mercoledì 31 marzo 2010

Le assemblee


Mi trovo bene nelle assemblee di Piazza Duomo, anche se sono caotiche, dispersive e, per ovvie ragioni di tempo, non danno voce a tutti.
Però mi piacciono. Mi sento parte di una comunità. Della comunità cittadina, per la prima volta nella mia vita.
I problemi ci sono. Alcuni dicono che non siamo rappresentativi, eppure la discussione faccia a faccia, la preferisco. Perché le parole scritte, come queste che sto digitando, hanno un effetto sulle persone che non vedo. E se vengono mal interpretate, ribattere poi è difficile.
Inoltre ho l’impressione che la partecipazione debba passare attraverso una presa di coscienza di tutti e che, per la nostra città, dobbiamo usare il nostro tempo, ricavandocelo in qualche modo.

Oggi la partecipazione c’è stata ed è stata migliore di altre volte, le accuse di egemonia, sono scemate.
Così le posizioni sembrano convergere, a volte esasperate dai più passionali e limate dai più moderati.

A L’Aquila sta succedendo qualcosa di unico. La cittadinanza si confronta, fa proposte, stabilisce gli obiettivi.

Alcune parole pesano e non sono le nostre: minoranza, rappresentatività, oscuri giochi dietro di noi.
Cito le parole, quelle che sono pietre:
«Questa è la prepotenza delle minoranze: denunceremo tutti» [Il Prefetto]

«Sembra che ci sia qualcuno molto interessato alle ‘carriolate’ perché vuole creare dal punto di vista politico un gruppo che abbia autorità nella ricostruzione della città. » [Monsignor Molinari]


Un’unica risposta a tutti. Certe volte mi ritrovo a pensare a fatti estranei al mio lavoro usando come parametro proprio il mio mondo lavorativo. Credo di farlo per semplificare. Poi rido di me: non tutto il mondo è un Ateneo, per fortuna.
Per questo, a tutti quelli che ci stanno giudicando, secondo parametri del loro mondo, voglio dire: non tutto il mondo è fatto con i parametri dei politici, cioè non è che bisogna per forza contare i numeri come se si fosse ad un’elezione, occorre analizzare i contenuti e, forse, sono quelli che spaventano e si cerca di annientare. Anche i giochi poi, sappiate che noi non ne facciamo, in “gioco” è la nostra città, non un appalto.

Comunque anche noi sappiamo girare i dati. Quindi se una sconfitta può essere vista come una vittoria paragonandola al passato, noi stiamo vincendo alla grande: mai a L’Aquila la cittadinanza si è fatta sentire così forte.

martedì 30 marzo 2010

Cosa mi avrebbe detto il mio papà.

«Ciao Giusi come va?»
«Bene papà, me la cavo. Solo che sono un po’ delusa. Sai bene che, nonostante la catastrofe, vado avanti. E’ che qui la città non c’è e tutti credono che ci sia, anche ad Avezzano».
«Stai calma, a papà, che Dio provvede».
«Oddio papà non ricominciare co’ ‘sta storia; io non sono delusa dal cielo, comunque, ma dagli uomini. Pensare che 35 anni fa quando me ne andai ad Avezzano non si faceva altro che parlar male degli aquilani e qui a L’Aquila degli avezzanesi ed ora è ancora così, mi fa capire che gli uomini sono bacati ».
«Vabbè a papà, ma sai che in fondo si scherza, poi da quando a L’Aquila ci sei tu, per me è la più bella città del mondo».
«Però ti ho spiegato come vanno le cose, ti ho spiegato i rischi, e anche se i Marsicani ce l’hanno con noi, non è che possono pensare che L’Aquila sia da buttare. Non è forse patrimonio di tutti?»
«Che vuoi dire?»
«Solo che non ho sentito la vicinanza della mia città di nascita, tranne di voi e pochi amici.»
«Stai pensando anche all’elezione di Del Corvo, vero?»
«Si papà.»
«Ti capisco.»
«Sai tra i miei parenti più di uno l’ha votato, forse è valso più l’interesse, il clientelismo che una città d’arte e il mio grido di dolore.»
«Giusi però non devi essere così pessimista!»
«Io credo di essere realista. Quel voto equivale ad un campanilismo sfrenato che si poggia sulla logica “mors tua vita mea”»
«Che facciamo Giusetta?»
«Bè, io continuo, finché avrò voce a gridare. »
«Da bambina eri così calma! Però hai ragione piccola.»
«Bè perlomeno dopo tutte le volte che ci siamo scontrati, ora riconosci che non sono una pazzerella, solo una persona che i piedi in testa non li vuole.»
«Sai Giusi, anche noi abbiamo avuto il terremoto. Io non ero nato. Ma qui piano piano la gente è ripartita. I terremoti purtroppo sono sempre un’occasione per tanti. Ma non tutti sono approfittatori. Mio padre, tuo nonno, partì dall’Umbria per venire qui perché evidentemente c’era lavoro e mise su una ditta di trasporti, all’epoca con cavalli, che poi è divenuta la piccola azienda di autotrasporti che gestisco io e che ha dato alla nostra famiglia la possibilità di vivere più che decentemente.»
«Un consiglio papà.»
«Battiti più che puoi per il lavoro, si ricomincia da lì, come fece tuo nonno, ci partì da lontano. Anche l’altro tuo nonno comprò, con grandi sacrifici, terre nel Fucino e le coltivò.»
«Grazie papà»
«Giusi, qui ad Avezzano se vuoi c’è una casa per te, so che non torneresti mai a vivere qui, così come io non abiterei mai a L’Aquila. Ma so che tu hai un posto per me.»

Un posto per il mio papà ce l’ho sempre.

Sono 23 anni che mi manca

domenica 28 marzo 2010

Diario di oggi


Un diario breve con i dati veri:

1. Bottino delle forze dell’ordine: 2 carriole, 2 pale.
2. Bottino degli Aquilani: un’altra domenica in città per la loro città
3. Bottino di chi vuole strumentalizzare: 2 carriole, 2 pale.
4. Bottino degli Aquilani: dimostrazione di indipendenza dai partiti
5. Bottino dei partiti: 2 carriole, 2 pale.
6. Bottino degli Aquilani: centinaia di mattoni, pietre e coppi
7. Bottino n. 2 delle forze dell’ordine: 2 verbali per 2 persone
8. Bottino degli Aquilani: la solidarietà di centinaia di persone per i denunciati

Test the differences.

sabato 27 marzo 2010

Vivo in uno strano paese

Vivo in uno strano paese. Dove quando esprimi un’opinione hai sempre qualcuno che ti dice «Ma allora sei del PD (o PDL, o UDC o AN ecc.)», insomma dove un cittadino che, magari, vuole solo vivere in una città migliore, deve per forza esistere al servizio di un partito.
Invece che il contrario.
Quindi, se una domenica mattina un’intera città si sveglia e, pale e carriole alla mano, va a liberare il suo centro storico dalle macerie, immediatamente c’è qualcuno che la dipinge rossa, nera, viola. E non si capisce che i cittadini vogliono solo la propria città, desiderano essere nuovamente una comunità, sentono il bisogno di essere protagonisti nella L’Aquila che verrà. Punto.
Ma non basta.
In questo strano paese, l’informazione è succube dei partiti, che se la litigano e dividono a loro piacimento: questo programma sì, quell’altro no, questa persona in prima serata, quest’altra di notte. I varietà impazzano e l’isola dei presunti famosi divide il parlamento. E noi cittadini a guardare, a volte sopiti, altre increduli, spesso nauseati, a volte consapevoli e, quindi, quello schermo oramai è divenuto solo un oggetto di arredo.
Poi arrivano le elezioni. I cittadini non possono vedere certi programmi! Oscuriamoli!
Le carriole aquilane fanno da pendant a vari politici e non serve gridare «Non venite», ci vengono a posta, a volte mettendosi anche alla guida del corteo sussurrando «Seguitemi!». E noi pazienti, a spiegare che non abbandoneremo mai la nostra città, che siamo assieme per partecipare al processo di ricostruzione, che stiamo cercando di scrivere cosa vogliamo che sia la nostra città, che vogliamo rimanere, che ci occorre lavoro, aggregazione.
Non serve a nulla: ora siamo rossi, ora neri, ora viola. Mai cittadini. Ce li hanno incollato addosso quei colori, perché è più facile catalogare che ascoltare.

E siamo al paradosso: domenica e lunedì si vota. Come sappiamo, nel periodo di apertura dei seggi non sono permesse manifestazione politiche, comizi di partiti e l’esibizione di simboli, specie vicino ai seggi.
Ergo le carriole non possono tornare. Perché essendo rosse, nere e viola, sono un simbolo partitico, politico e, quindi, vietato pulire la città, persino andare al Castello, con i bambini, a piantare fiori. Nonostante questi luoghi siano lontanissimi dai seggi.

Così questi cittadini, strumentalizzati, colorati dei più assurdi colori, si devono fermare, per loro, per il bene loro, per leggi fatte da loro, per norme che assicurino la serenità del voto, per non strumentalizzare il voto … per far vedere ancora una volta che questo sistema partitocratico non ammette che le persone esistano indipendentemente dai loro partiti.

Io domenica non ho nulla da fare se non andare in centro. Sarà mica vietato fare una passeggiata, incontrare persone, parlare discutere, lucidare carriole e pale! Se così fosse, bene: DENUNCIATECI TUTTI.

giovedì 25 marzo 2010

Le nostre C.A.S.E.

Vabbè, scusate, ma oggi è proprio una giornataccia.
Prima il fiume, poi i cimiteri ed ora, pochi minuti fa suonano alla porta.
Sono sola a casa ed ho subito pensato a un figlio senza chiavi.
Apro e mi si presentano due poliziotti. Quasi svengo: milioni di pensieri. Che vorranno? Le carriole, gli sfondamenti della zona rossa .. che ne so. Qui a L’Aquila siamo ancora militarizzati, mica cavoli!!
Invece era il controllo: quello che stanno effettuando sugli appartamenti del progetto C.A.S.E per stanare gli approfittatori. Non so se mi hanno preso di mira ma è la settima volta che passano!! Forse siccome non ci hanno mai beccato tutti assieme (siamo quattro), sospettano.
Solite domande solite risposte. «Quanti siete?»
«Quattro»
«Nomi?» li elenco.
«Codici fiscali», ce li ho, fiù!!
«Il contratto?», fortuna lo trovo subito, arifiù.
«Due sono i miei figli, l’altro è uno studente universitario»
«Ma la Protezione Civile lo sa?»
«Certo, la casa mi è stata assegnata con lo studente aggregato».
«Ah, bè, così va bene»
«Scusate ma posso ospitare chi mi pare?»
«Deve comunicarlo».
Bè è la seconda volta, stavolta non ce l’ho fatta, ho urlato! Se ospito qualcuno, un amico, un parente devo comunicarlo?
Ok può essere che fossero incompetenti, ma è la seconda volta che me lo dicono!
«Sa signora ci sono tanti approfittatori, deve essere vigile anche lei»
«Vigilerò come una matta e se qualcuno mi chiede di poter dormire qui qualche giorno invio un fax a Bertolaso in persona!»

Omnes feriunt, ultima necat.

La parola "cimitero" deriva dal greco κοιμητήριον "luogo di riposo".
Indipendentemente dalla fede, i cimiteri sono dei luoghi ove chiunque si avvicini lo fa in silenzio, rispettosamente in silenzio.
Pur non frequentandoli assiduamente ogni tanto sento un senso di colpa, in particolare quando penso che, oramai, è più di un anno che non vado a trovare mamma e papà, nel cimitero di Avezzano, o Fabrizio nel cimitero dell’Aquila.
Poi ho visto il filmato ed ho rivisto le foto del mio amico Adriano



In sintesi: abbiamo le scuole, abbiamo dei nuovi quartieri per pochi cittadini, ancora 30000 sfollati, tantissimi disoccupati, i centri storici pieni di macerie e immondizia, le periferie vuote, il Castello in stato di abbandono, Piazza D’Armi in stato pietoso e occupata dalla Curia, gli studenti universitari pendolari, impianti sportivi fatiscenti, mille difficoltà quotidiane, il fiume Aterno che sembra una suppellettile inutilizzata da secoli …. e anche i nostri morti dimenticati. Tutti. Perché il cimitero è un luogo che esige rispetto.

Non per essere sempre polemica, ma le nostre aziende municipalizzate sono in ferie?

Sento il dovere morale di occuparmi del cimitero. Tutti i paesi civili assicurano, nella loro legislazione, il rispetto e l'inviolabilità dei cimiteri e delle singole tombe.
E a me pare che siano violate, non già dal terremoto, ma dalla continua indifferenza di chi neanche pone il problema, nascondendo quello che per me è chiaro: ad un anno dal terremoto, se i cittadini non si fanno sentire, nulla verrà fatto.

Cercherò il giorno 6 aprile di occuparmi delle anime dei morti, nell’unico modo che posso fare: andrò al cimitero, a ripulirlo.

Voglio sedermi sulla riva del fiume

L’Aquila. In questo periodo, cara città, mi accorgo di quanto sei stata trascurata, da tempo immemorabile.
Da quando, il 14 febbraio scorso, abbiamo violato le barriere che ci dividevano da te, dal nostro centro storico, tutti ti guardiamo con occhi diversi.
Così, oltre a scoprire lo stato di abbandono dei monumenti, delle piazze, delle stradine e vicoli, pieni di macerie e immondizia putrefatta, ci giriamo intorno e vediamo ovunque la tua bellezza stuprata. Da anni di immobilismo, da anni nei quali pensare alla riqualificazione di tutto il territorio sembrava solo una perdita di tempo e non c’erano mai i soldi e, soprattutto, la volontà di investirli. Progettare una città, nella quale i cittadini possano vivere, significa occuparsi di tanti aspetti, significa avere un’idea di città, vivibile, nella quale passare le ore delle nostre giornate. Ogni cosa è importante: aiuole, strade, sensi unici, luoghi per attività culturali, simboli. Perché tutto ciò ha a che fare con un’idea di città, e quindi di persone, di relazioni, di gioia, di bellezza, di dialogo, di gioco, di convivenza e, in una sola parola, di vita.
La mia città è attraversata da un fiume, il fiume Aterno. Passa in basso, nella parte sud, affacciandosi da via XX Settembre lo si vede. Scorre al livello della strada in molte parti della città, a cominciare dall’oramai ultra frequentato centro commerciale Leclerc, a finire nei pressi della Stazione Ferroviaria e continuando ancora.
La sorgente dell'Aterno (detta Fonte Ciarelli), si trova sui Monti della Laga (frazione di Aringo), attraversa le valli Amiternina e Subequana, poi le Gole di San Venanzio giungendo nella Valle Peligna. I latini lo chiamavano Aternum e dava nome a numerosi templi e località, fra cui Ostia Aterni, l'odierna Pescara.
Quando fu scelto il sito per la fondazione della nostra città, si individuò un luogo chiamato Acquilis o Acculi o anche Acculae, per l'abbondanza delle sorgenti che vi si trovavano. Acculi, vicina al fiume Aterno, corrisponde all'attuale Borgo Rivera, dove oggi si trova la Fontana delle 99 cannelle.

Stamattina, l’ho osservato il nostro fiume, proprio all’altezza di Leclerc.
Quel fiume è abbandonato, è orribile, non può essere il nostro fiume!
Quante volte ho sentito parlare di riqualificazione, di passeggiate lungo gli argini, persino di piste ciclabili! E invece vedo solo degrado, abbandono, tronchi di alberi, buste di plastica, argini che non sono argini.
E ho provato vergogna. Per non aver fatto nulla, per non aver alzato la voce, per non aver curato la mia città. E mi chiedo come mai non ho potuto mai godere di una passeggiata lungo il fiume, una gita lungo il fiume, né io, né i miei concittadini né, tanto meno, i visitatori. Una passeggiata che parta da Aringo, appunto, e scorra lungo tutti i nostri borghi, fino a Molina Aterno. Sarebbe di sicuro anche vantaggioso per il turismo ma, soprattutto, per unirci con l’acqua ai nostri paesi feriti dal sisma.

Come è potuto succedere? Perché viviamo tutti una vita aggrovigliata tra lavoro, famiglia, migliaia di problemi. E non viviamo appieno la nostra città. E’ ora di riprenderci la nostra vita, vivendola in città. Ovunque. Sarà difficile per pochi cittadini mettere a posto un fiume, ma dobbiamo provarci.

Con le nostre carriole, un pezzetto di fiume ce lo prendiamo: il tempo c’è.

Così potremo incontrarci anche lì: seduti sulla riva del fiume ad aspettare.

martedì 23 marzo 2010

L'Aquila ricomincia dalle macerie (lettera).

Egregi Signor Commissario e Vice-Commissario,

vi scriviamo in merito al problema macerie che, da qualche tempo, è salito alla ribalta dei media e dei vostri interventi.
Alcuni di noi erano presenti a Piazza Palazzo giovedì scorso, quando, inaspettatamente, Vigili del Fuoco ed Esercito hanno cominciato a liberare alcune delle nostre Piazze.
Abbiamo parlato con voi e ci rimangono alcune perplessità.
1. Ci avete detto che le macerie sarebbero state smistate alla presenza del personale della Sovrintendenza ai Beni artistici e Storici. Possiamo con certezza affermare che tali professionisti non sono stati presenti se non per poche ore, sia a Piazza Palazzo che poi a Piazza della Prefettura. Vorremmo, quindi, sapere fin da ora i nomi e gli orari che tali professionisti osserveranno per salvaguardare il nostro patrimonio artistico.
2. Ci avete assicurato che sarebbero stati selezionati anche altri materiali per la ricostruzione, per esempio coppi e mattoni. Ne abbiamo visti impacchettati a Piazza Palazzo ben pochi e capiamo che il volume di tale materiale riutilizzabile (sia per ricostruire edifici pubblici che privati) è talmente enorme da non poter essere stoccato nelle piazze. Per questo vi avevamo chiesto se fossero stati previsti dei siti di stoccaggio con tanto di catalogazione. La vostra riposta “Ancora sono da individuare” ci ha lasciato molto insoddisfatti. Quindi vi chiediamo dove sono al momento questi materiali.
3. Nella tarda mattinata dello stesso giovedì, abbiamo chiesto al Vice-Commissario quale sarebbe stato il destino del FERRO accumulato nella cava Teges durante questi mesi e se l’eventuale riciclo di questo metallo, derivante dalle nostre case, avrebbe fruttato soldi per il nostro Comune. Il Vice-Commissario ci ha fatto capire che parte dell’incasso derivante dalla vendita di questo metallo, sarebbe andato alla Teges, come da contratto. Ci chiediamo, a questo punto, se lo stesso destino avranno i nostri mattoni, le nostre pietre, i nostri coppi e se cioè, dopo che qualcuno avrà rimosso le macerie dalle nostre Piazze, dovremo, per ricostruire, ricomprare i materiali invece che riutilizzarli.
4. Dato il punto 3 chiediamo di avere chiarezza e cioè: se i materiali differenziati e riutilizzabili, da qualsiasi ditta verrà individuata, saranno stoccati e catalogati in un apposito sito per, poi, servircene per la ricostruzione. Qualora parte di questo materiale diverrà, invece, proprietà di qualcun altro, chiediamo sin da ora di operare la differenziazione di tutto il materiale riutilizzabile in loco, assumendo per tale lavoro squadre di aquilani attualmente disoccupati o cassintegrati, da formare sulle normative di sicurezza e sulle modalità di smistamento a carico delle professionalità aquilane che in questi giorni stanno operando spontaneamente e in modo ineccepibile sulle macerie del centro storico.
5. Dati i punti 3 e 4, chiediamo di poter attrezzare il nostro territorio con impianti di riciclo del materiale inerte non immediatamente riutilizzabile, ma riciclabile (mattoni rotti, foratini, mescole edilizie) al fine di utilizzare per la ricostruzione il nostro materiale, opportunamente trasformato in materiale edilizio vario.

Vi invitiamo ad un sereno confronto su questi temi al più presto e vi rinnoviamo la nostra disponibilità a collaborare per una ricostruzione partecipata e sostenibile che dia speranze e lavoro al nostro territorio.
Attendiamo un confronto domenica prossima a Piazza Duomo alle ore 12.00 o, eventualmente, mercoledì prossimo 31 marzo, sempre a Piazza Duomo alle ore 18.00. Rimanendo disponibili per altre date vi informiamo che, in mancanza di risposte, saremo presenti per un sit-in di protesta giovedì 1 aprile presso la sede del Comune a Villa Gioia, L’Aquila alle ore 16.00.

In attesa di un vostro immediato riscontro inviamo
Distinti saluti

domenica 21 marzo 2010

Sparigliare


Creare nuove situazioni, nuovi equilibri, nuovi scenari.

Non era previsto, ma poi alle ore 10.00 circa, quando eravamo tutti schierati con le nostre carriole pronti ad andare a Piazza Palazzo per verificare il lavoro svolto dalle ruspe, arriva la sorpresa. Dietro di noi si ferma un’automobile che non era blu fuori, ma era blu dentro.
Scende in tenuta casual, jeans e maglia jacquard, il Commissario Chiodi.

Mi avvicino e, col megafono, annuncio: «Stiamo andando a Piazza Palazzo a controllare il lavoro». «Anch’io» annuncia Chiodi, con un sorriso di plastica.
Poi si ferma a stringere la mano ad Ezio. «Ha ricevuto le mie e-mail?». E rimango stupefatta. Da quando Ezio è divenuto il nostro tramite con Chiodi, abbiamo ricevuto una rassegna stampa e l’esposto dello stesso Ezio alla procura. Grazie.

Il commissario avanza calmo e si propone con noncuranza a capo del corteo. Muove il primo passo e il nostro istinto primordiale di “pecore” fa capolino. Muoviamo anche noi un passo. Poi Anna: «Ma che stiamo a fa?». Agguanto il megafono: «Fermi!». E lasciamo che la figura del commissario divenga piccola, piccola, assieme alla nube di giornalisti intenti a immortalare l’aplomb di Chiodi.

Poi iniziamo a camminare: carriole, megafoni e fischietti. «Ma dove stiamo andando?». «Boh!». «Andiamo ai IX Martiri!». «Dove passiamo?». «Alla traversa dopo la profumeria!». «Quatrà, calmi, giriamo lì, andiamo ai IX Martiri!».
Qualcuno passa davanti e arriva alle transenne, le apre. «Forza! Di corsa! Andiamo!».

Approdiamo nella nostra piazzetta! Orrore!
Macerie, immondizia, abbandono. Ci sono due cassonetti. Provo ad aprirli per capire se sono utilizzabili per il materiale indifferenziato. Viene fuori un puzzo di rancido, di decomposizione, di morte. Vergogna! Sono lì da tempo immemorabile, abbandonati, come la nostra città.

Senza bisogno di organizzare nulla, qualcuno comincia a liberare la piazza, a sistemare i bancali per i mattoni e le pietre. Fuori della piazza c’è un unico scarrabile con del ferro. Viene sgomberato e cominciano le callarelle a riempirlo di sterro.
La fontana viene ripulita e adornata con dei fiori. Due piccoli ceri trovati tra le macerie, vengono accesi sulla fontana.

Il commissario a Piazza Palazzo comunica, solo, che non bisogna farsi illusioni «Ci vorranno anni, per il centro storico». Mentre le ruspe del governo liberano Piazza della Prefettura senza alcun rispetto per le pietre, i mattoni, la storia.

Partecipazione, rispetto, condivisione, ascolto. Parole ancora sconosciute ai nostri amministratori.
«Che farete la prossima domenica?»
«Quello che viene.»

Sparigliare, premia. Un’altra Piazza per L’Aquila!

Nella foto gli oggetti personali trovati nelle macerie.

venerdì 19 marzo 2010

CARRIOLE E CAPRIOLE


Vabbè, abbiamo vinto, o perlomeno abbiamo fatto un primo passo.
Il Blitz di giovedì ci ha spiazzati, è vero. Abbiamo a che fare con professionisti dell’inganno, del nascondere, del cavalcare e del prendersi le prime pagine. Ma noi siamo i cittadini dell’Aquila e vigileremo, non solo, continueremo dritti verso l’obiettivo: RIAPRIRE LA CITTA’ SENZA SE E SENZA MA.

Una sola osservazione: PERCHE’ NON L’HANNO FATTO PRIMA?

E poi un mare di perplessità: il Sindaco sapeva, non sapeva, fa lo gnorri, non ci sta a “capì niente”?
E ancora: stanno facendo finta, nascondono cosa?
Come mai non si riesce a capire che contratto abbiamo con chi gestisce la Teges? In altre parole se è vero che le macerie vengono differenziate lì, quello che differenziano torna a noi? Perché per quanto riguarda il ferro differenziato ci è stato detto (a mezza bocca dal Sindaco) che in parte è della ditta, quanta parte non si sa. E’ così per tutto? Cioè i mattoni che ho visto oggi alle ore 17.00 a Piazza Palazzo caricati indiscriminatamente sui camion, torneranno a noi? O usciti da Piazza Palazzo entrano in un territorio che non è più nostro?

Alle 17.00 a Piazza Palazzo i lavoratori dell’ASM erano seduti e guardavano la ruspa che caricava il camion, e lì andava di tutto! E non c’era neanche la sovrintendenza in quel momento!

E poi la questione lavoro. Perché il Sindaco quando Chiodi ha detto che i cittadini aquilani disoccupati o cassintegrati potranno lavorare per lo smistamento delle macerie se, e solo se, necessario, non ha puntato i piedi, non ha detto che questa è la priorità: IL LAVORO?

Il popolo delle carriole, così come siamo stati definiti, tornerà a Piazza Duomo ogni domenica. A riprendersi la città.
Dopodomani saremo ancora lì, pronti a finire il lavoro cominciato, a pulire per bene Piazza Palazzo, anche con le ramazze. Ma pretenderemo spiegazioni, trasparenza e partecipazione. Per infine riprenderci un altro pezzo di città.

giovedì 18 marzo 2010

LA POLITICA DEL FARE




Villa Comunale ore 9.00: ci siamo dati appuntamento dopo aver letto l’ANSA di ieri sera, che diceva di un imminente arrivo di Esercito e Vigili del Fuoco per lo sgombero delle macerie. Non ci credevamo, infatti eravamo pochi. Ma alla Villa non eravamo soli: c’erano camion dei vigili del fuoco con ruspe. Intanto al telefono nessuno dei soggetti seguenti sapeva nulla:
• Questura
• Sindaco
• Vice-Sindaco
• Assessore Moroni
Abbiamo chiesto a gran voce di far arrivare qualcuno mentre, accompagnati dalla Digos, entravamo in Piazza Palazzo (4 o 5 persone). Lì abbiamo chiesto di poterci mettere sul mucchio di macerie perché esigevamo che qualcuno ci spiegasse cosa stava succedendo. Siamo stati fermati e minacciati di “deportazione in questura”. Intanto abbiamo chiesto al comandante dei Vigili di farci vedere l’ordinanza sgombero macerie. L’ordinanza non c’è. I Vigili hanno ricevuto l’ordine dal Governo. Governo, capito?
Nel frattempo una ruspa ha cominciato a smuovere le macerie e a caricarle. Abbiamo urlato così tanto che si sono fermati. Arriva l’assessore Placidi e ci presenta due persone (ripeto due) della sovraintendenza che subito ci rassicurano che verranno smistati in loco i beni architettonici. «Dove verranno riposti?». Nessuna risposta. Chiedo assieme agli altri se i mattoni, i coppi, le pietre, il ferro eccetera verranno recuperati. La risposta è sì. «Dove si farà la selezione e dove verranno riposti?» chiedo di nuovo. «Non lo sappiamo » è la risposta.
Arriva Chiodi. Notizia bomba: ci ha parlato per un’ora! Cialente arriva dopo un po’.
La questione sta in questi termini. Con questa prima azione verranno sgomberate circa 10000 tonnellate di macerie e saranno selezionate in loco dalla sovrintendenza (andando via ho saputo che stanno sgomberando anche Via Sallustio, ma non so se c’è il personale della Sovrintendenza). Queste macerie dovevano essere portate via e selezionate dalle ditte che hanno provveduto ai puntellamenti. Abbiamo chiesto di conoscere il nominativo di queste ditte e se sono state retribuite per il servizio che hanno effettuato. Risposta nessuna. Chiodi ci ha detto che il materiale verrà selezionato alla cava TEGES. Alla nostra domanda: «Ma non sta “scoppiando”?», risponde che non è vero perché ora stanno sgomberando il ferro recuperato, quindi ci sarà altro spazio anche recuperandolo da una zona sempre Teges, non ancora utilizzata. Ho chiesto poi al Sindaco chi incasserà i soldi della vendita del nostro ferro, la risposta è stata vaga, comunque qualcosa dovremmo incassare, ho chiesto quanto. Risposta nessuna.
A Chiodi abbiamo detto che dovranno essere gli aquilani a lavorare le macerie. La risposta lapidaria è stata: solo se servirà. Non si capisce come 30 lavoratori Teges potranno fare il lavoro. La realtà è che si passerà attraverso una gara per lo sgombero delle macerie!
Alle domande: “Riutilizzeremo i materiali differenziati?” “Dove verranno stoccati?” “In quali cave verranno messi gli inerti?” non è stata data risposta.
La realtà è che quello cominciato oggi è un processo ancora non definito che si aggiusterà strada facendo in tutti i punti. Ho chiesto l’ordinanza mi ha risposto: “Datemi tempo, metterò tutto sul sito”.
Gli è stato chiesto anche se questa manovra velocissima fosse in realtà solo a fini elettorali. Sia Chiodi che Cialente ci hanno detto che siamo matti, qui si sta solo pensando alla città.
Abbiamo richiesto urlando TRASPARENZA E PARTECIPAZIONE.
L’unica cosa che abbiamo ottenuto è una specie di avvicinamento: cioè abbiamo consegnato a Chiodi il nome di un referente che fungerà da ponte tra noi cittadini e Chiodi.
Ho chiesto al Sindaco Cialente di aprire Piazza Palazzo per domenica e di sveltire l’apertura del Corso stretto. Gli è stato anche chiesto di partecipare alle assemblee, soprattutto per renderci noto quello che sta avvenendo.
Chiederemo i permessi per controllare e fotografare giornalmente ciò che accade.
Una cosa è certa: l’azione di oggi non era nota al Sindaco della città.

Noi non molleremo: carriole anche domenica, non possono sgomberarci!

P.S.: Apprendo ora che in questi giorni verrà Bertolaso. Il cerchio si chiude!

martedì 16 marzo 2010

La seconda lettera alle autorità competenti

Al Ministro Prestigiacomo
Al Commissario Chiodi
Al Vice Commissario Cialente
Agli Assessori Stati, Moroni, Fina


Oggetto: macerie

Egregi tutti,
i cittadini dell’Aquila, nel corso delle ultime domeniche, hanno portato l’attenzione, a ben 11 mesi dal sisma, sulla questione dello sgombero delle macerie, azione che si ritiene propedeutica ad una vera e propria ricostruzione partecipata.

Per tre domeniche consecutive i cittadini hanno dato luogo ad una esemplare dimostrazione:
1. Le macerie, definite come residui solidi urbani e, quindi, assimilabili a vera e propria immondizia, sono in realtà una risorsa. Se adeguatamente selezionate in loco possono dar luogo a recupero di:
• Mattoni e coppi
• Ferro e legno
• Vetro, plastica e carta
• Pietre comuni e pietre lavorate

I suddetti materiali sono immediatamente recuperabili o riciclabili.

2. La parte rimanente, il cosiddetto materiale indifferenziato (circa il 20% in peso) consta di :
• 90% sterro, cioè materiale completamente inerte
• 10% materiale vario, soprattutto stoffa (di varia origine), resine di vario tipo (soprattutto coibentanti), pezzi di materiale vario derivante dalle abitazioni (lampadari, pezzi di plastica eccetera).
Dunque tutto l’indifferenziato che si è raccolto in appositi cassoni (circa 40 tonnellate) non è materiale da portare in discarica: basterebbe l’uso di un vagliatore atto a dividere lo sterro dal resto, per rendersi conto che di quelle 40 tonnellate circa 36 sono materiale completamente inerte, utile, come tale, al riempimento di cave, delle quali la nostra provincia è disseminata, con un guadagno certo in termini di riqualificazione del territorio.

Lo smistamento delle macerie in loco è un primo passo importante sia guardando alla ricostruzione che in termini economici, al fine elaborare un progetto condiviso della città, di rilancio del lavoro, di investimenti, di ecosotenibilità.

Riteniamo quindi assolutamente prioritario, a questo punto, che voi, assieme a tecnici e professionisti, veniate a verificare quanto stiamo dimostrando, prima ancora che l’individuazione di siti (vere e proprie discariche) porti ancora una volta la nostra popolazione ad esasperarsi e dividersi.
A tale proposito, domenica 21 marzo, i cittadini dell’Aquila, riuniti in assemblea plenaria con tavoli di discussione specifica, elaborerà una proposta che invieremo alla vostra cortese attenzione: la proposta conterrà le specifiche di quanto stiamo dimostrando.

Certi di un vostro immediato riscontro, inviamo
Distinti Saluti
I cittadini aquilani
Giusi Pitari

domenica 14 marzo 2010

Educazione dei figli: come, quando e perchè

Di regole ce ne sono a bizzeffe. Devi fare così, devi fare cosà.

Eppure oggi ho capito che i nostri figli saranno migliori di noi.
I genitori aquilani stanno formando dei ragazzi in modo esemplare.

Stamattina li hanno svegliati di buon ora e non hanno preteso che non accendessero la TV, nemmeno che mettessero in ordine la camera, men che meno che studiassero o confessassero dove avevano passato la serata del sabato.
I genitori si sono preparati ad uscire, vestiti sportivi, con pale e carriole, con callarelle e un obiettivo: incontrarsi, unirsi, partecipare. E i ragazzi, i bambini, finalmente resi partecipi, non hanno esitato a condividere con i genitori una giornata.
Ho incontrato due bambine di poco più di tre anni. Due bellissime gemelle che conosco da tempo. Figlie di una famiglia segnata da lutti e svariati problemi socio-economici. Le ho incontrate col papà, con due piccoli carrellini. Belle, pimpanti, simpatiche: ho visto il loro papà sorridere, mentre le bimbe pretendevano di avere un carrello pesante da trasportare. Ho seguito un bimbo con una carriola che non la smetteva di fare su è giù. Gli ho chiesto se avesse bisogno di aiuto. Mi ha risposto che poteva farcela da solo.
Mi sono commossa a leggere il cartellone scritto dai ragazzi delle scuole.
Poi c’erano tanti ragazzi che mi chiedevano: «Ma i foratini dove vanno? Nell’indifferenziato?» ed erano attentissimi alle spiegazioni. «Meno male, quatrà, abbiamo risolto il problema dei foratini!»
Non si stancavano, non chiedevano nulla, seguivano le indicazioni.
Di tanti significati del dopo terremoto, questo è il più vero, il più concreto.
Questi uomini di domani sapranno cosa vuol dire prevenzione, ricostruzione, partecipazione, ecostenibilità, perché l’orgoglio aquilano sta facendo un miracolo.

E i nostri figli saranno migliori di noi. Ne sono certa.

sabato 13 marzo 2010

Frasi e abbracci


Oggi a Roma, Piazza Del Popolo. Tante bandiere, palloncini, scritte varie. La mia “L’AQUILA 2010, RIAPRIRE LA CITTA’”.
Mi guardavano incuriositi, poi leggevano il cartello: alcuni annuivano, altri mi fissavano, con “sin-patia” , altri proprio esprimevano pena. Molti, tanti sorridevano e mi dicevano frasi di ogni tipo:
« Bravi! »
«Solidarietà!»
«Ma sei proprio dell’Aquila, L’Aquila?»
«Vi darei un pugno in testa, perché non vi siete svegliati prima?»
«Ma va così male come dite?»
«Se anche vi riparavano le case, voi ci sareste riandati? Avevate case di cartapesta!»
«Più di 30000 sfollati ancora!! E noi li stiamo pagando?»
«Mica potete pensare che vi ricostruiscono subito il centro!»
«Ve la dovete prendere anche col PD, che non ha detto niente!»
«Ma quanti soldi avete ottenuto col G8?»
«Dovevate venire tutti qui oggi, dove siete?»
Con altri è andata meglio. Volevano sapere tutto. Ho indicato dove possono leggere i dati veri, dove la nostra storia, i nostri monumenti.

Un signore lo ricordo bene, non lo dimenticherò.
Mi ha chiamato, «Signora, signora..»
«E’ aquilana?»
«Posso stringerle la mano?»
Poi mi ha tirato a sé, mi ha abbracciato e baciato sussurrando:
« Voi siete l’esempio per questa nazione allo sfascio»

Ce la faremo.

giovedì 11 marzo 2010

Di 99 una.



Anzi due se comprendiamo San Bernardino, anzi tre con Regina Margherita (inspiegabilmente transennata), anzi quattro con Santa Maria di Farfa.
Parlo di Piazze Aquilane, di Piazza Duomo. Anzi di metà di Piazza Duomo. Il luogo dove da qualche domenica ci si incontra. Una Piazza, un inizio. Una città senza piazze non è una città che ci si addice.
Nell'antica Grecia la Piazza, l’ Agorà, era oltreché il 'centro' del potere religioso e commerciale della città, soprattutto il luogo simbolo della democrazia del paese, tant'è che vi si riuniva l'assemblea della polis per parlare di politica.
Ecco, la nostra Piazza Duomo è diventata questo. La Piazza per ricominciare. Ad incontrarci, a parlare, a scambiare, a fare progetti, a sperare. La nostra Piazza dell’Autonomia. Possiamo, sì possiamo, finalmente! Come si fa comunemente, senza chiedere permessi, autorizzazioni ed essere grati se ci vengono concesse.
Andiamo in Piazza: se si vuol lavorare alla macerie, se si vuole organizzare un aperitivo (come succedeva ai nostri ragazzi l’estate scorsa, il giovedì, aperitivo autogestito), se si vuole progettare la riconquista di uno spazio qualsiasi, se si vuole conoscere quello che gli aquilani hanno fatto in questi lunghi 12 mesi, se si vuole condividere un desiderio, una paura, un’azione comune, il futuro della città.
Una Piazza. Saranno poi due e tre e quattro e cinque. Le conteremo insieme. Mezza Piazza che vale quasi uno: l’inizio.
In città, in ogni paese, in ogni borgo, un Foro. Il luogo centrale di ogni città romana, dove sorgevano i principali edifici pubblici, dove si teneva il mercato, dove si trattavano affari, dove si tenevano le udienze e si discutevano le cause davanti ai magistrati.
Una Piazza, due Piazze, tre Piazze … e poi tutti i Decumani (decumanus) e i Cardini (cardo).
Fino a 99 e poi forse faremo la centesima: la Piazza da lasciare ai posteri. Che parli di noi. Una Piazza Pazza, nella quale ciascuno metterà qualcosa. La immagino a Collemaggio, all’interno dell’ex ospedale psichiatrico, che non venderemo, ma riqualificheremo.

Ci vediamo domenica 14 marzo, ore 9,30 alla Piazza numero 1 ed assieme cercheremo di liberare e restituire alla città la Piazza numero 2.

domenica 7 marzo 2010

La mia lettera al Ministro Prestigiacomo

Egregio Ministro Stefania Prestigiacomo,
sono una cittadina aquilana, una delle tante del “popolo delle carriole”.
Ho appena letto e sentito che (sue parole) la protesta in atto a L’Aquila è di fatto superata perché, a breve, esercito e vigili del fuoco provvederanno alla rimozione delle macerie indirizzandole nei siti individuati.
Prima ancora che cominci la rimozione, le rendo noto che nelle ultime due settimane, a L’Aquila, non si è meramente manifestato, piuttosto si è dimostrato che le macerie non sono materiale da rimuovere in fretta e senza alcun progetto. Le macerie, al momento ferme all’interno dei centri storici della città e dei borghi del cratere, sono state da noi smistate e differenziate e abbiamo dimostrato che, non solo il materiale da inviare a siti predisposti è assai meno di 5 milioni di tonnellate, ma, soprattutto, che esse contengono materiali immediatamente riutilizzabili (mattoni, coppi, pietre), alcuni “preziosi” e da catalogare (pietre di pregio), altri riciclabili (ferro, legno, rame, vetro e plastica).
Le chiediamo di tener presente che non permetteremo che le nostre macerie vengano portate via indiscriminatamente senza alcuna catalogazione e smistamento in loco. Non permetteremo, ancora, che i tanti disoccupati aquilani non siano chiamati a lavorare per la rinascita della loro città. Non permetteremo che la ricostruzione del centro storico inizi senza i materiali di cui ha bisogno.
La invito, pertanto, ad un confronto sereno con i cittadini aquilani che in questi giorni stanno dimostrando che le macerie non sono un affare da concludere al più presto, quanto una partita nella quale si vuole essere protagonisti e vincitori. Abbiamo la manodopera e le professionalità che ci permetteranno di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi.
In attesa di essere da lei ricevuti
Le invio
Distinti saluti
Giusi Pitari

IL MIRACOLO AQUILANO


Dopo la pantomima dello sfondamento delle transenne, anche oggi siamo rientrati a Piazza Palazzo. Quelle montagne di macerie sembrano enormi.
Con le mani, con le pale, arrampicandoci, cadendo, sporcandoci, di mano in mano, abbiamo di nuovo dimostrato che le macerie non possono essere un affare per altri.
Le macerie sono nostre. Non solo simbolicamente, per rinascere, ma anche perché valgono soldi, e quelli sono nostri, perché nelle macerie sono nascosti tutti gli anni di sacrifici che abbiamo speso per comprare case.
Dov’è, dunque, il miracolo? Eccolo! Dopo solo due domeniche ora sappiamo di cosa si ha bisogno per completare il nostro progetto: una piccola ruspa, un vagliatore, camioncini.
Una ruspa ci occorre per movimentare quei cumuli divenuti oramai duri come cemento. A mano, poi, si possono smistare pietre e rifiuti di grandi dimensioni (sbarre di ferro, legno, elettrodomestici eccetera), il resto potrà essere filtrato attraverso un apposito vagliatore (in figura) che tolga di mezzo terriccio e piccole pietre, piccoli sassi e così via. Al di sopra del filtro resteranno coppi, mattoni e altro che possiamo smistare per riutilizzarli in seguito e riciclarli. Infine i camioncini ci occorrono per il trasporto dei materiali differenziati presso l’ASM che li condurrà al riciclo o in discarica, mentre un altro luogo ci occorrerà per accatastare mattoni e coppi e per la catalogazione delle pietre lavorate.
Oggi abbiamo portato alla luce qualche quintale di mattoni e coppi, ferro, legno (che ahimè mi dicono l’ASM non ricicla – chiederò lumi), pietre, plastica e materiale indifferenziato. Personalmente ho trovato una pietra lavorata bellissima, forse un vaso, non so, intarsiato e levigato alla perfezione (è stato messo da parte).
A completare il miracolo molte persone, davvero molte, hanno chiesto di potersi unire in cooperativa per fare il lavoro di smistamento. Sono persone disoccupate aquilane che chiedono di poter lavorare.
Di tutto ciò discuteremo in assemblea a Piazza Duomo mercoledì 10 marzo alle ore 18.00 e personalmente domani porterò queste semplici osservazioni all’architetto Fontana (presso ANCE ore 17.00).
In ultimo ringrazio tutti gli studenti fuori sede che oggi e durante le altre domeniche ho riconosciuto tra noi. Ci hanno aiutato e sostenuto. E’ ora che la cittadinanza tutta prenda una posizione netta per questi 8000 studenti che hanno dato fiducia alla città e all’Ateneo e stanno dimostrando, ogni giorno di più, di amare questa incredibile città. Non sono cittadini di serie B.

venerdì 5 marzo 2010

Io non ho paura


La paura è una intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto.
La paura va situata tra i meccanismi di difesa dell'individuo. Se una preda non avesse paura del suo predatore non riuscirebbe a scappare e verrebbe eliminata.
È’ una delle emozioni primarie, comune sia alla specie umana, sia a molte specie animali.
Alimentare la paura, invece, serve soprattutto a stornare l’attenzione dai veri problemi.
Se ne hanno svariati esempi. Alimentare la paura dello straniero: si cavalca la questione della sicurezza, ma si parla poco della sicurezza sul lavoro; se un uomo viene investito da un extracomunitario ubriaco diventa improvvisamente un’emergenza nazionale, ma se poi 1.100 lavoratori precipitano dalle impalcature nessuno se ne interessa.
Voglio ricordare come, dopo il terremoto, la stampa titolava in prima pagina ciascuna piccola scossa di terremoto, gettando nello sgomento ogni lettore, specie se aquilano sfollato. Tra l’altro senza mai renderci edotti sulle strategie da usare, senza mai parlarci di messa in sicurezza, sul significato, intendo. Nascondendo, dietro la nostra paura, tutto il loro operato, senza possibilità di replica.
Un’unica volta dovevamo aver paura, ma il bicchiere di Montepulciano, gentilmente offerto da chi doveva perlomeno renderci attenti, ci portò al letto quella notte.
Ora la strategia continua. “Nessuna Piazza è in sicurezza a L’Aquila, se andrete sarà a vostro rischio e pericolo” tuonano tutti. Così la gente ha paura e si rischia che non partecipi.
Ma il vero problema risiede proprio nel fatto che NULLA E’ IN SICUREZZA, DOPO QUASI UN ANNO, e siccome da 3-4 settimane alcune migliaia di cittadini stanno premendo per avere risposte riguardo la loro città, forse sarebbe il caso di metterci mano, finalmente. E allora si torna indietro: non è possibile fare lavori, ci sono le macerie!
Va bene, le macerie te le tolgo io, a mio rischio e pericolo, tu metti la città nelle condizioni di ripartire.
Ho paura che se mollo qui non si fa nulla. Questa sì che è paura! Vera, non alimentata di proposito.

Domenica 7 marzo alle 9.30 sarò di nuovo a smistare, differenziare, spalare le macerie di Piazza Palazzo. Io non ho paura.

mercoledì 3 marzo 2010

Le buche e le zolle di terra


E’ arrivato il momento di essere cittadini attivi. Non solo cittadini che giustamente protestano, ma soprattutto persone che, informate, sono capaci di agire con competenza oltreché buona volontà.
L’intento è quello di supplire la mancanza di progettualità di molti, arroccati in un blocco fatto di regole e divieti, creati da loro stessi.
E’ ora che la cittadinanza tiri fuori le competenze, di ogni tipo, anche solo per tagliare l’erba di un prato.
Dobbiamo scendere in campo tutti.

Se sappiamo come fare, occorre dirlo, scriverlo… farsi aiutare e andare avanti diritto, senza paure. Chè non siamo persone colorite, esaltate, che cercano la prima pagina o i Tg. Troveranno sempre il modo di sminuirci, di strumentalizzarci, di sottolineare gli errori, di intimorirci.
Che L’Aquila tiri fuori gli artigli, non la voce, gli artigli: si apposti dall’alto a studiare la preda e poi con velocità la agguanti.

Scrivo questo dopo aver visto stamattina sulla strada che da Cese mi conduce a Coppito, un qualcosa che mi ha fatto intenerire: la strada è ormai adatta solo a fuoristrada, la pioggia ha creato vere e proprie voragini che non sempre le automobili riescono ad evitare. Così succede che le buche sull’asfalto vengono teneramente ricoperte, evidentemente da una persona che vuole aiutare tutti, con zolle di terra dalle quali spunta anche dell’erbetta.

Non basta la buona volontà di un singolo per riparare le buche delle strade, serve che ci facciamo sentire e se non arrivano risposte .. bè, che qualcuno ci regali un po’ di asfalto e ci metta a disposizione gli operai per fare il lavoro.

martedì 2 marzo 2010

Non ci posso credere


Oggi 2 marzo 2010, sbarco nel mondo dei bloggers. E non so che scrivere per darmi il benvenuto. Men che meno so come si usa un blog.

Ma passo subito al sodo: voglio raccontare la mia città. L'Aquila.

Poche ore fa, ho incontrato una persona che ricordava la neve caduta il 21 marzo 2009 sull'Aquila.
Non riesco a mettere a fuoco quel marzo 2009, nemmeno la neve. Eppure sono trascorsi solo circa 11 mesi dal sisma.
La mia vita è cambiata quel 6 aprile, assieme a quella di un intero territorio.
Mesi e mesi nei quali la vita è trascorsa nella paura, nel lutto, nella solitudine, nel cercare un tetto. Ho vissuto in camper, in garage, ospite di parenti. Ora sono a Cese di Preturo.
Ho coltivato un desiderio fin dal 7 aprile: quello di incontrare i miei concittadini, anche quelli di cui non ricordavo il nome.
Mi sono ritrovata improvvisamente sopraffatta da questo desiderio. Ho cercato di incontrare gente alla Piazza del Boss l'8 dicembre per l'addobbo di un albero che ho piantato proprio lì, a Piazza Regina Margherita.
Poi è arrivato il Natale e il desiderio cresceva. Ho cercato la mia città a Capodanno e l'ho avuta. Un bagno di folla, riunita, non so perché, sul piazzale di Collemaggio.
Non mi è bastato.
Non ho più la mia città, non ho più, neanche, quello che non mi piaceva.
Così da oggi racconto la quarta parte della mia vita, quella cominciata il 14 febbraio 2010 il giorno che mi ha segnato, per la quarta volta.
Ricordo la mia infanzia ad Avezzano, poi la mia vita a L’Aquila fino al 6 aprile 2009, ancora il buio di più di dieci mesi, e poi la violazione della zona rossa.
Eravamo in trecento come i 300 Spartani, della battaglia delle Termopili svoltasi nel 480 a.C.
Qui comincia il mio racconto