la stabile dimora ha dovuto presentare anche le cartoline che riceveva a Pettino dai suoi amici) le viene concesso. Ma solo fino all’11 gennaio 2010, perché da quella data risulta residente nel comune di Pizzoli. Cioè, in soldoni, la sua pratica di trasferimento di residenza è andata a buon fine e, logicamente, Lea si è spostata nel Comune di Pizzoli.
Rea di aver cambiato residenza, ha perduto il contributo di autonoma sistemazione che il Comune dell’Aquila non le può dare perché residente a Pizzoli, e il Comune di attuale residenza non può corrisponderle perché al 6 aprile 2009 non risiedeva lì. Paradossalmente se avesse mantenuto la residenza a Lanciano avrebbe avuto diritto al C.A.S. o all’affitto tramite Protezione Civile, insomma a tutto.
Così Lea, che dopo anni, finalmente, ha ottenuto un lavoro stabile e, quindi, ha potuto cambiare residenza trasferendosi definitivamente nel territorio aquilano dove lavora, ha perduto ogni diritto.
Da notare che non si è trasferita da L’Aquila a Pizzoli, ma da Lanciano a Pizzoli. E, inoltre, Pizzoli è nel cratere.
Ditemi se è giusto.

mercoledì 22 settembre 2010

Consiglio Regionale




Davanti alla sede del Consiglio Regionale, oggi pomeriggio, la Digos aquilana mi spiegava che sarebbe stato garantito l’accesso a non più di 30 persone per assistere alla seduta. La giustificazione apportata a tale restrizione riguardava questioni di sicurezza: data la capienza della sala, infatti, si riteneva opportuno garantire la nostra incolumità impedendo l’accesso a un numero di persone superiore.
1. Non mi risulta che ieri le circa 200 persone entrate in sala abbiano corso alcun pericolo
2. Ammesso e non concesso che la polizia locale fosse veramente con noi per garantire la nostra incolumità, stride il fatto che le dichiarazioni suddette siano state fatte mentre tutti noi, sbigottiti, guardavamo lo spiegamento di forze della polizia arrivate già stamane e allestito intorno alle ore 14.00.
Ben 75 poliziotti in assetto anti-sommossa, con tanto di scudi e caschi (qualcuno con giubbotto anti-proiettile) ci hanno accolto in fila, dall’entrata dell’emiciclo fin sulla strada che porta alla Basilica di Collemaggio.
Voci sulla presenza di facinorosi, non aquilani, serpeggiavano già da ieri sera, mentre i cittadini aquilani, impossessatisi della sala del Consiglio Regionale, davano luogo ad una vera e propria assemblea democratica, senza incidenti ma solo parole, proposte, domande.

Non mi piace questa Italia. Non mi piace che sempre ci sia la polizia, pronta ad intervenire anche pesantemente e magari a catalizzare disordini. Non mi piace che ci siano sempre poliziotti in borghese che riprendono ogni nostro respiro e che, contemporaneamente si “impedisca” ad un libero cittadino di fare riprese che riguardino loro.

Non mi piace. E non c’entra nulla col fatto che sono terremotata. E’ questione di diritti. E poi ci conoscono tutti, ormai, uno per uno.
Chi dà questi ordini?  Su quale capitolo di spesa vengono pagati questi assurdi interventi?

Anche quando il Consiglio Regionale è stato sciolto i poliziotti sono rimasti lì, imperterriti, a proteggere un palazzo vuoto, da una cinquantina di cittadini stanchi, delusi e mortificati.
Mentre chi è indagato, pluri-indagato, sotto inchiesta … viene nominato Commissario o siede nell’aula del Consiglio urlando una “excusatio non petita” e gli altri disertano la seduta dove si sarebbe dovuto parlare, a distanza di quasi 18 mesi, della ricostruzione.

Dobbiamo aggrapparci alle attività delle procure, sperando che non si fermino.


lunedì 20 settembre 2010

Quattro chiacchiere tra i rifiuti





Mi vengono sempre i nervi quando leggo qui e là della costruzione di termovalorizzatori, centrali a biomasse eccetera. Come se, da un po’ di anni a questa parte, ci si provi ogni tanto! Senza una pianificazione energetica, senza capire che, nonostante la questione  sia importante, occorrono azioni concomitanti alla nascita di centrali di qualsiasi genere.
In primis, occorre che siano applicate politiche vere di risparmio energetico; a L’Aquila può  nascere realmente una città a basso impatto ambientale. Per esempio tramite una ricostruzione, anche nelle periferie, di palazzi e case coibentati, con impianti fotovoltaici, di scuole ed edifici pubblici autonomi energeticamente. Con l’uso di illuminazione pubblica a basso consumo  ( vedere qui  ).
Poi sicuramente occorre attrezzarsi per far in modo che le attività produttive possano attingere a fonti energetiche che diano potenze compatibili e che siano efficienti, 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno.
Occorre precisare che in una visione globale del problema molta energia viene spesa per “cose” inutili, in un vortice nel quale è difficile trovare il bandolo della matassa.
Così, per esempio, si preferisce produrre bottiglie di plastica il cui riciclo non è efficientissimo, per prodotti che non avrebbero bisogno di plastica come imballaggio (la grande distribuzione ne fa un uso spropositato);  poi la si brucia perché è efficiente come carburante. Risparmiare energia vuol dire non produrla quella plastica!!!
A L’Aquila non si capisce perché non possiamo adottare metodi semplici per risparmiare, obbligando la grande distribuzione a vendere prodotti alla spina, ed è solo un esempio.
Tutto questo si ripercuoterebbe in maniera diretta sulla diminuzione di rifiuti urbani e, quindi, sulla inutilità di avere termovalorizzatori di grandi dimensioni  che, per funzionare, hanno bisogno di bruciare qualcosa, qualsiasi cosa. Gli scarti forestali  potrebbero alimentare solo centrali piccole e, magari, utili a qualche azienda e con impatto ambientale sicuramente più basso rispetto a centrali che, infine, bruciando qualsiasi cosa, non farebbero altro che alimentare il vortice di consumismo che ci attanaglia.
Nessuno qui pensa alla connessione tra rifiuti e risparmio, e non solo energetico! A L’Aquila non abbiamo discariche e il costo di smaltimento rifiuti è altissimo. Allora perché non spingere sulla diminuzione degli imballaggi e sulla raccolta differenziata? Perché non dotarci di un impianto per la fermentazione anaerobica dei rifiuti organici per produrre biogas?
Oltre ai vegetali coltivati, anche i rifiuti vegetali e liquami di origine animale possono essere sottoposti a  fermentazione anaerobica. La “biomassa” viene chiusa in un fermentatore nel quale si sviluppano microorganismi che producono gas metano. Dopo trattamento depurativo, questo può essere usato come carburante, combustibile per il riscaldamento e per la produzione di energia elettrica.
Il sottoprodotto della digestione anaerobica, in relazione alla qualità del materiale sottoposto a digestione, può rappresentare un fertilizzante eccellente e ricco di nutrienti.
In questo modo viene, inoltre, evitata la diffusione nell’atmosfera del metano emesso naturalmente durante la decomposizione di carcasse e vegetali.
Ok, è solo un’idea. Ma oltre a dire sempre no, bisogna anche mettere in campo delle alternative. Non so assolutamente quanta energia si potrebbe produrre con la fermentazione degli scarti alimentari (parte organica dei rifiuti), scarti forestali, liquami di allevamenti.
Qualcuno può metterci un po’ di impegno a calcolarlo? Considerando che potrebbe partecipare tutto il territorio aquilano, circa 80000 persone. Ciascuna delle quali produce 1,5 kg di rifiuti al giorno di cui la parte “umida” costituisce circa il 30% ( e che questo può anche divenire compost).
Ho trovato il video che vi linko nel quale si spiega cosa è la fermentazione anaerobica per produzione di biogas. Nel fermentatore della animazione, si usa anche mais e, essendo convita che le coltivazioni di “roba da mangiare” devono essere usate per sfamare le persone e che , biologicamente parlando, coltivazione intensive di un solo prodotto sono la negazione della variabilità genetica, sono in completo disaccordo sulla coltivazione di piante per produrre  energia, ma il video rende l’idea. 


venerdì 17 settembre 2010

Città universitaria


Una città universitaria è una città nella quale insiste una università. Quindi L’Aquila, come molte altre città, è universitaria.
Poi col tempo e con tanta fatica si cerca di far comprendere che una città universitaria in quanto tale è una città che si ritrova come cittadini alcune migliaia di studenti. E se la città non è una metropoli, questi studenti sono una  parte cospicua dei giovani della città. Che abitano in città? No che vivono in città!!
In tutte le città universitarie le politiche di accoglienza di questi ragazzi sono insufficienti, a volte raffazzonate e il dialogo con i municipi difficile, spesso impossibile.
In Italia l’Università provvede alle strutture didattiche e di ricerca e a tutti i servizi inerenti queste attività. Le aziende regionali per il diritto allo studio sono competenti in termini di borse di studio, alloggi pubblici, sale studio e altri servizi per gli studenti.
Le città universitarie vivono queste tematiche troppo spesso passivamente, raramente si rendono protagoniste del processo che dovrebbe portare gli studenti ad essere veri e propri cittadini nella città che li ospita. Esempio: sapete come è l’assistenza sanitaria per questi giovani? Be’, in una sola parola ASSENTE:
A L’Aquila, appena prima del sisma, si era riusciti a dialogare tutti assieme: Comune, Azienda per il Diritto allo studio, Università, Studenti. A mettere sul tavolo le esigenze dei ragazzi, non tutte, ma le più impellenti.
Bisogna continuare su questa strada. Dialogare, affrontare i problemi, arrivare a mettere in atto strategie vincenti.
Tutto ciò se la si vuole questa Università nella città.
Purtroppo negli ultimi tempi ascolto voci che prima mi arrivavano indirettamente come dei “dice che” e che additano l’Ateneo come un mostro: egoista e principe del malaffare. Da sempre, senza riferimenti temporali a persone dei vertici.
Sono abituata a non attaccare di petto queste posizioni, ma, anzi, a far tesoro di ciò che mi viene detto, anche a brutto muso. Così penso che il mancato dialogo tra Ateneo e cittadini sia imputabile anche a me.
Se non si conoscono le attività di ricerca che l’Ateneo svolge, quali sono gli uffici amministrativi, le competenze e le innovazioni acquisite, le esigenze degli studenti, l’internazionalità dell’Ateneo non posso che fare il “mea culpa”.
Ho intenzione di cercare un luogo ove cominciare a raccontare di noi. Spero che molti colleghi possano aderire all’iniziativa.
Sono esterrefatta di come l’Ateneo venga ancora percepito come estraneo alla città. Uno straniero che dopo tanti anni ancora non “merita” la cittadinanza.

L’integrazione è fatta di dialogo.






martedì 14 settembre 2010

DOMANI

Domani è il 15 settembre 2010. Mio padre avrebbe compiuto 88 anni. Ma se ne è andato 24 anni fa. E non c'è un settembre che io non pensi a telefonargli, per gli auguri. Non c'è evento della mia vita, discussione giornaliera, scelta, che io mentalmente non gli comunichi. Il mio papà è stata la persona più importante della mia vita. Papà era positivo, ironico, grande lavoratore. Non ha fatto sacrifici per noi, perchè offrire a 5 figli la possibilità di crescere ed affermarsi, non lo considerava sacrificio. Amava alcune cerimonie: la cena della sera, il pranzo della domenica. E mi diceva sempre che quando si è sinceri e onesti ... il resto viene da sè. Penso spesso a come sarebbe stata la mia vita con lui. Mi sarei sentita più sicura. Dopo il terremoto mi avrebbe accolta ad Avezzano, ma sono altrettanto sicura che mi avrebbe aiutato a rimanere qui. Nonostante tutto.
Un lutto così grande mi ha segnato per la vita intera.
Così come il lutto per la perdita della mia amata città.
Domani 15 settembre 2010, alcuni cittadini si ritrovano in centro, ancora, per elaborare il lutto.
Io porterò una sedia e il mio papà. Sarò sincera e onesta.

Un pomeriggio a L'Aquila

A L’Aquila si vive così.

Vi descrivo il pomeriggio di oggi, 14 settembre 2010.
Al momento abito a Cese di Preturo, parte ovest della città. Alle ore 17.15 esco di casa con mio figlio per accompagnarlo a Monticchio (parte est).
Il viaggio di andata è  abbastanza agevole. Percorro la Mausonia (una specie di tangenziale della città) e, a parte qualche incrocio, non ho  problemi a raggiungere Monticchio.
“Per il ritorno” mi dico “passo per la Statale, così rivedo Bazzano e vado alla scoperta dei negozi che hanno riaperto in questa parte del territorio aquilano”.
L’imbocco della S.S. 17 è già un problema. Quando arrivo al momento della svolta, mi rendo conto che, nella direzione che devo prendere, c’è una fila interminabile di automobili, tutte ferme. Un tappo. Momenti di panico. Decido di fare inversione. Purtroppo non sono la sola a prendere questa decisione, quindi per più di 5 minuti rimango lì, sospesa tra due direzioni.
Finalmente posso tornare indietro. Torno a Monticchio e mi avvio per la Mausonia, senza problemi. Arrivata all’incrocio con la strada che porta a Roio, mi accodo ad una fila lunghissima di macchine. E’ tutto fermo.
Comincia a bruciarmi lo stomaco perché la mia mente non può che andare a come eravamo prima. A come  i pochi ingorghi, mai risolti da una pianificazione accurata, riempivano le pagine dei quotidiani on-line. Ed io mi chiedevo come mai gli aquilani volevano arrivare in centro con l’automobile, proprio sotto quell’esercizio commerciale là. Ed evitavano parcheggi leggermente lontani e persino il Terminal con il Tapis Roulant. Chiacchiere di provincia, di ogni provincia.        
Sempre più triste, dopo 10 minuti, riesco a superare l’incrocio.
Decido di non proseguire per la Mausonia, ma di passare per la Stazione Ferroviaria, per fermarmi, almeno, a salutare la chiesa di San Vito e le 99 Cannelle.
Purtroppo il passaggio al livello è chiuso. Il treno non passa mai, sul serio, mai.
Si crea la solita fila di macchine. Aspettiamo tutti assieme, buoni 10 minuti: ecco il treno. I soliti due vagoni. Le sbarre si aprono dopo altri interminabili 5 minuti.
Decido di non fermarmi e proseguo verso C.A.S.A..
Al quartiere Santa Barbara, davanti al comando provinciale della Guardia di Finanza, ancora una fila interminabile. Proseguo imperterrita. Arrivata all’incrocio con via Corrado IV, mi rendo conto che c’è un tappo. Così vado verso  sinistra. Faccio di nuovo il giro, ma stavolta mi inoltro verso Pettino.
All’altezza del Palazzo della Regione svolto a sinistra, decisa a passare all’interno del distributore di gas GPL e Metano (chi è aquilano può capire): un po’ perché devo recarmi al supermercato di fronte, un po’ perché devo restituire il riduttore per il rifornimento di GPL che ieri l’operatore mi aveva erroneamente lasciato.
Entro nello spiazzo e anche lì c’è il delirio. Non avevo calcolato che la notizia di sciopero dei distributori avrebbe potuto giocarmi l’ennesimo scherzo. Annaspo, faccio milioni di manovre, raggiungo l’operatore. Gli restituisco il riduttore ma ho gli occhi lucidi. “Signora lo sciopero è revocato, tranquilla”.
Meno male, penso, domani gli aquilani potranno girare in macchina senza problemi di rifornimento, almeno quelli!
Quindi mi fermo al supermercato e cerco normalità almeno nel fare la spesa. Ho comprato tutte cose inutili, sì inutili.
Torno a casa e accendo il computer. Mi scopro calma.
E’ questo il mio passeggio. Ancora. Dopo 17 mesi.

lunedì 13 settembre 2010

RACCONTAMI DI TE

Raccontami di te.
Del silenzio e delle pietre.
Dimmi cosa è il vento freddo e lo scirocco.
Parlami della vita che ricordi
Svelami lo sgomento e l’euforia
Descrivimi  l’oscurità

Arriva l’inverno e le erbe sfioriranno
Hai paura del freddo? Hai paura di me?
Raccontami di te
Se vedi i miei sogni o se li temi
Se vuoi che scavalchi le transenne
Mia adorata città

domenica 12 settembre 2010

La città in briciole che ha paura di perdere l'identità

E sì, stiamo rischiando di perdere. Non solo la città, non solo la nostra identità, ma anche la possibilità di incidere sul nostro futuro.
La partecipazione è un processo denso di difficoltà. Le assemblee di cittadini, specie se terremotati, sono un coacervo di sofferenze, idee e anche narcisismo.
Non è un luogo fisico che ricrea la città, ma richiederlo ci può far sentire che piccoli obiettivi possono essere raggiunti.
Ho scritto una lettera al mio Sindaco che copio qui. Se qualche cittadino del cratere sismico (o anche solo e semplicemente desideroso di aiutarci) vuole sottoscriverla, lasci pure un commento con nome e cognome, verrà aggiunto alla lista delle firme. La lettera è anche sul mio profilo Facebook.
Non so se ce la faremo, ma in tanti vogliamo ancora provarci. Grazie a tutti.


Egregio Signor Sindaco,
sono trascorsi 17 mesi dal tragico 6 aprile 2009 e i cittadini non hanno il luogo deputato ad accogliere tutti. Questo luogo in una società democratica è il Municipio.
Con la presente, quindi, le chiediamo a che punto sono i lavori per il ripristino del Comune, la casa dei cittadini.

Le chiediamo, inoltre, di mettere a disposizione, nel frattempo, spazi adeguati pur se provvisori, possibilmente a Piazza Palazzo o Piazza Duomo, con opportune verifiche di sicurezza dei percorsi.
Chiediamo di poter disporre di uno spazio, che sia una tensostruttura o un prefabbricato, ove riunirci per lo svolgimento di assemblee, consigli comunali e ogni consesso nel quale si discutano atti  pubblici. Un luogo provvisto di riscaldamento, cablato, con webcam e collegamenti streaming.
Riteniamo questo atto non solo dovuto, ma anche auspicabile e ci auguriamo che con questa richiesta, quello che doveva essere il primo passo per una gestione democratica del post-sisma e non solo, venga accolto immediatamente da chi è stato democraticamente eletto a rappresentaci.


Confidando in sua sollecita risposta le inviamo 
Distinti saluti

Giusi Pitari  ........... e tanti altri

mercoledì 8 settembre 2010

FRIULI 2



Giorni fa ho conosciuto l’architetto Luciano Di Sopra. Un uomo di 74 anni che fece i piani di ricostruzione in Friuli dopo i terribili terremoti del 1976. Un uomo di poche parole che mi hanno riportato con i piedi per terra.
Con lui ho girato per il centro storico dell’Aquila e, paradossalmente, lui mi ha subito detto:
“Ma non è messa così male! In Friuli era tutto raso al suolo e per fare i paini di ricostruzione, tolte tutte le macerie, abbiamo dovuto ritrovare i perimetri delle case, dei palazzi, delle chiese. Qui avete tutte le facciate che stanno su, è più facile, anche se il vostro centro è molto più esteso!”
Poi mi ha detto che la ricostruzione in Friuli iniziò dopo tre anni e mezzo dal sisma ed io ho pensato:
“Bè, insomma, allora non va così male!”
E gli ho chiesto: “Nel frattempo cosa si faceva?”.
E alla sua risposta volevo scomparire.
Dunque a un anno e mezzo dal sisma, in Friuli, avevano la legge regionale, il mezzo attraverso il quale gli enti locali potevano operare. Era stata effettuata una stima scrupolosa del danno e, quindi, la legge poteva essere finanziata precisamente dallo Stato nel tempo. Era quasi terminato lo sgombero delle macerie che furono fonte di guadagno, opportunamente selezionate, riusate, riciclate. Era stato effettuato un censimento della popolazione che metteva in evidenza le necessità.
Erano state riavviate le attività produttive e, quelle utili alla ricostruzione, messe in condizioni di espandersi e dare lavoro. C’erano vari gruppi di progettisti al lavoro per elaborare piani di ricostruzione. I centri da ricostruire erano stati sezionati in piccoli agglomerati e a ciascuno veniva dedicato un progetto.
L’architetto Di Sopra venne chiamato in seguito a seguire molte altre catastrofi, all’estero.

Cercò all’inizio di occuparsi dell’Irpinia, ma venne buttato fuori.

Ah, già. l’Irpinia è Sud!!

Lo inviterò per una conferenza a L’Aquila. Dobbiamo essere consapevoli. E forti. Il percorso è molto duro.

martedì 7 settembre 2010

OPEN ACCESS

L’Open Access è un movimento nato a Budapest nel 2001 con una iniziativa detta “Open Access Initiative” .
Il movimento Open Access tende a promuovere la libera disponibilità on-line di contenuti digitali. Viene utilizzato principalmente per gli articoli di riviste o di ricerche universitarie “peer reviewed”, e permette al lettore l'utilizzazione gratuita.
Questo movimento, che chiaramente ha bisogno di fondi di finanziamento (e sono varie le iniziative a proposito), tende a rendere gratuita la conoscenza, cioè gli articoli pubblicati dai vari ricercatori nel mondo.
Per intenderci se io stessa voglio leggere l’articolo pubblicato da un mio collega su una rivista, devo abbonarmi alla rivista. Gli abbonamenti sono costosissimi e le Università tutte sostengono spese da capogiro per garantire a tutti, compresi gli studenti, ovviamente, l’accesso alle riviste internazionali dei diversi settori. Le case Editrici sono lievemente scocciate di questo movimento, ma pian piano si stanno affermando riviste Open Access per le quali chi paga è l’autore che pubblica. Gli altri ricercatori (e non) possono leggere gratuitamente.
L’Open Access è importantissimo per la diffusione e divulgazione della cultura scientifica, spesso sorella minore di quella cosiddetta classica.
E’ pur vero che la cultura scientifica ha bisogno di svariati slanci, anche al livello di istruzione primaria e secondaria, ma la sempre più ampia diffusione delle risorse digitali può fungere da volano.
Così, magari, le persone che, conoscendo il lavoro che svolgo, mi dicono “Oggi che hai inventato?” capiranno che il ricercatore, specie quello che lavora in istituzioni pubbliche, lavora per la conoscenza. E forse questo andrebbe ricordato anche alla Gelmini.
Non si inventa qualcosa, ma le invenzioni, le innovazioni, il progresso tecnologico, i progressi della medicina, delle scienze della formazione, della comunicazione eccetera, hanno bisogno di conoscenze.
E’ chiaro che il ruolo della cultura scientifica va conquistato, anche per farne informazione. Ma il processo è delicato, non sempre vince chi urla. Non sempre vince chi con atteggiamento spocchioso allontana persone disponibili ad ascoltare.
E chiaramente non si vince oscurando dati.
Il prof. Boschi, che non conosco, ha fatto una sparata. Che non mi aspettavo. Al più mi sarei aspettata un rinnovamento del sito web dell’INGV.

Qualcosa in più sull’Open Access.

La dichiarazione di Berlino

domenica 5 settembre 2010

Friuli



  
A pagina 14 del Corriere della Sera di ieri, ho letto uno speciale “Visioni d’Italia” sul Friuli. Vengono ripercorse le vie della ricostruzione dopo il sisma del 1976. I “furlani” rifiutarono di lasciare i paesi distrutti, così come avevano resistito all’Austria nel 1848 e tutto è tornato com’era.
Italo Calvino scrisse a tal proposito “i responsabili politici lavorarono unitariamente mettendo insieme quei tesori di impegno, di finezza, di pazienza e moralità che occorrono per il successo di una battaglia politica perché questo era l’imperativo categorico dettato dalla loro coscienza”: senza badare, per una volta, alle tessere.
Si racconta poi della determinazione dei friulani: “Se siete inefficienti faremo noi anche gli architetti” tuonò il prete verso il sovrintendente. E infatti i cittadini si armarono di carriole, sì di carriole, e raccolsero in un campo le 7000 e passa pietre del loro Duomo, le numerarono, le conservarono.
Poi ancora le scelte politiche, difficili ma vincenti: prima il lavoro!!
E sì perché una catastrofe va vissuta, fino in fondo e poi pian piano si deve risalire la china. Coinvolgendo la popolazione, scegliendo, imparando dal passato.
Una ricostruzione per essere vera non deve essere regalata. Nulla deve essere regalato. Mene che meno le new town.
Leggendo il resoconto, alcuni fatti mi sono apparsi più chiari, compresa la reazione della popolazione aquilana.
Spopolare per lunghi mesi la città, non solo ha permesso di concretizzare un progetto non condiviso e fare affari, ma ha avuto un effetto “psicologico” sulla popolazione che definirei devastante. Tanti, troppi, hanno atteso il rientro, senza davvero rendersi conto di essere stati deportati e  hanno atteso di poter rientrare in una casa, quella che ogni giorno la TV inquadrava come un miracolo e che è giunta come un REGALO.
Il desiderio di essere protagonisti dei cittadini è stata tinto di colori partitici e nessuno degli amministratori si è sognato di cominciare ad unire invece che dividere la popolazione.
Continua così il teatrino dei battibecchi con critiche che volano su tutto: cantanti, carriole, dissenso … e in mancanza di unità, di coraggio, di progetti, la città si spopola.
Il nuovo sciame sismico fa da contorno ad una situazione già difficile e ancora emergenziale nella quale, in quei paesi, non ci sono i ricoveri antisismici promessi e, quindi, di nuovo si è impreparati: si montano tende, tendoni, ma a L’Aquila è già freddo.
Cosa si dirà degli aquilani? Che sono solo piagnoni? O si riconoscerà che lì dove si è potuto non solo c’è stata protesta, ma anche voglia di ricominciare con tanto di “rimbocco di maniche”. Prendo solo pochi esempi: i lavoratori dell’Università, delle mense, della Dompè, i tanti commercianti, piccole imprese….
Ma non basta: non c’è accordo, lungimiranza, non si sa chi siano i “decisori”.

Poi guardo il Friuli e l’Umbria e le Marche. E ricordo l’Irpinia e il Belice.
Ci sono i terremoti del Nord e del Sud. E la differenza non sono solo le popolazioni e l’economia pre-esistente (che pure sono importantissimi) c’è che il Sud è ancora  terra di conquiste … per gli affaristi che vanno a braccetto con una politica incapace di far sviluppare le regioni meridionali. Non conviene. Più conveniente è dire che noi siamo ingrati. 

P.S. Domani Giannantonio Stella e Sergio Rizzo saranno a L'Aquila, per un reportage della serie "Visioni d'Italia". Io li incontrerò e cercherò di raccontare gli aquilani che io conosco: forti, gentili e mai fessi.

mercoledì 1 settembre 2010

Dark Beast

Ci sono parecchie cose che vorrei scrivere stasera. Purtroppo, però, il pensiero della paura che proverei, qualora la terra tremasse ancora, mi paralizza. Non è la mera paura del terremoto, è qualcosa di più complesso. Per esempio, è la paura che il mio territorio, ancora oggi in lacrime, distrutto e pur tuttavia pulsante di speranza, possa, con un’altra scossa, poggiare il suo cuore per terra. A lungo.
Vorrei fare qualcosa, di incisivo, di dirompente, ma cosa?

Persino l’assemblea oggi, finalmente propositiva, respirava, in silenzio, l’incertezza. La esplicitava con interventi forti, poi tornava sui suoi passi e, nonostante pareri diversi, era quieta e molto disposta all’ascolto (se si esclude chi, non avendo colto quell’aria sottile e fredda, continuava a sogghignare sulle nostre parole convinta di doverci rendere edotti, noi poveri ignoranti e parassiti- come ama chiamarci-).

E’ facile pensarlo: viviamo su una terra che trema. Nelle orecchie di tutti risuona ancora forte l’urlo della terra. Ora è come se lo aspettassimo: pronti con i nostri zaini sulla porta, ma completamente impreparati all’idea di dover dominare le nostre emozioni.
E’ facile dirlo: coraggio.
Ma l’unico forza che abbiamo è quella di pretendere che tutte le case in cui viviamo vengano ORA controllate da esperti e valutate riguardo la resistenza sismica. Non trovo maturo lasciare la “libera scelta” alla intuizione dei singoli.

Vorrei davvero sapere se queste sensazioni, quelle di un’intera comunità, siano minimamente paragonabili a quelle dei Giapponesi, o agli abitanti di San Francisco.
Inutile girarci intorno, siamo tanto fieri di vivere nel vecchio continente dove storia, tradizioni, arte e cultura scorrono ovunque.

Ma qui il terremoto è solo una bestia nera.